Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12126 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. III, 22/06/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 22/06/2020), n.12126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30728/2018 proposto da:

REGIONE CAMPANIA, in persona del legale rappresentante presidente

p.t. della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POLI 29, presso lo studio dell’avvocato CORRADO GRANDE, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO GENERALE RICOSTRUZIONE CO.GE.RI., in persona del legale

rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIMA 7,

presso lo studio dell’avvocato PASQUALE IANNUCCILLI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1131/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Regione Campania ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1131/18, dell’8 marzo 2018, della Corte di Appello di Napoli, che – respingendo il gravame esperito dall’odierna ricorrente contro la sentenza n. 11745/14 del Tribunale di Napoli – ha confermato il rigetto dell’opposizione ex art. 645 c.p.c., proposta dalla Regione Campania avverso il provvedimento monitorio n. 145/11, del medesimo Tribunale partenopeo, che le ingiungeva il pagamento, in favore del Consorzio Generale Ricostruzione-CO.GE.RI. (d’ora in poi, “il Consorzio”), della somma di Euro 171.832,03, più interessi moratori di cui al D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, e spese della procedura.

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che il decreto ingiuntivo richiesto dal Consorzio, ed emesso in suo favore, trovava titolo nel credito da esso maturato – quale concessionario delle attività per la esecuzione delle strutture e le relative espropriazioni, finalizzate alla realizzazione di opera stradale, giusta convenzione n. 14 del 1 settembre 1982 – per il rimborso di quanto pagato “per le anticipazioni delle indennità e/o somme risarcitorie relative all’espropriazione”.

Nel proporre opposizione avverso il suddetto provvedimento, la Regione eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo essere l’ANAS il soggetto tenuto al rimborso.

L’opposizione, tuttavia, veniva rigettata dall’adito Tribunale, con decisione confermata – all’esito di gravame esperito dalla medesima Regione – dalla Corte di Appello di Napoli.

3. Avverso la decisione della Corte partenopea ha proposto ricorso per cassazione la Regione Campania, sulla base di un unico motivo.

3.1. Esso – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – ipotizza la fondatezza dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva della Regione Campania per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, in riferimento all’interpretazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 201, D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, come modificato dal D.P.C.M. 21 settembre 2001.

Assume la ricorrente che la domanda di rimborso, avanzata dal Consorzio in relazione agli oneri pagati ai sensi dell’art. 20, n. 3), della già ricordata convenzione di concessione, andava proposta – alla luce della normativa appena richiamata – nei confronti dell’ANAS.

Difatti, se le Regioni o gli enti locali individuati con legge regionale, titolari e gestori delle strade, di regola subentrano – ai sensi del D.P.C.M. 21 febbraio 2000, citato art. 3, comma 1, “in tutti i rapporti attivi e passivi inerenti ai beni trasferiti, esercitandone i relativi diritti ed assumendone gli obblighi”, restano, tuttavia, “di competenza ed a carico dell’ANAS” (secondo la previsione derogatoria di cui al comma 3 del medesimo articolo) tanto “l’ultimazione dei lavori per i quali alla data del trasferimento sia stato pubblicato il bando di gara per la realizzazione ovvero lavori per i quali, entro il 31 dicembre 2000, sia stata definita la progettazione e autorizzata dai competenti organi dell’ANAS la pubblicazione del bando di gara”, quanto “il contenzioso instaurato per fatti ed atti antecedenti alla scadenza di cui sopra, relativamente ai beni trasferiti”.

Quest’ultima, tra le due ipotesi di deroga previste dalla norma suddetta, sarebbe quella verificatasi nel caso che occupa, giacchè la circostanza che il trasferimento – come indicato dallo stesso Consorzio nei propri scritti defensionali – risalga al 17 ottobre 2001 sarebbe del tutto indifferente, dal momento che resta, comunque, di competenza dell’ANAS il contenzioso, in ogni tempo instaurato, relativo “a fatti o atti antecedenti al trasferimento”, come accaduto nella specie, visto che “le somme per indennità di esproprio”, in relazione alle quali il Consorzio ha azionato in via monitoria la pretesa al rimborso, “sono state versate agli aventi diritto a seguito della emissione dei decreti ingiuntivi numeri 216/98, 217/98, 1239/99, 8/2000, 27/2000”, tutti, dunque, anteriori al 17 ottobre 2001.

4. Il Consorzio ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto.

Il controricorrente, in particolare, reputa che il motivo di impugnazione sia inammissibile, in quanto tenderebbe a sollecitare un’indagine di merito sul contenuto della convenzione, o meglio di sue singole clausole, senza dedurre (come sarebbe stato necessario) la violazione di canoni di ermeneutica contrattuale.

Per altro verso, l’inammissibilità viene motivata sul rilievo dell’esistenza – in relazione ad altra pronuncia della Corte partenopea che aveva acclarato la legittimazione passiva della Regione Campania – di un giudicato (sebbene indicato come ancora “sub iudice” innanzi a questa Corte) formatosi per effetto dell’inosservanza del termine semestrale per la proposizione dell’impugnazione.

In ogni caso, si assume che il ricorso sarebbe non fondato, in quanto il riferimento al contenzioso “instaurato per fatti ed atti antecedenti” dovrebbe intendersi nel senso che si tratti di contenzioso “già instaurato” prima del trasferimento alla Regione, avvenuto, nella specie, il 17 ottobre 2001.

Tale interpretazione si imporrebbe, innanzitutto, alla stregua del criterio dell’interpretazione letterale, dato che il termine “resta” (a carico) va inteso, letteralmente appunto, “continua senza mutamento o interruzione”.

D’altra parte, siffatta opzione ermeneutica risulterebbe corroborata dalla circostanza che, nel verbale di consegna delle strade alla Regione Campania (e alla Provincia di Napoli), ai fini della gestione/manutenzione, si precisa che “resta in ogni caso a carico della Regione, subentrata nelle relative concessioni, il completamento delle strade ex ANAS di cui alla L. n. 219 del 1981, con specifico riferimento sia ai lavori che alle procedure espropriative, sia ad ogni attività inerente l’ottenimento dei collaudi definitivi, nonchè il relativo contenzioso instaurato ed instaurando con i concessionari e con i terzi”.

5. Entrambe le parti hanno presentato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. “In limine” vanno esaminate – e disattese – le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente.

6.1. Per un verso, infatti, va rilevato che – nel caso di specie – si pone un problema di interpretazione di norme di diritto, e non della convenzione, sicchè non coglie nel segno il rilievo del controricorrente circa la necessità che il motivo di impugnazione specificasse quale regola dell’ermeneutica contrattuale si assume violata.

Quanto, invece, ad un (supposto) giudicato “esterno” sulla legittimazione, è sufficiente rilevare, a tacer d’altro, che nessun giudicato può – per definizione – essere ancora “sub iudice”.

7. Nondimeno, il ricorso è egualmente inammissibile.

7.1.1. In relazione, infatti, al motivo in cui si articola l’impugnazione deve ravvisarsi l’esistenza di una preclusione derivante dalla “novità” della questione.

Sul punto, occorre muovere dalla constatazione che quella posta lungo l’intero corso del giudizio dalla Regione Campania non è questione attinente ad un suo difetto di “legittimazione passiva”, bensì di “titolarità dal lato passivo” del rapporto controverso.

Dalle due situazioni derivano – in particolare dopo i chiarimenti operati da Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2951 conseguenze giuridiche diverse.

“La legittimazione ad agire – osserva il summenzionato arresto mancherà tutte le volte in cui dalla stessa prospettazione della domanda emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all’attore. La titolarità del diritto sostanziale attiene invece al merito della causa, alla fondatezza della domanda. I due regimi giuridici sono, conseguentemente, diversi”.

Infatti, mentre il difetto di legittimazione ad agire si traduce in una (sicura) pronuncia di inammissibilità della domanda per difetto di una condizione dell’azione, il rilievo officioso della carenza di titolarità – ormai ammissibile, proprio per effetto della testè citata decisione delle Sezioni Unite di questa Corte – è configurabile, in Cassazione, entro i “limiti propri del giudizio di legittimità e sempre che non si sia formato il giudicato” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. n. 2951 del 2016, cit.).

Tale seconda evenienza – ovvero, l’esistenza un giudicato di tipo “implicito” – è quella che ricorre nel caso di specie, visto che dalla lettura della sentenza impugnata emerge come la Regione Campania abbia, in appello, ipotizzato la propria carenza di titolarità del rapporto facendo leva solo sulla prima (e non anche sulla seconda) delle ipotesi di cui del D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, comma 3, ovvero deducendo la mancata ultimazione dei lavori alla data del trasferimento per giustificare la perdurante “legittimazione” (o meglio, “titolarità del rapporto”) in capo ad ANAS.

Nella sentenza della Corte partenopea si legge, infatti, che l’allora appellante “si è limitata semplicemente ad affermare che uno dei lotti (il IV, lotto 1/d) sarebbe rimasto incompiuto, essendo stati i lavori sospesi nel 1996 e non ancora ripresi alla data del 31.12.2001, il che comporterebbe che non potrebbe considerarsi ultimata l’intera opera”. Ma tale rilievo è stato confutato dal giudice di appello, per un verso, constatando come la Regione non avesse dimostrato “che il terreno, della cui indennità espropriativa si tratta” fosse “proprio il lotto non ultimato”, nonchè, per altro verso, osservando come la stessa difesa regionale avesse “a più riprese (…) riconosciuto che il progetto relativo al IV lotto dei lavori (lotto 1/d) non era stato approvato dall’ANAS”, ciò che è stato ritenuto sufficiente per ritenere “che i menzionati lavori esulino dalla previsione dell’art. 3, comma 3, del D.P.C.M., il quale – a prescindere dalla natura del progetto (se originario o di variante) – postula, come sopra esposto, che sia “definita la progettazione e autorizzata dai competenti organi dell’ANAS la pubblicazione del bando di gara””.

Da quanto appena osservato emerge, dunque, che la questione relativa all’operatività dell’altra ipotesi di deroga alla regola ordinaria (regola del subentro della Regione “in tutti i rapporti attivi e passivi inerenti ai beni trasferiti”), ovvero quella di cui alla seconda alinea dell’art. 3, comma 3, cioè il “contenzioso instaurato per fatti ed atti antecedenti”, non fu posta all’attenzione del giudice di appello, sicchè in relazione ad essa si deve ritenere formato un giudicato implicito. E ciò in applicazione del principio secondo cui “l’autorità del giudicato copre non solo il dedotto ma anche il deducibile in relazione al medesimo oggetto, cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre proponibili sia in via di azione che di eccezione – le quali, sebbene non dedotte specificamente, si caratterizzano per la loro comune inerenza ai fatti costitutivi delle pretese anteriormente svolte (giudicato implicito)” (così, in particolare, in motivazione, Cass. Sez. Lav., sent. 16 marzo 1996, n. 2205, Rv. 496381-01; in senso conforme Cass. Sez. Lav., sent. 13 maggio 2000, n. 6160, Rv. 536478-01; Cass. Sez. Lav., sent. 30 giugno 2009, n. 15343, Rv. 608887-01).

Il motivo di ricorso, in conclusione, è inammissibile.

8. Le spese del presente giudizio vanno integralmente compensate tra le parti.

A norma dell’art. 92 c.p.c., comma 2 (applicabile, “ratione temporis”, nel testo modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, ed anteriore alle ulteriori modifiche apportate dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito, con modificazioni, in L. 10 novembre 2014, n. 162), essendo il giudizio di primo grado instuarato avverso decreto ingiuntivo dell’anno 2013, le “gravi ed eccezionali ragioni” che consentono la compensazione vanno ravvisate nella particolare complessità della materia e nell’assenza di precedenti specifici, nella giurisprudenza di questa Corte, in relazione alla questione oggetto del motivo di ricorso.

9. A carico della ricorrente non sussiste, infine, l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, compensando integralmente tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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