Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12121 del 18/05/2010

Cassazione civile sez. III, 18/05/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 18/05/2010), n.12121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA A. FRIGGERI 82, presso lo studio dell’avvocato FIANDANESE

MARIO, rappresentata e difesa dagli avvocati ATONNA GAETANO, REGA

SERAFINA con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI STROZZI 30, presso lo studio dell’avvocato

MOLFESE GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente a se’

medesimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1610/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Terza Sezione Civile, emessa il 22/06/2005; depositata il 05/07/2005;

R.G.N. 4011/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. AMENDOLA Adelaide;

udito l’Avvocato REGA SERAFINA;

udito l’Avvocato MOLFESE GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 25 gennaio 2000 L.E., premesso di avere condotto in locazione un appartamento sito alla via (OMISSIS), di proprieta’ dell’avvocato M. F. in virtu’ di contratto stipulato per esigenze abitative di natura transitoria della conduttrice, chiedeva al Tribunale che, accertata la soggezione della locazione alle norme di cui al capo 1^ della L. n. 392 del 1978, il locatore venisse condannato a restituirle quanto percepito in piu’ rispetto all’equo canone.

Resisteva il M. che contestava la domanda, chiedendo, in via riconvenzionale, il canone del mese di luglio 1999 e il rimborso, almeno parziale, delle spese sostenute per l’installazione di una porta blindata, la sistemazione delle finestre e l’asporto di alcuni mobili non graditi alla conduttrice.

Con sentenza depositata il 18 agosto 2003 il Tribunale dichiarava che il contratto era soggetto alla legge sull’equo canone; per l’effetto condannava il locatore a restituire quanto percepito in piu’ nel corso del rapporto; rigettava ogni altra domanda.

Proposto gravame dal soccombente, la Corte d’appello, in data 5 luglio 2005, in parziale riforma della decisione impugnata, dichiarava che la locazione non era soggetta alle norme di cui al capo 1^ della L. n. 392 del 1978, conseguentemente respingendo la domanda attrice.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per Cassazione L. E., formulando due motivi.

Resiste con controricorso M.F..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 26, lett. a), ex art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo la ricorrente il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno dei principi elaborati dalla giurisprudenza in punto di connotati della locazione rientrante nel paradigma normativo di cui alla norma innanzi menzionata. L’elemento dirimente del contratto che, benche’ stipulato per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, sia tuttavia soggetto alla disciplina del Capo 1^ del Titolo 1^, sarebbe invero stato erroneamente individuato dalla Corte territoriale nella stabilita’ del lavoro esercitato dal conduttore. Non aveva il decidente considerato che altro elemento essenziale e’, ai medesimi fini, la circostanza che questi abiti stabilmente nell’immobile, requisito che non puo’ essere confuso con la maggiore o minore stanzialita’ delle modalita’ di esercizio della sua prestazione lavorativa, dipendendo invece esclusivamente dal fatto che l’immobile rappresenti la dimora normale e continuativa, non eccezionale, ne’ precaria, ne’ temporanea, del conduttore medesimo. In tale prospettiva il requisito della stabilita’ non poteva essere escluso ne’ dalla mancata allocazione nell’immobile della residenza anagrafica del conduttore, ne’ dallo svolgimento, da parte dello stesso, di un lavoro implicante viaggi e spostamenti. Peraltro l’applicazione della disciplina vincolistica ai soli contratti stipulati per esigenze di lavoro che prevedano un necessario radicamento locale della prestazione, sarebbe in contrasto con l’art. 3 Cost..

1.2 Col secondo motivo la ricorrente denuncia mancanza, insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere il giudice di merito presunto il carattere occasionale della presenza della conduttrice in Milano e quindi la natura precaria della sua abitazione, cosi’ facendo malgoverno degli elementi probatori acquisiti, dimostrativi del radicamento stabile ed effettivo della L. nell’immobile locato e della conoscenza che il locatore aveva sempre avuto di siffatta situazione.

2.1 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondate.

Il giudice di merito ha motivato il suo convincimento rilevando che l’attrice non aveva assolto all’onere di dimostrare, anche a mezzo di presunzioni, che il locatore conosceva, all’atto della stipula del contratto, la stabilita’ che connotava il suo lavoro in (OMISSIS) e la conseguente stabilita’ delle relative esigenze abitative. Poco attendibile appariva invero la deposizione del padre della L., secondo cui la figlia aveva comunicato tali circostanze al locatore, dovendosi anche tener conto del fatto che la giovane aveva sottoscritto senza difficolta’ la clausola del contratto in cui veniva evidenziato il carattere transitorio della sua permanenza in Milano. In definitiva, in base alle risultanze istruttorie, doveva ritenersi che il M. fosse ragionevolmente convinto della necessita’ della conduttrice di disporre saltuariamente dell’immobile – segnatamente nel periodo delle sfilate – e cio’ tanto piu’ che ella aveva conservato la residenza in (OMISSIS), ove viveva con la sua famiglia.

2.2 Osserva il collegio che, a prescindere dal non felice richiamo alla mancata conoscenza, da parte del locatore, della stabilita’ della occupazione lavorativa della L. in (OMISSIS) – rilievo che introduce un elemento assolutamente ininfluente nel giudizio sulla ricorrenza dei presupposti per la valida conclusione di un contratto sottratto alla disciplina vincolistica di cui alla L. n. 392 del 1978 – la decisione impugnata, laddove esplicita che il M., in base al contesto probatorio, presumibilmente e ragionevolmente ignorava la stabilita’ delle esigenze abitative della conduttrice, costituisce coerente applicazione del principio per cui il conduttore il quale, dedotta la obiettiva inesistenza delle condizioni prospettate in contratto, chieda la restituzione di quanto pagato in eccedenza rispetto al canone legale, ha l’onere di provare che la controparte, gia’ al momento della stipula, era in grado di apprezzarla, di talche’ l’opzione negoziale non aveva avuto altro scopo che quello di eludere la normativa sull’equo canone (Cass. civ., 8 marzo 2007, n. 5332; Cass. civ. 30 marzo 2001, n. 4727).

Peraltro l’esito negativo di tale valutazione e’ stato argomentato dalla Corte territoriale con un apparato argomentativo logicamente corretto ed esente da aporie o da contrasti disarticolanti tra emergenze fattuali e qualificazione giuridica adottata.

La circostanza che siffatto apprezzamento non risponda alle aspettative della parte o che non instauri tra i dati emersi nel corso del processo il collegamento ritenuto piu’ opportuno e piu’ appagante, non costituisce elemento idoneo a infirmare la scelta operata in dispositivo, in quanto tutto cio’ rimane all’interno della possibilita’ di valutazione dei fatti, e, non contrastando con la logica e con le leggi della razionalita’, appartiene all’insindacabile giudizio del giudice di merito. Valga in proposito ricordare che il vizio di mancanza o insufficienza della motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del decidente, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza di nessi logici, mentre il vizio di contraddittorieta’ presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi non possono tuttavia mai consistere nella difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui alla prova e’ assegnato un valore legale (Cass. n. 02869 del 26.02.2003; Cass. civ., Sez. lavoro, 06/03/2008, n. 6064).

3 In definitiva il ricorso deve essere respinto.

La peculiarita’ della fattispecie consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010

 

 

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