Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12125 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. III, 22/06/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 22/06/2020), n.12125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27538/2018 proposto da:

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., B.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2034/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (d’ora in poi, “MIUR”) ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 2034/17, del 20 settembre 2017, della Corte di Appello di Firenze, che – respingendo il gravame principale esperito dall’odierno ricorrente contro le sentenze n. 3019/11 e n. 4492/11, rispettivamente del 9 settembre e del 31 dicembre 2011, del Tribunale di Firenze, accogliendo, invece, quello proposto in punto spese di lite, avverso la seconda di tali decisioni, dalla società Cattolica Assicurazioni S.c.a.r.l. (d’ora in poi, “Cattolica”) – ha confermato, per quanto qui ancora di interesse, il rigetto della domanda di manleva proposta dal MIUR nei confronti di Cattolica, ponendo anche le spese di primo grado a carico dell’odierno ricorrente.

2. Riferisce, in punto di fatto, il MIUR di essere stato convenuto in giudizio da B.E., in qualità di madre esercente la potestà genitoriale sull’allora figlio minore C.A., lamentando parte attrice che il ragazzo, in data (OMISSIS), all’interno di un’aula scolastica, subiva lesioni conseguenti ad una spinta ricevuta da un compagno di classe, allorchè la docente era assente dall’aula e gli alunni, pertanto, incustoditi. L’odierno ricorrente, convenuto in giudizio, non solo resisteva alla domanda, ma chiamava in causa la società Meaci Assicurazioni (poi incorporata dalla Duomo Assicurazioni S.p.a., ed infine divenuta società Cattolica), per essere dalla stessa manlevata.

Dopo che il Tribunale di Pisa, originariamente adito, si era dichiarato incompetente, il Tribunale di Firenze, innanzi al quale veniva riassunto il giudizio, istruita la causa anche attraverso lo svolgimento di una CTU, nonchè integrato il contraddittorio nei confronti del C. (divenuto “medio tempore” maggiorenne), dichiarava, con sentenza non definitiva, la responsabilità ex art. 2048 c.c., del Ministero odierno ricorrente, rimettendo la causa sul ruolo per la decisione in ordine al “quantum debeatur” e alla domanda di garanzia, che respingeva.

A tale conclusione, in particolare, l’adito Tribunale perveniva sul rilievo che la garanzia invocata nei confronti della società assicuratrice risultava inoperante, attesa la franchigia del 3% risultante dall’unica polizza rinvenuta in atti (quella di un’assicurazione infortuni).

Proposto gravame dal MIUR, la Corte fiorentina lo rigettava, confermando, per quanto qui ancora di interesse, la reiezione della domanda di manleva, riformando, in accoglimento dell’appello incidentale della società Cattolica, la decisione adottata dal primo giudice in punto spese, giacche in luogo della compensazione inizialmente disposta poneva le stesse a carico dell’odierno ricorrente.

3. Avverso la decisione della Corte toscana ha proposto ricorso per cassazione il MIUR, sulla base di quattro motivi.

3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 267 e 245 c.p.c., in ordine alla franchigia “evocata dalla compagnia assicuratrice”.

La sentenza impugnata viene censurata laddove ha ritenuto che l’eccezione della compagnia assicurativa, circa la sussistenza della franchigia, fosse stata sollevata già in comparsa di risposta e, dunque, tempestivamente.

Osserva, al riguardo, il ricorrente che il collegio non avrebbe dovuto tenere conto della comparsa di costituzione in riassunzione innanzi al Tribunale di Firenze, bensì dell’atto di costituzione in giudizio davanti al Tribunale di Pisa, poi dichiaratosi incompetente,

atto nel quale l’eccezione non era stata svolta.

Di qui, pertanto, il carattere tardivo dell’eccezione.

3.2. Il secondo motivo deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 267 e 245 c.p.c., in ordine alla rituale introduzione della domanda di manleva.

In questo caso, la sentenza impugnata è censurata laddove ha ritenuto nuova, e dunque inammissibile, la domanda del MIUR volta a far constatare l’operatività, nel caso di specie, responsabilità civile e non di una polizza infortuni.

In questo modo, ingiustificatamente come nuova la domanda, considerato che già nella comparsa di risposta innanzi al Tribunale di Pisa l’odierna ricorrente affermava di aver stipulato con la compagnia assicuratrice una polizza “a copertura della responsabilità civile” ribadendo, nella comparsa di costituzione innanzi al Tribunale di Firenze, di voler chiedere che la compagnia assicuratrice la tenesse indenne “da qualsiasi condanna risarcitoria”. D’altra parte, la stessa compagnia assicuratrice, nella sua comparsa innanzi al Tribunale di Pisa, avrebbe affermato che il MIUR, in forza di contratto di assicurazione per la copertura della responsabilità civile, ebbe a chiamarla in causa.

Risulterebbe, pertanto, pacifico tra le parti che il MIUR abbia attivato una polizza responsabilità civile (e non infortuni) a fondamento della domanda di manleva, di talchè la domanda non poteva ritenersi nuova.

3.3. Il terzo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – censura la sentenza impugnata per “non avere il giudice valutato il fatto pacifico, oggetto di contraddittorio fra le parti, e relativo all’esistenza della copertura assicurativa.

Il ricorrente, per l’ipotesi in cui questa Corte ritenga di poter superare la questione precedentemente prospettata quale violazione di legge, assume che la sentenza debba essere considerata illegittima “per intrinseca contraddittorietà, per omesso esame di un fatto storico, avendo tralasciato, sempre con riguardo alla domanda di manleva, di considerare il fatto pacifico oggetto di discussione fra le parti relative all’esistenza della copertura assicurativa derivante dalla sussistenza di una polizza per responsabilità civile”.

3.4. Il quarto motivo ipotizza – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla regolazione delle spese”.

Si censura, in questo caso, la sentenza impugnata perchè avrebbe omesso di pronunciarsi sul terzo motivo di appello, con il quale l’odierno ricorrente aveva chiesto riformarsi la condanna alle spese di lite nei riguardi dell’attrice B..

4. La società Cattolica ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto.

In particolare, quanto al primo motivo di ricorso, la controricorrente richiama quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la franchigia costituisce una delimitazione del rischio, sicchè attenendo alla operatività della polizza e al fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio, la sua sussistenza è rilevabile d’ufficio, essendo pertanto sottratta al regime delle preclusioni, stabilito per le eccezioni non rilevabili d’ufficio.

L’inammissibilità del secondo motivo, e comunque la sua infondatezza, viene argomentata sul rilievo che il MIUR ha azionato unicamente il diritto discendente dalla polizza assicurativa infortuni lungo l’intero corso del giudizio di primo grado, sicchè il riferimento alla, peraltro non prodotta, polizza assicurativa relativa alla responsabilità civile costituirebbe l’oggetto di una domanda del tutto nuova, formulata per la prima volta in appello, e come tale in ritenuta inammissibile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

Quanto, poi, al terzo motivo di ricorso, rileva la controricorrente come il giudice di appello mai avrebbe potuto pronunciarsi su tale supposta polizza relativa alla responsabilità civile, giacchè, altrimenti, avrebbe violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Infine, quanto al quarto motivo, ricorderebbe una tipica ipotesi di rigetto implicito del motivo di gravame relativo alle spese di lite.

5. E’ intervenuto in giudizio il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, per chiedere il rigetto di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso va rigettato.

6.1. Il primo motivo non è fondato.

6.1.1. Ha, infatti, osservato di recente questa Corte – come correttamente rilevato dalla controricorrente – che, nei contratti di assicurazione, “la franchigia costituisce una delimitazione del rischio”, sicchè essa “attiene quindi all’operatività della polizza ed al fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio”, trattandosi “perciò di profilo rilevabile d’ufficio che esula dal regime delle preclusioni per le eccezioni non rilevabili d’ufficio” (così Cass. Sez. 6-3, ord. 19 giugno 2018, n. 16174, non massimata sul punto).

Ben poteva, dunque, il giudice di merito – diversamente da quanto ipotizzato con il presente motivo di ricorso – rilevare “ex officio” il superamento della franchigia.

6.2. Il secondo motivo è inammissibile.

6.2.1. Il ricorrente ritiene che nè l’allegazione di una polizza assicurativa per la responsabilità civile (che sarebbe, diversamente da quella di assicurazione contro i danni, sottratta alla franchigia), nè la relativa produzione documentale in appello, potessero considerarsi “nuove”, dal momento che l’esistenza di una polizza siffatta, in quanto “non contestata”, sarebbe stata “pacifica” tra le parti.

Risolvendosi, dunque, la censura nella dedotta violazione del principio di non contestazione, essa avrebbe richiesto, affinchè fossero rispettati i requisiti di autosufficienza del motivo, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), che la ricorrente – anche attraverso la riproduzione testuale di stralci dei precedenti scritti defensionali, propri e della controparte – avesse provveduto sia ad “indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese”, sia, soprattutto, ad inserire nel ricorso “la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 9 agosto 2016, n. 16655, Rv. 641486-01), oltre che ad “indicare specificamente” – evenienza da escludersi nel caso di specie, dato il carattere del tutto parziale dell’estrapolazione degli scritti defensionali – “il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto” (cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 22 maggio 2017, n. 12840, Rv. 644383-01).

In ogni caso, quand’anche si ritenesse che l’esistenza della polizza responsabilità civile fosse incontestata, risulta, comunque, corretta la decisione di dichiarare tardiva la produzione del relativo documento contrattuale, avvenuta solo innanzi alla Corte toscana, visto che “il deposito di documenti nuovi in appello non è ammissibile, ove la loro mancata produzione in primo grado debba essere attribuita ad una scelta volontaria della parte” (Cass. Sez. 2, ord. 2 settembre 2019, n. 21956, Rv. 654918-01).

6.3. Il terzo motivo non è fondato.

6.3.1. Il giudice di appello, lungi dall’aver “omesso di considerare” il fatto – asseritamente “pacifico” – relativo all’esistenza di una polizza assicurativa di responsabilità civile ha, invece, ritenuto che la deduzione di tale circostanza (e la relativa produzione documentale) sia avvenuta in violazione dell’art. 345 c.p.c., sicchè la censura formulata fuoriesce, con tutta evidenza, dal “perimetro” di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), che sanziona l’omesso esame di un fatto, non l’apprezzamento che dello stesso sia stato compiuto.

6.4. Infine, pure il quarto motivo risulta non fondato.

6.4.1. Avendo la Corte fiorentina confermato la decisione del primo giudice in ordine alla ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2048 c.c., essa non aveva ragione di modificare, quanto ai rapporti tra il MIUR e la parte attrice, la condanna alle spese del primo.

Deve, pertanto, farsi applicazione del principio secondo cui il “vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorchè manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza” (tra le più recenti, Cass. Sez. Lav., sent. 26 gennaio 2016, n. 1360, Rv. 638317-01).

Ancor più specificamente si è affermato che “quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni” (come, appunto, nel caso in esame), “ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande, l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento”, (Cass. Sez. 1, ord. 12 novembre 2018, n. 28995, Rv. 651580-01).

7. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

8. A carico del ricorrente non sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca a rifondere alla società Cattolica Assicurazioni S.c.a.r.l. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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