Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12121 del 13/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 13/06/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 13/06/2016), n.12121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 168-2015 proposto da:

P.P., P.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA MONTEZEBIO 19, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

NIARTINELLI, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO DI

PONZIO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.O., C.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI PELLEGRINO, rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLO

GIURGOLA giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

A. SPA ASSICURAZIONI, FATA ASSICURAZIONI SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2029/2013 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata

il 18/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. C.O. e C.R. convennero in giudizio, davanti al Giudice di pace di Taranto, P.G. e P.P., nonchè la RAS Assicurazioni s.p.a. quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendo il risarcimento dei danni personali e materiali da loro subiti in conseguenza di un sinistro stradale nel quale C. R., alla guida di un ciclomotore di proprietà del padre C.O., asseriva di essere stata investita dal veicolo di proprietà di P.G., condotto nell’occasione da suo figlio Paolo, risultato privo di copertura assicurativa.

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Giudice di pace accolse la domanda, pose la responsabilità dell’incidente a carico esclusivo dei convenuti e li condannò al pagamento della somma di Euro 320 in favore di C.O. e di Euro 1.504 in favore di C.R., con gli interessi ed il carico delle spese di giudizio.

2. La sentenza è stata appellata da P.G. in via principale, da P.P. e dalla A. s.p.a. in via incidentale.

Il Tribunale di Taranto, con sentenza del 18 ottobre 2013, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha riconosciuto, ai sensi dell’art. 2054 c.c., il pari concorso di colpa da parte di entrambi i conducenti, ha ridotto di conseguenza l’entità dei danni risarcibili in favore di O. e C.R., ha disposto la restituzione delle maggiori somme percepite da questi ultimi, ha ridotto la condanna alle spese disposta dal giudice di primo grado ed ha interamente compensato le spese del giudizio di appello.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Taranto ricorrono P. G. e P.P., con unico atto affidato ad un solo motivo.

Resistono con un unico controricorso C.O. e C. R..

L’ A. s.p.a. e la Fata Assicurazioni s.p.a. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Occorre preliminarmente rilevare che è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività sollevata nel controricorso. Trattandosi, infatti, di un giudizio iniziato nel 2006, al medesimo si applica il testo dell’art. 327 c.p.c. precedente quello introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17;

per cui il termine lungo per proporre impugnazione è di un anno e non di sei mesi, sicchè l’odierno ricorso, notificato il 2 dicembre 2014, è tempestivo (v. sentenza 5 ottobre 2012, n. 17060).

6. Con il primo ed unico motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; i ricorrenti contestano la compensazione integrale delle spese relative al giudizio di appello.

6.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

6.2. E’ inammissibile la censura di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, trattandosi di ricorso avverso una sentenza depositata dopo l’11 settembre 2012, al quale è applicabile, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

6.3. E’ viceversa infondata la censura di violazione dell’art. 92 c.p.c., per una serie di concorrenti ragioni.

La sentenza di primo grado, infatti, aveva attribuito agli odierni ricorrenti l’integrale responsabilità dell’incidente; il giudice di secondo grado ha accolto in parte l’appello, riconoscendo il pari concorso di responsabilità di entrambi i conducenti.

Da ciò consegue che gli odierni ricorrenti non possono dolersi della decisione di compensazione delle spese nel grado di appello, in quanto sussisteva comunque, in relazione all’esito globale del giudizio, il requisito della soccombenza reciproca; eventualità nella quale l’art. 92 c.p.c., comma 2, nonostante le numerose modifiche subite nel corso dell’ultimo decennio, ha sempre consentito e continua a consentire la compensazione delle spese.

La giurisprudenza citata nel ricorso, poi (sentenza 20 ottobre 2010, n. 21521), oltre a riguardare una delle ragioni della compensazione diversa da quella della soccombenza reciproca, si riferisce ad una versione dell’art. 92 c.p.c., quale risultante dalle modifiche introdotte dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, che non è applicabile al caso in esame, poichè il giudizio è stato introdotto nel febbraio 2006; e comunque, il Tribunale ha correttamente rilevato che la compensazione delle spese del grado di appello era conseguente al limitato accoglimento degli appelli proposti contro la sentenza del Giudice di pace.

Non è chiaro, quindi, di cosa possano oggi dolersi i ricorrenti.

7. Si ritiene, pertanto, che il ricorso sia da trattare in camera di consiglio per essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016

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