Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12108 del 01/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/06/2011, (ud. 12/05/2011, dep. 01/06/2011), n.12108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 74,

presso lo studio dell’avvocato IACOBELLI GIANNI EMILIO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8960/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/05/2006 R.G.N. 6098/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega TRIFIRO’ SALVATORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 15.12.2005/25.5.2006 la Corte di appello di Roma confermava la decisione di primo grado che dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato fra M.M. e le Poste Italiane per il periodo 1.7.2000/30.9.2000, ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994, “per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

Osservava in sintesi la corte territoriale che, trattandosi di contratto stipulato successivamente al 30.4.1998, si doveva ritenere che gli accordi sindacali intervenuti successivamente all’accordo del 25.9.1997 non fossero meramente ricognitivi del perdurare delle esigenze legittimanti le assunzioni a tempo determinato, ma erano piuttosto volti a stabilire precisi limiti di scadenza all’autorizzazione alla stipulazione di contratti a tempo determinato, con la conseguenza che era inibito alle parti di autorizzare retroattivamente, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica, la stipulazione di contratti a termine non più legittimati per effetto della durata in precedenza stabilita.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le Poste Italiane con tre motivi. Resiste con controricorso, illustrato con memoria, M.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed il secondo motivo la società ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione (art 360 c.p.c., n. 3) della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e dei criteri di ermeneutica contrattuale in relazione agli accordi collettivi intercorsi, nonchè vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che il potere normativamente attribuito alla contrattazione collettiva di individuare nuove ipotesi di assunzione a termine, in aggiunta a quelle già stabilite dall’ordinamento, configurava una vera e propria “delega in bianco” in favore delle organizzazioni sindacali, le quali, pertanto, potevano legittimare il ricorso al contratto a termine non solo per causali di carattere oggettivo, ma anche meramente soggettivo, sicchè restava precluso al giudice di individuare limiti ulteriori, anche di ordine temporale, atti a circoscrivere l’ambito di operatività delle ipotesi di contratto a termine individuate in sede collettiva.

Con il terzo motivo, prospettando violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 1217 e 1233 c.c.), si duole che la corte territoriale avesse omesso qualsiasi verifica in ordine alla rituale costituzione in mora del datore di lavoro (che non potrebbe, in ogni caso, desumersi dalla mera istanza per il tentativo di conciliazione), nonchè qualsiasi decisione in merito alla richiesta formulata ai fini dell’esibizione di documentazione utile a consentire una corretta determinazione dei corrispettivi percepiti dal dipendente per attività di lavoro svolta a favore di terzi, e ciò sebbene l’eccezione non potesse che essere genericamente dedotta dal datore di lavoro, incombendo il relativo onere, in realtà, sul lavoratore. Il ricorso è inammissibile per mancanza dei quesiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c.. La sentenza impugnata è stata pubblicata, infatti, successivamente al 2 marzo 2006, e, quindi, risulta soggetta ratione temporis alla disposizione in esame, introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 la quale, come noto, è stata successivamente abrogata dalla L. di riforma del 18 giugno 2009 n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi, tuttavia, della medesima legge, art. 58, comma 5 tale ultima disposizione si applica solo “alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, sia stato depositato successivamente all’entrata in vigore della legge” stessa. Ne deriva che nel periodo ricompreso fra l’introduzione dell’art. 366 bis c.p.c. e la sua abrogazione, risulta rilevante, ai fini della permanenza, in via transitoria, del precetto, la data di pubblicazione del provvedimento impugnato col ricorso per cassazione, che, ove anteriore al 4 luglio 2009, comporta l’obbligo per la parte ricorrente della formulazione del quesito di diritto, a pena di inammissibilità, rilevabile d’ufficio.

Le spese seguono la soccombenza e vanno distratte in favore del procuratore, che se ne è dichiarato anticipatario.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 33,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorari di avvocato, oltre a spese generali, IVA e CPA, con distrazione in favore dell’avv. IACOBELLI Gianni Emilio.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2011

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