Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12122 del 08/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/05/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 08/05/2019), n.12122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7643-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

B PLUS GIOCOLEGALE LIMITED, in persona dell’Amm.re Straordinario,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 32, presso lo

studio dell’avvocato LIDIA SGOTTO CIABATTINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE NEBBIA giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5729/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 25/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato NEBBIA che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza depositata il 25.9.2014, in accoglimento dell’appello proposto dalla società B Plus Gioco Legale Limited, riformava la sentenza con cui la commissione tributaria provinciale di Roma aveva rigettato il ricorso proposto dalla predetta società avverso cartella di pagamento emessa da Equitalia Gerit spa – a seguito della iscrizione a ruolo da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato – avente ad oggetto, per omesso versamento PREU (con riguardo agli apparecchi di intrattenimento di cui al TULPS, art. 110, comma 6), nei mesi di luglio e agosto 2007, sanzioni ed interessi per un totale di Euro 801.890,65.

La società – oggi controricorrente – impugnava l’atto impositivo sostenendo che la parte d’imposta dovuta per l’anno 2007 (che – a dire dell’AAMS – non sarebbe stata versata) era stata compensata con un credito vantato da essa istante per maggiori versamenti (rispetto a quelli dovuti) effettuati negli anni 2004 e 2005.

In subordine invocava il riconoscimento della propria buona fede, tale da rendere inapplicabili le sanzioni per mancanza dell’elemento soggettivo della violazione e, infine, instava per la inapplicabilità delle sanzioni in parola a ragione della sussistenza di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della normativa vigente pro tempore. Resisteva l’AAMS.

Per quanto di interesse nella presente sede, si rileva che la CTP ha dato conto che da “comunicazione dell’ufficio” era emerso un credito della società pari ad Euro 2.777.770,21 e che dalla lettura di detta comunicazione “riguardante il controllo automatizzato relativo alla liquidazione PREU per l’anno 2006”, la suddetta somma “era stata regolarmente computata come credito dell’anno precedente per ridurre il debito tributario dell’anno d’imposta 2006”. Il primo giudice ha poi, conclusivamente, rigettato il ricorso sul rilievo che gli importi dovuti e non versati con riguardo a luglio ed agosto 2007 non sono stati “smentiti con idonea prova documentale da parte della ricorrente”: da qui la prova del comportamento omissivo della contribuente, con conseguente riconoscimento della legittimità della pretesa fiscale.

La CTR – decidendo sull’appello proposto dalla società – lo ha accolto ed ha riformato la sentenza di primo grado, disponendo la compensazione delle spese.

Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (successore ex lege dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) propone ricorso affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I primi due motivi, in quanto connessi, possono essere trattati congiuntamente.

La ricorrente censura la sentenza denunciando: 1) “Nullità della sentenza e del procedimento in riferimento all’art. 132 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; 2) “Nullità della sentenza e del procedimento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 33, nonchè dell’art. 132 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”

Questa prima parte del ricorso – che evidenzia elementi privi di decisività- ha per oggetto la modalità di celebrazione del giudizio di primo grado (in camera di consiglio, secondo la CTR; in pubblica udienza secondo l’odierna ricorrente) e la motivazione della sentenza oggi gravata (solo apparente, essendo “priva della esposizione dell’iter logico-conseguenziale che ha fondato il convincimento del giudice dell’appello”, come sostiene l’Agenzia).

Con riguardo al primo profilo, la statuizione della CTR è rispettosa del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, che, all’art. 33,dispone: “la controversia è trattata in camera di consiglio salvo che almeno una delle parti non abbia richiesto la discussione in pubblica udienza con apposita istanza da depositare nella segreteria e notificare alle altre parti costituite”; in coerenza con il dettato normativo, si legge nella sentenza impugnata che “….negli atti contenuti nel fascicolo non risultano proposte istanze di pubblica udienza” e che “….l’avviso di trattazione inviato dalla segreteria della CPT per l’udienza del 12.4.2012 e relativo al ricorso n. 18900/11 non riportava la sigla PU – pubblica udienza…..”.

A fronte di quanto precede, la ricorrente ha sviluppato deduzioni generiche, prive della necessaria autosufficienza, inidonee a confortare la censura mossa alla sentenza. Per completezza non può infine non rilevarsi che nel giudizio tributario il contraddittorio è pieno sia nel rito camerale che nella forma della pubblica udienza.

Quanto al secondo profilo, si osserva che la CTR ha riassunto in maniera compiuta i termini della controversia, a partire dall’atto impositivo (natura del tributo, modalità di accertamento, anno d’imposta, importo); i motivi posti a base del ricorso introduttivo, esponendo quindi – dopo avere dato conto della sentenza di primo grado – l’iter logico-giuridico seguito nel disporre la riforma della sentenza della CTP.

Rigettati pertanto i primi due motivi, si può ora procedere all’esame del motivo 3), con il quale la ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 bis e art. 39 ter, e dell’art. 42 comma 3 del D.L. n. 207 del 2008”.

Il motivo è fondato.

La censura è diretta a quella parte della sentenza in cui la CTR afferma: “Orbene, la società appellante ha potuto dimostrare che il credito accumulato negli anni 2004 e 2005 era stato utilizzato a scomputo del PREU per l’anno 2007; lo stesso credito è stato computato a detrazione dall’Ufficio a seguito di controllo automatizzato per il PREU anno 2006, al riguardo il collegio osserva che tale controllo automatizzato è intervenuto solo in data 30 dicembre 2009 attraverso la comunicazione n. (OMISSIS), ossia oltre due anni dall’utilizzo da parte della B.Plus del credito anzidetto (a scomputo del PREU 2007)”.

Il D.L. n. 269 del 2003, come modificato dalla legge finanziaria 2007, ha previsto con riferimento al PREU che “il prelievo erariale unico è assolto dai soggetti passivi d’imposta, con riferimento a ciascun anno solare, mediante versamenti periodici relativi ai singoli periodi contabili e mediante un versamento annuale a saldo”;

in particolare l’art. 39 bis, nel testo modificato dalla L. n. 296 del 2006, al comma 1, prevede: “l’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, avvalendosi di procedure automatizzate, procede, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello per il quale è dovuto il PREU, alla liquidazione dell’imposta dovuta per i periodi contabili e per l’anno solare sulla base dei dati correttamente trasmessi dai concessionari ed al controllo della tempestività e della rispondenza rispetto al PREU dovuto dei versamenti effettuati dai concessionari stessi”; L’art. 39 ter, infine dispone che le somme accertate a norma della precedente disposizione “sono iscritte direttamente nei ruoli, resi esecutivi a titolo definitivo nel termine di decadenza fissato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello per il quale è dovuto il PREU”.

E’ poi intervenuto il D.L. n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 14 del 2009, che, all’art. 42, comma 3, ha previsto che “Per l’anno 2006, i termini di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 39 bis, comma 1, e art. 39 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 326 del 2003, sono prorogati rispettivamente al 30 giugno 2009 e al 30 giugno 2010”.

Nel rispetto della normativa sopra trascritta, la liquidazione del PREU relativo all’anno 2006 -anno rispetto al quale la concessionaria ha compensato il credito d’imposta maturato negli anni 2004 e 2005 – è stata avviata con la comunicazione alla contribuente dell’esito del controllo automatizzato del 26.6.2009, nei termini normativamente stabiliti, con la conseguenza che va disatteso l’assunto della controricorrente secondo la quale l’attività di accertamento dell’Agenzia sarebbe tardiva.

Da quanto esposto discende che è stato utilizzato – inammissibilmente – due volte lo stesso credito per ridurre l’ammontare dell’imposta in due annualità (2006 e 2007).

Fondato è infine anche il quarto motivo (“Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, (art. 10, comma 3), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), che imputa alla sentenza impugnata di essere viziata laddove riconosce alla società l’assenza di una condotta dolosa/colposa.

Va premesso che, perchè possa essere integrato un illecito tributario, deve sussistere, in capo al contribuente, un elemento soggettivo, di natura, quanto meno, colposa (cass. n. 13356/2018).

Nella specie è da escludere la buona fede -invocata dalla società – atteso che quest’ultima ha, del tutto consapevolmente, riferito il credito d’imposta, già utilizzato (in linea con la normativa di cui al motivo 3) sopra trascritta) per ridurre le somme dovute a titolo di PREU per l’anno 2006, anche alle somme dovute per il medesimo titolo per l’anno 2007.

La posizione della contribuente risulta dai documenti prodotti dall’amministrazione, attraverso i quali è stata edotta della imputazione dello stesso credito a due annualità d’imposta.

Da quanto esposto deriva che la sentenza impugnata – nel riconoscere alla società contribuente la buona fede – si è posta in contrasto con il principio sopra menzionato per cui l’illecito tributario presuppone la sussistenza di un elemento soggettivo, costituito, nella specie, dal dimostrato omesso consapevole versamento di parte dell’imposta.

All’accoglimento dei motivi terzo e quarto segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla commissione tributaria regionale del Lazio che, in diversa composizione, statuirà anche in ordine alle spese.

P.Q.M.

Accoglie i motivi terzo e quarto; rigetta i motivi primo e secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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