Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12119 del 01/06/2011
Cassazione civile sez. lav., 01/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 01/06/2011), n.12119
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del
Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso l’Area
Legale Territoriale Centro di Poste Italiane, rappresentata e difesa
dagli avvocati URSINO ANNA MARIA, CLAVELLI ROSSANA, giusta delega a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che
lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1530/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 13/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito l’Avvocato Ursino Anna Maria, difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti ed insiste per l’accoglimento del ricorso,
deposita sent. cass. n. 3625/09;
è presente l’Avvocato Generale Dott. DOMENICO IANNELLI che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso notificato il 9-12 marzo 2010, la s.p.a. Poste Italiane chiede, con un unico motivo, la cassazione della sentenza depositata il 13 marzo 2009, con la quale la Corte d’appello di Roma, in sede di rinvio da questa Corte, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accertato la nullità della clausola del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro tra R.R. e la s.p.a. Poste Italiane che stabiliva l’automatico collocamento a riposo del personale al raggiungimento della massima anzianità contributiva, ritenendo peraltro che la comunicazione di tale evento non sia qualificabile come licenziamento e ha pertanto condannato la società a risarcire al R. i danni conseguenti alla mancata prosecuzione della funzionalità del rapporto, commisurati alla retribuzione dovuta dal momento della messa in mora (3 aprile 1996) a quello del raggiungimento del 65 anno di età ((OMISSIS)).
Il ricorso censura la sentenza per violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 1 e 5 deducendo che in data 9 giugno 1997 il R. “optava per l’indennità sostitutiva della reintegra ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5” e sviluppando in base a tale deduzione in fatto difese che oscillano tra la tesi per cui l’art. 18 non è applicabile nel caso in esame (come del resto ritenuto dalla Corte territoriale) e l’assunto che col pagamento delle mensilità a seguito dell’opzione suddetta il rapporto si sarebbe estinto, per cui l’obbligo risarcitorio non potrebbe estendersi oltre la data indicata.
Alle domande ha resistito R.R. con rituale controricorso.
Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 è regolato dall’art. 360 c.p.c. e segg. con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.
Il ricorso è stato valutato dal relatore come inammissibile e quindi da trattare in camera di consiglio, sulla base di una relazione da questi redatta, quindi comunicata e notificata a norma di legge.
Il R. ha depositato una memoria difensiva.
Il collegio condivide la valutazione del relatore.
Risulta infatti dalla stessa descrizione dello svolgimento del processo operata nel ricorso, che la deduzione dell’avvenuto esercizio da parte del R. dell’opzione di cui all’art. 18 S.L. viene svolta, con le conseguenze che se ne vuoi trarre, per la prima volta in questa sede di legittimità, senza che su di essa si sia mai svolto nei gradi di merito un contraddittorio tra le parti, nonostante si tratti di un fatto verificatosi nel giugno 1997, pertanto in data di gran lunga antecedente alla conclusione del giudizio di merito.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, secondo la liquidazione fattane in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società a rimborsare al R. le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2.500,00, oltre spese generali, IVA e CPA, per onorari, che distrae all’avv. Roberto Rizzo.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2011