Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12111 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. III, 22/06/2020, (ud. 09/12/2019, dep. 22/06/2020), n.12111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21820/2017 proposto da:

ARTEMIS SRL, IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore e legale

rappresentante loro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ILDEBRANDO GOIRAN, 4, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTA

BALLATORE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANDREA GATTO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del (Ministro in

carica p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 622/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato ANDREA GATTO;

udito l’Avvocato GIORGIO SANTINI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Ministero della Giustizia propose opposizione avverso il d.i. n. 28897/2011 con cui il Tribunale di Milano gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 280.915,10, oltre interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002, a titolo di corrispettivo spettante alla Artemis s.r.l. per noleggio di apparecchiature per la radiolocalizzazione e il monitoraggio ambientale.

2. Il Tribunale rigettò l’opposizione e confermò il decreto ingiuntivo. Il Ministero propose gravame sostenendo la non configurabilità di un’obbligazione contrattuale e l’applicabilità alla fattispecie del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 71,168,170 e 171, con esclusione dell’applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002.

3. La Corte d’Appello di Milano ha riformato la sentenza inquadrando la fattispecie nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 70, “in base al quale le “spese straordinarie” di giustizia sono quelle previste dalle altre disposizioni, ma reputate indispensabili dal magistrato procedente” e aggiungendo che il giudizio di indispensabilità della spesa compiuto dal sostituto Procuratore della Repubblica che autorizza il noleggio “costituisce il presupposto per la liquidazione della spesa nelle forme di un procedimento amministrativo disciplinato dallo stesso D.P.R. n. 115 del 2002, che si conclude con l’emissione del decreto di pagamento che, ai sensi dell’art. 171, costituisce titolo di pagamento della spesa”.

4. Avvero tale decisione proponeva ricorso per cassazione la Artemis s.r.l. in liquidazione, affidandosi a sei motivi illustrati da memoria; il Ministero resisteva con controricorso.

5. Con ordinanza interlocutoria del 24.5.2019 questa Corte rimetteva il ricorso alla pubblica udienza, rilevando che lo stesso poneva questioni di rilevanza nomofilattica, attinenti all’inquadramento normativo del rapporto di noleggio delle apparecchiature destinate alla radiolocalizzazione a alle intercettazioni ambientali, con specifico riferimento alle modalità di liquidazione del compenso. Nelle more, questa Corte con sentenza n. 22159 del 5 settembre 2019 decideva su analoga questione. Artemis ed il Ministero depositano memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va disattesa la richiesta di rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti del Ministero della Giustizia, oggetto della memoria della ricorrente della 9 maggio 2019, poichè, contrariamente a quanto evidenziato dalla società Artemis, il Ministero si è costituito per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, così sanando il vizio di notifica derivante dall’invio del ricorso presso l’Avvocatura Distrettuale di Milano in luogo di quella Generale dello Stato, in Roma.

2. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5. La Corte territoriale, per rigettare l’eccezione di giudicato esterno, avrebbe individuato la specificità della fattispecie in esame nel fatto che tutte le fatture si riferiscono ad attività compiute in relazione ad un unico procedimento penale. In realtà non si tratterebbe di un unico rapporto, ma di una pluralità di distinti provvedimenti autorizzativi esplicatisi nell’arco di 10 mesi. Da ciò deriverebbe l’apparenza della motivazione.

3. Sotto altro profilo la particolarità del rapporto in oggetto non potrebbe trovare fondamento, nè nella Circolare del Ministero di Giustizia del 29 luglio 2016, nè nel profilo dell’indispensabilità della spesa, richiamati nella motivazione della Corte d’Appello. Questo in quanto, per quanto si dirà nel successivo motivo di impugnazione, sarebbe infondata la tesi secondo cui gli oneri di noleggio rientrino nel concetto di spese di giustizia disciplinate dalla citata circolare sul presupposto, della “indispensabilità della spesa”.

4. Il primo motivo è inammissibile perchè privo di specificità in quanto la Corte territoriale ha evidenziato che l’efficacia del giudicato esteso agli accertamenti che costituirebbero i necessari antecedenti logici alla pronunzia di ingiunzione (in conseguenza della proposizione di “diversi ricorsi per decreto ingiuntivo davanti il Tribunale di Milano, ormai passati in giudicato, poichè non opposti, relativi alla stessa materia, ossia al credito originato dall’attività di noleggio di attrezzature per la radiolocalizzazione e monitoraggio ambientale in favore di numerose Procure della Repubblica”) sarebbe preclusa dalla specifica circostanza che le fatture emesse e poste a fondamento del decreto ingiuntivo in oggetto si riferiscono tutte ad un unico procedimento penale, evidentemente diverso dai procedimenti e dalle attività svolte “in favore di numerose Procure della Repubblica”. Tale unico rapporto non sarebbe, continua la Corte territoriale, “assimilabile a una transazione commerciale di cui si occupa il D.Lgs. n. 231 del 2002” richiamato nel ricorso per decreto ingiuntivo. Rispetto a tale motivazione, l’argomentazione posta a sostegno del motivo è generica e non coglie nel segno, poichè si limita ad anticipare l’oggetto dei successivi motivi (3-6) al fine di criticare la fondatezza della tesi della Corte d’Appello che riconduce quell’attività all’alveo del Testo Unico sulle spese di giustizia.

5. Con il secondo motivo si lamenta la violazione l’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., in tema di effetti della cosa giudicata riconosciuti ai decreti ingiuntivi divenuti definitivi in quanto non opposti. Dopo avere allegato il testo dei due decreti ingiuntivi emessi rispettivamente il 6 aprile 2011 e il 29 marzo 2012 in favore della società ricorrente, si rileva che entrambi i titoli traevano origine dal noleggio di attrezzature per il monitoraggio ambientale e che in essi il rapporto era stato qualificato come “transazione commerciale”, con la conseguenza che lo stesso avrebbe dovuto essere definito come contratto, così come ritenuto dal giudice di prime cure. Pertanto, ricorrendo l’ipotesi di giudizi tra le medesime parti, relativi ad un unico rapporto giuridico, uno dei quali, definito con provvedimento equipollente ad una sentenza passata in giudicato, la Corte d’Appello avrebbe dovuto prendere atto dell’accertamento compiuto in quella sede.

6. Il motivo è infondato. Il giudicato esterno derivante da un decreto ingiuntivo non opposto (Cass. Sez. 3 n. 30838 del 29/11/2018), in quanto provvisto di “vis imperativa” e indisponibilità per le parti, va assimilato agli “elementi normativi”, sicchè la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme (e non già degli atti e dei negozi giuridici), in base agli artt. 12 preleggi e segg., con conseguente sindacabilità degli eventuali errori interpretativi sotto il profilo della violazione di legge.

7. Ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass. Sez. 1, n. 21200 del 05/10/2009 (Rv. 610451-01).

8. Pertanto, l’interpretazione di un giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di Cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il predetto ricorso – come nel caso di specie – deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, atteso che il solo dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale (Cass. Sez. L n. 5508 del 08/03/2018 – Rv. 647532-01).

9. Orbene, come evidenziato in premessa, la Corte territoriale di Milano ha argomentato in maniera specifica sul punto, evidenziando che le fatture poste a sostegno del decreto ingiuntivo oggetto del presente procedimento si riferiscono ad un unico procedimento penale, differente rispetto a quelli richiamati dalla società appellata e oggi allegati al ricorso per cassazione nel rispetto del principio di autosufficienza.

10. Trova pertanto applicazione il principio generale secondo cui “il provvedimento giurisdizionale di merito, anche quando sia passato in giudicato, non è vincolante in altri giudizi aventi ad oggetto le medesime questioni di fatto o di diritto, se da esso non sia dato ricavare le ragioni della decisione ed i principi di diritto che ne costituiscono il fondamento. Pertanto, quando il giudicato si sia formato per effetto di mancata opposizione a decreto ingiuntivo recante condanna al pagamento di un credito con carattere di periodicità, il debitore non può più contestare il proprio obbligo relativamente al periodo indicato nel ricorso monitorio, ma in mancanza di esplicita motivazione sulle questioni di diritto nel provvedimento monitorio – non gli è inibito contestarlo per le periodicità successive”.

11. Nell’ipotesi che precede, esaminata da Cass. Sez. L, n. 23918 del 25/11/2010, alcuni lavoratori, dopo avere ottenuto un decreto ingiuntivo non opposto nei confronti dell’INPS per il pagamento del sussidio per lavori socialmente utili dovuto per l’anno 1999, avevano nuovamente convenuto in giudizio l’Istituto, invocando l’esistenza del giudicato e formulando analoga domanda relativa all’anno 2000; la S.C., in applicazione del riportato principio, ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto sussistente il giudicato esterno.

12. Appare risolutivo il caso esaminato da Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 11600 del 14/05/2018 (Rv. 648531-01) sovrapponibile a quello in oggetto. Nell’ipotesi di statuizione passata in giudicato relativa al compenso dovuto per la custodia di veicoli diversi, per la medesima società, il custode aveva chiesto il compenso nel giudizio definito in quel procedimento. Questa Corte ha affermato che “ogni affidamento di veicolo in custodia dà luogo a una rapporto giuridico autonomo e nel caso in esame difetta il presupposto di operatività del giudicato esterno costituito dall’identità del rapporto giuridico dedotto in due diversi giudizi”. Il motivo è, pertanto, infondato.

13. Con il terzo motivo si deduce la violazione di artt. 267 e 268 c.p.c. e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, in relazione alla questione della capacità del Pubblico Ministero procedente di impegnare la pubblica amministrazione con riferimento alle operazioni di noleggio di apparecchiature finalizzate alle intercettazioni (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3). Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale il potere di disporre le intercettazioni fa capo al Pubblico Ministero il quale sarebbe legittimato a manifestare la volontà dell’amministrazione poichè tali poteri deriverebbero dal disposto dell’art. 268 c.p.c., che consente al Pubblico Ministero di disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati.

14. Tale profilo troverebbe conferma nella giurisprudenza penale della Corte di Cassazione. Pertanto, trattandosi di rapporti contrattuali, il provvedimento autorizzativo del Pubblico Ministero costituirebbe una accettazione dell’offerta del privato. Sotto tale profilo l’autorizzazione non avrebbe una funzione solo endoprocedimentale, così come evidenziato in altre precedenti decisioni della Corte d’Appello di Milano.

15. Con il quarto motivo si deduce la violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in materia di spese di giustizia. La Corte d’Appello di Milano avrebbe errato nell’inquadrare la fattispecie nell’art. 70 della legge norma, poichè non ricorrerebbe il profilo pubblicistico del rapporto. Pertanto il provvedimento di liquidazione adottato dal “magistrato che procede” non integrerebbe il decreto emesso ai sensi dell’art. 168 del Testo Unico sulle spese di giustizia, richiamato dall’art. 71 della stessa disposizione, ma un semplice atto di verifica a fini amministrativi interni. Infatti, il noleggio delle apparecchiature per intercettazioni opererebbe su base volontaria negoziale, differentemente da quanto avviene per la acquisizione dei tabulati telefonici ai quali potrebbe, al più, riferirsi l’argomentazione adottata dalla Corte territoriale.

16. Con il quinto motivo si deduce la violazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 17 e delle altre norme che fissano ai requisiti di forma per i contratti della pubblica amministrazione, nonchè degli artt. 1325 c.c. e segg., in relazione alla questione della riconoscibilità di un valido rapporto contrattuale tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 3). Sarebbe censurabile la decisione la Corte d’Appello secondo cui il rapporto in questione non sarebbe assimilabile a una transazione commerciale perchè i provvedimenti autorizzativi del Pubblico Ministero non costituirebbero una accettazione di una proposta contrattuale. Tali considerazioni sarebbero contrarie ad altre statuizioni adottate dalla medesima Corte d’Appello, secondo cui sarebbe configurabile la volontà espressa delle parti di concludere un accordo, seppur con atti distinti.

17. Con il sesto motivo si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. L’esclusione dell’applicabilità di tale disciplina, da parte la Corte territoriale, sarebbe errata, non avendo il giudice di appello riconosciuto l’esistenza del rapporto contrattuale ed avendo affermato la necessità di un provvedimento di liquidazione ai sensi dell’art. 70 del Testo Unico sulle spese di giustizia, incompatibile con l’applicazione del citato D.Lgs. n. 231. In tal senso militerebbem,ila giurisprudenza del Consiglio di Stato e le precedenti statuizioni della medesima Corte d’Appello di Milano.

18. Gli ultimi quattro motivi possono essere trattati congiuntamente perchè strettamente connessi riguardando gli effetti della qualificazione giuridica del rapporto esistente tra la società ricorrente e la pubblica amministrazione, attenendo all’applicazione del D.Lgs. n. 231 (sesto motivo), all’individuazione della forma del contratto (quinto motivo) e del potere negoziale del PM (terzo motivo) e all’applicabilità o meno del Testo Unico sulle spese di giustizia (quarto motivo).

19. I motivi sono infondati. Il tema centrale è rappresentato dalla qualificazione pubblicistica ovvero privatistica dell’obbligazione della PA nei confronti delle ditte private noleggiatrici/locatrici delle apparecchiature utilizzate per l’intercettazione ambientale.

20. Se l’obbligazione avesse natura pubblicistica essa risulterebbe sottratta in tutto o in parte al diritto privato contrattuale e se ne imporrebbero tanto la sottoposizione alla specifica disciplina contenuta nel D.P.R. n. 115 del 2002, quanto l’adozione – cfr. Cass. 22159 del 5/9/19; Cass. 24/01/2019, n. 2074 e Cass. Pen. 9/2/2016 n. 2573 – di criteri di liquidazione diversi da quelli di mercato e basati su appositi prezzari, allo scopo di mantenere, grazie ad opportuni correttivi, entro limiti ragionevoli le spese di giustizia, sulla falsa riga di quanto accade: a) con le spese di demolizione di opere abusive e di riduzione in pristino dei luoghi che, ove affidate ad imprese private, vengono determinate nel loro ammontare mediante l’impiego del prezzario per le opere edili e impiantistiche dei provveditorati alle opere pubbliche delle Regioni; b) con gli operatori di telefonia, le cui prestazioni sono imposte dall’art. 96 del Codice delle telecomunicazioni ed il cui corrispettivo è stabilito mediante decreto del Ministero delle comunicazioni; c) con i CTU, i quali, per la loro attività di consulenza, non hanno diritto ad una prestazione determinata secondo i parametri di mercato.

21. Sono “spese di giustizia, gravanti in via preventiva sull’erario e destinate al successivo recupero, le spese derivanti dall’espletamento dell’intera gamma di attività strumentali allo svolgimento del processo penale, nel senso più ampio dei suo integrale dipanarsi dalla fase di indagine a quella di esecuzione”.

22. Tali spese, oltre a distinguersi in ripetibili ed irripetibili, si differenziano a seconda che siano espressamente previste come spese correlate allo svolgimento del processo penale ovvero che non lo siano, ma che, in quest’ultimo caso, vengano ritenute indispensabili dal magistrato che procede, il quale applicherà, “in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 61, 62 e 63 e dell’art. 277 e per l’importo utilizzerà prezzari analoghi.

23. Il decreto di pagamento è disciplinato dagli artt. 168, 169, 170 e 171” (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 70). La questione specifica è, dunque, se le spese per il noleggio delle apparecchiature per le intercettazioni rientrino tra quelle “connesse allo svolgimento del processo penale” e ritenute “indispensabili” dal magistrato procedente: e se, quindi, avendo tali caratteri, siano da considerarsi “spese straordinarie di giustizia.

24. A tal fine è opportuno ricostruire il quadro normativo di riferimento.

25. Fino al 2004 era pacifico che dette spese non fossero espressamente previste come spese di giustizia dal D.P.R. n. 115 del 2002. Perciò tutto si riduceva ad un’alternativa: considerarle oppure no spese straordinarie di giustizia. Il quadro normativo si è fatto più complesso con l’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, la quale ha modificato il D.P.R. n. 112 del 2002, art. 1, includendo espressamente tra le spese ripetibili dall’Erario, che le ha anticipate, quelle relative alle prestazioni di cui all’art. 96 del Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 10 agosto 2003, n. 259) e, ai fini che qui interessano, quelle “funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime” (art. 5, comma 1, lett. i-bis, come modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 326).

26. Le prime, relative alla remunerazione degli operatori telefonici e all’attività di tracciamento, riguardano le prestazioni cui sono tenuti ex lege gli operatori di telefonia, ove richiesti, a fini di giustizia, dalle competenti autorità giudiziarie, liquidate sulla scorta di appositi listini; tra le seconde, quelle strumentali all’utilizzazione delle medesime, devono ritenersi comprese anche quelle per il noleggio delle apparecchiature necessarie alla captazione e alla registrazione.

27. Sulla materia è intervenuto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168 bis, introdotto dal D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 120, in vigore dal 10/11/2018, il quale ha previsto espressamente che le spese relative alle prestazioni obbligatorie a fini di giustizia, effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie, e quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime, vengano liquidate con decreto giudiziale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, individuando esclusivamente nel Pubblico Ministero, che ha eseguito o richiesto l’autorizzazione a disporre le operazioni captative, il soggetto competente ad emettere tale decreto.

28. Già prima della entrata in vigore della nuova previsione normativa le somme dovute alle società incaricate del servizio erano liquidate sulla base del titolo di pagamento di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, secondo una tendenza evidentemente già presente nella prassi (tanto che Cass. 2074/2019 si riferisce ad una opinione consolidata, “benchè i gestori di telefonia e le ditte che noleggiano apparati funzionali alle operazioni di intercettazione non rivestano lo status di ausiliari del magistrato, e tantomeno di custodi”), che rafforza la convinzione che siano sempre state sottoposte ad un regime pubblicistico e permette altresì di superare una serie di questioni, evidentemente fuorvianti e inconferenti sulla natura e sulla funzione di tale decreto.

29. La scelta normativa fatta con l’introduzione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168 bis, comprova, infatti, la volontà del legislatore, per un verso, di attrarre le spese per intercettazioni nel novero di quelle di giustizia, anche relativamente alle modalità di liquidazione, e, per altro verso, di disciplinare con le stesse modalità isia i costi per le prestazioni obbligatorie cui sono tenuti gli operatori delle comunicazioni telefoniche,sia quelli per la locazione dei macchinari da soggetti privati. Tale assimilazione è stata, non a caso, valorizzata anche da Cass. n. 2074/2019 e Cass. 22159/2019, che hanno tratto il convincimento che non vi sia ragione di introdurre a livello interpretativo una distinzione che non si rinviene nella normativa, che invece tende ad unificare le varie tipologie di spesa per le intercettazioni in un’unica categoria.

30. Che si trattasse di spese straordinarie di giustizia normalmente liquidate con il decreto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168, trova indiretta conferma anche in Cass. 11/02/2014, n. 3004, la quale, a fronte di un provvedimento con il quale era stato autorizzato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 70 e quindi liquidato il costo del noleggio di apparecchiature e dell’assistenza tecnica per attività di intercettazione, aveva stabilito che il decreto con il quale era stata liquidata la spesa poteva essere impugnato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, per asseriti vizi riguardanti l’ammontare delle somme liquidate, ma non anche per questioni attinenti ai provvedimenti discrezionali antecedenti.

31. La pronuncia conferma la conclusione che le spese per il noleggio degli apparecchi di intercettazioni siano state ritenute spese straordinarie di giustizia, liquidate con decreto del magistrato disponente, opponibili esclusivamente con gli strumenti predisposti a tale scopo.

32. Merita considerazione anche l’iter attraverso cui normalmente si addiviene alla liquidazione delle spese di noleggio. E’ opportuno ricordare che la Circolare del Ministero della Giustizia del 14 dicembre 2010, prevede, in un’ottica di monitoraggio delle spese di giustizia e di loro imputazione, che, per le spese di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali l’iter procedurale di spesa inizia con un provvedimento dell’Autorità giudiziaria che dispone l’intercettazione; i gestori telefonici ovvero le società di noleggio degli apparati emettono la relativa fattura; l’ufficio giudiziario, previo riscontro della regolarità delle prestazioni, provvede alla liquidazione della spesa. Il provvedimento di liquidazione viene infine iscritto nel registro delle spese pagate dall’Erario ed è trasmesso per il pagamento al funzionario delegato insieme alla documentazione giustificativa (…) è all’atto della liquidazione che viene quantificato l’ammontare della spesa da porre a carico dell’Erario, con contestuale individuazione della persona del creditore.

33. Invece, con la presentazione del documento contabile di spesa, il credito, certo e liquido, determinato nel suo ammontare in quanto già liquidato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, diventa anche esigibile.

34. Ciò conferma che le spese per il noleggio delle apparecchiature di intercettazione ambientale sono annoverate tra quelle di giustizia e non sono sottoposte ad un trattamento diverso rispetto a quello riservato ai gestori telefonici; inoltre, è evidente che le fatture sono sottoposte ad un vaglio di congruità e di regolarità, perciò il credito acquista i caratteri della certezza, della liquidità e della esigibilità solo con il decreto di pagamento del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 168.

35. Ancor più rilevante è l’argomentazione evidenziata nella citata decisione n. 2074/2019 e, più di recente da Cass. n. 22159/2019, che muovono dal tenore dell’art. 268 c.p.c., comma 3, secondo cui le operazioni di intercettazione possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Solo allorchè tali impianti risultino insufficienti o inidonei ed esistano eccezionali ragioni di urgenza il Pubblico Ministero può disporre il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione della polizia giudiziaria.

36. Sono considerate impianti di pubblico servizio anche le apparecchiature acquisite per l’occasione mediante noleggio presso imprese private. E quanto a quelli in dotazione alla polizia giudiziaria non rileva lo strumento giuridico attraverso cui la polizia riceve tale dotazione (compravendita, comodato, locazione o altro), ciò che conta è che a terzi estranei sia precluso accedervi (Cass. pen. 30/09/2003, n. 330) e che il loro utilizzo per l’ascolto e per la registrazione avvenga sotto il diretto controllo della polizia giudiziaria (Cass. pen. 7/04/2004, n. 19072), potendo anche essere nominato quale ausiliario della polizia giudiziaria, personale tecnico della ditta da cui siano stati noleggiati i suddetti impianti (Cass. pen. 01/07/2003, n. 35186).

37. Si tratta di elementi e circostanze che unitariamente considerati descrivono la natura peculiare dell’attività di intercettazione ambientale, per tale ragione destinataria di specifiche prescrizioni volte ad assicurare che essa si svolga circondata da cautele, soprattutto se le apparecchiature siano state noleggiate, proprio come è avvenuto nella vicenda in esame, presso terzi.

38. Entro la stessa cornice di riferimento deve collocarsi il fatto che la ditta noleggiatrice non venga individuata, come di norma dovrebbe avvenire, mediante una procedura selettiva dei contraente che offra maggiori garanzie di correttezza e serietà professionale e le condizioni più vantaggiose. Proprio con riferimento ai contratti di affidamento del servizio di attività di intercettazione, il Consiglio di Stato – sent. 14/04/2011, n. 2330 – ha giustificato l’utilizzo da parte dell’Amministrazione procedente del modulo procedimentale costituito dalla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara (trattativa privata), ai sensi del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 57 e con il criterio di aggiudicazione prescelto dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 57, comma 6 e art. 83 dello stesso D.Lgs.: in relazione alle peculiarità del servizio da svolgersi, caratterizzato da comprensibili aspetti di delicatezza e segretezza, per cui detto modus procedendi, quanto meno per ciò che attiene al sistema di scelta del futuro contraente, appare congruo oltrechè conforme al dettato di cui al cit. D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 17, per quanto riguarda i servizi svolti in favore dell’Amministrazione della giustizia (nella specie, servizio intercettazioni telefoniche), richiedenti speciali misure di sicurezza e segretezza e particolari modalità di affidamento in deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle gare.

39. Si tratta di profili non dirimenti, perchè la P.A. può perseguire l’interesse pubblico, stipulando tanto contratti di diritto comune quanto contratti di diritto speciale che giustificano, ai fini che qui interessano, l’applicazione, accanto alle tradizionali norme privatistiche (il ricorso alla procedura di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 17) di quelle derivanti dalla legislazione speciale (il titolo di pagamento è esclusivamente il decreto del Pubblico Ministero procedente).

40. Sulla base di tali premesse è possibile superare quanto stabilito da Cass. pen. 29/10/2007, n. 39853 che, in una fattispecie analoga a quella oggetto dell’odierna impugnazione, aveva cassato l’ordinanza con cui il Tribunale aveva ritenuto che l’operazione della società, la quale aveva messo a disposizione gli strumenti necessari per l’intercettazione a seguito di provvedimento autorizzatorio del Pubblico Ministero, rientrasse fra quelle riconducibili all’art. 348 c.p.p., comma 4, con riferimento alle quali il privato agisce come longa manus o come ausiliario del Pubblico Ministero ed avesse reputato che al canone dovuto per il noleggio delle apparecchiature non trovasse applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 71, relativo alle spettanze degli ausiliari di giustizia.

41. La Corte aveva escluso del tutto correttamente che la ditta noleggiatrice fosse un ausiliario del giudice cui applicare i criteri di liquidazione delle relative spettanze.

42. Ulteriori argomenti nella medesima direzione possono essere tratti dalla citata decisione della Cassazione penale n. 2573 del 06/02/2016. Infatti, in un caso in cui si controverteva della qualifica di ausiliario del giudice ricoperta da una società di capitali, ai fini della legittimazione della medesima a proporre opposizione, ai sensi del D.P.R. n. 112 del 2002, art. 170, ai decreti di liquidazione per spese di intercettazione emessi a suo favore per l’avvenuto svolgimento di attività di tracciamento, ossia per l’attività informativa di raccolta dei dati relativi a conversazioni telefoniche, riconobbe tale legittimazione in capo alla società; in motivazione ebbe a precisare che per la conclusione raggiunta non costituiva ostacolo la decisione della Corte di Cassazione, sez. pen. 26/09/2007, n. 39853, dato che essa riguardava l’inapplicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 71, in caso di richieste di liquidazione avanzate da società che avevano dato in noleggio apparecchiature destinate all’esecuzione di operazioni di intercettazione.

43. Del resto, il D.P.R. n. 115 del 2002, era stato introdotto anche allo scopo di superare la precedente normativa in materia di spese di giustizia, secondo la quale il magistrato, per le spese di competenza, con decreto si limitava a quantificarle, mentre era rimesso al personale amministrativo l’ordine di pagamento, determinandosi, quindi, una sostanziale duplicazione del titolo di pagamento. Con la vigenza del T.U. in materia di spese di giustizia “La sola distinzione rimasta è quella tra ordine di pagamento emesso dal funzionario allorchè la quantificazione dell’importo da liquidare non presenta alcun elemento di discrezionalità (…) e decreto di pagamento emesso dal magistrato, necessario allorchè la quantificazione comporta questioni valutative (…). Pertanto, in base alla nuova disciplina, se la quantificazione è effettuata dal funzionario è questi ad emettere l’ordine di pagamento. Se la quantificazione è effettuata dal magistrato, è questi ad emettere il decreto di pagamento, che costituisce di per sè titolo di pagamento della spesa (cfr. art. 171)” (Circ. Min. della Giustizia n. 4/2002 del 28/06/02).

44. Va aggiunto che, come per tutte le altre spese di giustizia, anche quelle in oggetto sono soggette alla vigenza ed alla operatività del principio della domanda di cui all’art. 99 c.p.c.: il provvedimento di liquidazione non viene pronunciato d’ufficio, ma su espressa domanda dell’interessato che nel caso di specie ha coinciso con la presentazione delle fatture, le quali non hanno, dunque, reso il credito certo, liquido ed esigibile.

45. In conclusione, deve riconoscersi che il corrispettivo dovuto alla società Artemis srl per il noleggio delle apparecchiature utilizzate per le intercettazioni ambientali abbia una innegabile connotazione pubblicistica, non modificata dalle particolari procedure di selezione e di liquidazione delle relative spettanze, che la sua determinazione non è affidata alla libera contrattazione, che il titolo di pagamento è esclusivamente il decreto del Pubblico Ministero, adottato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168.

46. Pertanto, il credito della società noleggiatrice, trovando causa in una spesa straordinaria di giustizia e non in una transazione commerciale con la P.A. – cui applicare, quanto agli interessi moratori, la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 231 del 2002 – e, quindi, connotandosi per il suo rilievo pubblicistico, doveva ritenersi sottratto alla libera contrattazione. Esso non avrebbe potuto esser azionato in via monitoria, essendo interamente sottoposto alla procedura prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002.

47. Tale conclusione consente di disattendere la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267 del Trattato di funzionamento dell’unione Europea, non ricorrendo un dubbio di contrasto con la disciplina comunitaria in tema di transazioni commerciali, trattandosi di rapporto pubblicistico.

48. Di conseguenza, la Corte d’Appello, correttamente ha affermato che tra le parti non era intercorso un rapporto privatistico, che la società Artemis non era titolare di un credito suscettibile di esser fatto valere in via monitoria, anzichè secondo la procedura prevista nel D.P.R. n. 115 del 2002, e che, di conseguenza, non aveva diritto alla liquidazione degli interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002.

49. La Corte d’Appello di Milano ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui “in materia di spese di giustizia, la liquidazione del compenso per il noleggio ad una Procura della Repubblica di apparecchiature destinate ad intercettazioni telefoniche ed ambientali e, se del caso, del personale addetto al loro funzionamento va effettuata con decreto emesso ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 168, opponibile solo con le modalità a tale scopo espressamente predisposte 13 dall’art. 170 del medesimo provvedimento, il quale rinvia al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 15”.

50. Il ricorso deve essere rigettato e le spese vengono compensate integralmente data la novità della questione centrale (oggetto degli ultimi quattro motivi) trattata.

51. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto del presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 9 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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