Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12114 del 13/06/2016
Cassazione civile sez. I, 13/06/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 13/06/2016), n.12114
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERNABAI Renato – Presidente –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29978-2011 proposto da:
BANCO POPOLARE SOCIETA’ COOPERATIVA, (c.f./p.i. (OMISSIS)),
nella qualità di procuratore di CREDITO BERGAMASCO S.P.A. e di
BANCA POPOLARE DI VERONA – SPSG S.P.A. (già Banca Popolare di
Verona e Novara s.c.ar.l.), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62,
presso l’avvocato SEBASTIANO RIBAUDO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ANTONIO GRANELLI, giusta procura a margine
del ricorso;
– ricorrente –
contro
FRATELLI G. S.P.A., C.L.;
– intimate –
Nonchè da:
G. F.LLI S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA SANT’EVARISTO 157, presso l’avvocato ANDREA ASSOGNA,
che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al
controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
BANCO POPOLARE SOCIETA’ COOPERATIVA, C.L.;
– intimate –
avverso la sentenza n. 924/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 05/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato SEBASTIANO RIBAUDO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato
ANDREA ASSOGNA che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, assorbimento dell’incidentale.
Fatto
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1.- Con lettera raccomandata del 23.6.1995 la s.p.a. ” G. F.lli” spedì all’avv. Antonio Toscano, quale prenditore, un assegno di Lire 4.390.440 non trasferibile, tratto sul proprio conto corrente n. (OMISSIS) presso il Banco di San Geminiano e Prospero (poi Banca Popolare di Verona e Novara s.c.ar.l.) ma, al primo estratto conto successivamente ricevuto, constatò che quell’assegno era stato incassato per la somma di Lire 94.875.000. Dalle indagini svolte e dalla copia fotostatica dell’assegno emerse che il titolo era stato contraffatto e falsificato e quindi negoziato e riscosso presso la filiale di (OMISSIS) del Banco di San Marco (poi Credito Bergamasco s.p.a.), da tale C.L., che vi figurava prenditrice. Promossa l’azione penale, dei reati connessi con quella contraffazione fu ritenuto responsabile e condannato D. V. mentre la C., ritenuta vittima di ricatti posti in essere dall’imputato, fu prosciolta da ogni addebito.
1.1.- Sulla base dei fatti innanzi riassunti, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia, in della decisione del tribunale, ha accolto la proposta dalla società emittente nei confronti della banca trattaria e di quella negoziatrice, condannandole al pagamento in favore della società attrice della somma portata dall’assegno contraffatto, oltre rivalutazione e interessi, mentre ha rigettato la domanda di manleva proposta dalle banche nei confronti della C., perchè ritenuta mero strumento del truffatore. Le banche, per contro, erano responsabili perchè, pur non essendo riconoscibile la contraffazione (di cui mancavano segni evidenti sul titolo), stante l’entità della somma portata dall’assegno (negoziato con leggerezza, specie in considerazione della personalità dell’apparente prenditrice, nota alla banca come modesta impiegata che dimostrava di operare in proprio) sarebbe stata sufficiente una telefonata all’emittente per chiarire la situazione.
1.2.- Contro la sentenza di appello le banche convenute hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Ha resistito con controricorso la società intimata, la quale ha, altresì, proposto ricorso incidentale condizionato affidato a un solo motivo.
Non ha svolto difese l’intimata C..
2.1.- Con il primo motivo di ricorso le banche ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, artt. 38 e 43 e art. 1992 c.c..
Lamentano che sia stata ritenuta la loro responsabilità nonostante fosse pacifica (e riconosciuta dalla corte di merito) la non riconoscibilità della contraffazione. Le regole sulla circolazione degli assegni non impone altro controllo che quello formale del titolo, continuità delle girate e identità del portatore mentre la disciplina pertinente non prevede alcun controllo “sostanziale” circa il portatore.
2.2.- Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata individua nella rilevanza economica dell’operazione l’unico elemento fondante della responsabilità delle banche convenute.
2.3.- Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano vizio di motivazione deducendo che manca qualsiasi richiamo alle fonti probatorie circa la ritenuta conoscenza da parte della negoziatrice –
e a maggior ragione della banca trattaria – delle condizioni personali della portatrice dell’assegno come modesta impiegata, che avrebbero reso prudente contattare la società emittente.
2.4.- Con il quarto motivo le ricorrenti denunciano vizio di motivazione in ordine al rigetto della loro domanda di manleva nei confronti della C., la cui responsabilità è stata esclusa con generico richiamo a procedimento penale al quale le banche non hanno partecipato e nonostante l’assoluzione in sede penale della chiamata fosse fondata sulla carenza dell’elemento soggettivo del raggiro.
3.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato la società controricorrente denuncia la violazione e la falsa interpretazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43 lamentando il rigetto del primo motivo di appello con il quale era stata invocata la giurisprudenza di questa Corte che ritiene la predetta norma come deroga alla disciplina del pagamento di titoli di credito con legittimazione variabile e a quella di cui all’art. 1189 c.c. (cfr.
n. 11950/2003).
4.- I primi tre motivi del ricorso principale sono infondati e il loro rigetto comporta l’assorbimento dell’unico motivo del ricorso incidentale condizionato.
Invero, le censure mosse alla motivazione della sentenza impugnata non meritano accoglimento perchè i giudici del merito hanno adeguatamente giustificato la decisione evidenziando l’entità dell’importo recato dall’assegno e la non congruenza con il profilo della prenditrice, modesta impiegata.
Circostanze che avrebbero reso prudente che al pagamento si facesse precedere una semplice telefonata di conferma circa la corrispondenza del prenditore con il beneficiario.
E’ fondato, invece, il quarto motivo, posto che la responsabilità della C. è stata effettivamente esclusa, dalla corte di merito, con un generico richiamo al procedimento penale al quale le banche assumono di non avere partecipato e nonostante che l’assoluzione in sede penale della chiamata fosse fondata sulla carenza dell’elemento soggettivo del raggiro. Sì che, pacifica la materialità del fatto, la corte di merito non ha indagato in ordine alla sussistenza dell’illecito civile dedotto dalle banche.
La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata limitatamente al capo concernente la domanda rivolta dalle banche nei confronti della C., con rinvio per nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.
Le spese del giudizio di legittimità nei rapporti tra le ricorrenti e la resistente, invece, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta i primi tre motivi del ricorso principale, assorbito l’incidentale; accoglie il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese nei rapporti con la C., alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.
Condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della s.p.a. G., spese che liquida in complessivi Euro 5.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016