Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12107 del 18/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 18/05/2010), n.12107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ZANELLA G. & DE BARBA S.N.C., in persona del legale

rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

288, presso lo studio dell’avvocato PERSIANI MATTIA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati PROIA GIAMPIERO, PANIZ

MAURIZIO, STIVANELLI GUSSONI FRANCO, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 18/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 02/03/2006 R.G.N. 33/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2010 dal Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco;

udito l’Avvocato ROSSI GUIDO per delega PROIA GIAMPIERO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17.1 – 2.3.2006 la Corte d’Appello di Venezia confermo’ la sentenza di prime cure che aveva rigettato l’opposizione svolta dalla Zanella G. & De Barba snc avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ad istanza del suo ex subagente D.M. G. per pretese spettanze economiche derivanti dal pregresso rapporto di agenzia.

A sostegno del decisum, per cio’ che ancora qui rileva, la Corte territoriale osservo’ quanto segue:

– il contratto di agenzia aveva riconosciuto al subagente un compenso aggiuntivo “ulteriore e diverso” rispetto a quello dovutogli con la corresponsione delle provvigioni, ne’ vi erano elementi atti a suffragare la contraria tesi secondo cui l’erogazione di un fisso mensile fosse stata riconosciuta subordinatamente al raggiungimento, per effetto dell’attivita’ svolta, di un risultato utile per la mandante;

– non era stato provato che l’attivita’ fosse cessata per fatto del subagente prima del recesso;

– non era stato dimostrato l’inadempimento del subagente, stante l’insufficienza a tal fine della segnalazione dell’avvenuta instaurazione di una procedura cautelare.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale la Zanella G. &

De Barba snc ha proposto ricorso per Cassazione fondato su cinque motivi.

L’intimato D.M.G. non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli arti 1362 c.c. e segg., nonche’ vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), lamentando l’erronea interpretazione della clausola di cui all’allegato 2 del contratto (OMISSIS); osserva, al riguardo, che la Corte territoriale avrebbe violato il fondamentale criterio ermeneutico basato sul significato letterale delle parole utilizzate, posto che la locuzione adoperata, laddove e’ previsto che la mandante “eroghi un contributo per lo sviluppo di tale portafoglio”, stava chiaramente a subordinare la corresponsione del contributo all’acquisizione di nuovi clienti da parte dell’agente e, quindi, appunto, allo sviluppo del portafoglio.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ancora violazione dell’art. 1362 c.c. e segg., nonche’ vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), lamentando che la Corte territoriale non avrebbe specificato il riferimento fatto al coevo contratto di conferimento di incarico e al comportamento successivamente posto in essere dalle parti, trascurando di considerare che il D.M. aveva dapprima acquisito ogni mese nuovi clienti e, viceversa, nessuno durante il periodo in relazione al quale aveva poi avanzato le pretese economiche per cui e’ causa;

nessun riferimento era stato inoltre fatto nella sentenza alle pur significative deposizioni di alcuni testimoni.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con riferimento alla questione, rimasta assorbita per effetto della interpretazione della pattuizioni contrattuali resa dalla Corte territoriale, inerente alla mancata prova, da parte del D.M., di avere acquisito nuovi clienti nel periodo per il quale aveva richiesto il pagamento del contributo.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione di legge (art. 2697 c.c.; artt. 115, 116, 414 – 416 c.p.c.), nonche’ vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), lamentando che la Corte territoriale, nell’affermare che non risultava che l’attivita’ del subagente fosse cessata prima del recesso, aveva trascurato di valutare gli elementi probatori acquisiti al riguardo.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), lamentando che la Corte territoriale avrebbe motivato in termini non adeguati in ordine alla svolta eccezione di inadempimento da parte del D.M..

2. In ordine al primo motivo va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte e’ consolidata nel senso che l’interpretazione degli atti negoziali, consistendo in un’operazione di accertamento della volonta’ dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento e’ censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche; con la conseguenza che non puo’ trovare ingresso in sede di legittimita’ la critica della ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto gia’ dallo stesso esaminati (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 22536/2007; 7500/2007;

15969/2005).

Rilevato che, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento e’ rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, pur dovendo il rilievo da assegnare alla formulazione letterale essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale e dovendo al contempo le singole clausole essere considerate in coordinata correlazione tra loro (cfr, ex plurimis, Cass., n. 4176/2007), deve convenirsi che, nel caso di specie, la lettura della disciplina pattizia resa dalla Corte territoriale si sottrae alle censure svolte.

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dall’odierna ricorrente, il significato letterale della clausola contrattuale esaminata, laddove contempla l’erogazione di un contributo per lo sviluppo del portafoglio, non contiene l’inequivoca evidenza dell’interpretazione prospettata dalla mandante, ossia che detto contributo sarebbe stato erogato se ed in quanto il subagente avesse provveduto all’incremento del portafoglio, sicche’, correttamente, la Corte territoriale, nel ricercare la comune intenzione delle parti, ha fatto ricorso all’ulteriore criterio dell’interpretazione complessiva delle clausole (art. 1363 c.c.), evidenziando come, con la pattuizione in parola, sulla premessa contrattuale che non era stato consegnato al D.M. “alcun portafoglio incassi”, gli fosse stato riconosciuto un compenso aggiuntivo “ulteriore e diverso” rispetto a quello dovutogli con la corresponsione della provvigione (quest’ultima effettivamente connessa all’acquisizione di clientela ed ordini, come previsto dai richiamati art. 3 del contratto e allegata tabella quantificativi), e rilevando quindi, con argomentazione coerente e immune da vizi logici, come la previsione di erogazione del contributo aggiuntivo per un biennio rispondesse al fine di remunerare il subagente degli effetti correlati alla mancata consegna da parte della mandante di un portafoglio clienti, cosi’ da supportare economicamente la sua attivita’ per l’iniziale periodo di avviamento.

In definitiva, quindi, la ricorrente non ha dimostrato che, nell’interpretazione della normativa pattizia, la Corte territoriale si sia discostata dai prescritti canoni ermeneutici, cosicche’ le censure svolte si risolvono nella prospettazione di una diversa possibile lettura di tale normativa, che, a prescindere dalla sua maggiore o minore plausibilita’, configura una valutazione di merito inammissibile in questa sede.

Il mezzo all’esame va quindi disatteso.

3. A mente del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2 la disposizione di cui all’art. 366 bis c.p.c. si applica ai ricorsi per Cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e, percio’, a decorrere dal 2 marzo 2006, essendo stato il ridetto D.Lgs. n. 40 del 2006 pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 2006; l’art. 366 bis c.p.c. trova quindi applicazione nella presente controversia, posto che la sentenza impugnata e’ stata pubblicata appunto il 2 marzo 2006 (ed invero, con riferimento al primo motivo, la parte ricorrente ha formulato il principio di diritto ritenuto confacente).

In base alla norma suddetta, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilita’, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l’orientamento di questa Corte, il principio di diritto previsto dall’ari. 366 bis c.p.c. deve consistere in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).

Nel caso che ne occupa il secondo e il quarto motivo di ricorso sono stati formulati in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, mentre con il terzo e il quinto sono stati denunciati soltanto vizi di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

tutti tali motivi sono pero’ privi della formulazione tanto dei corrispondenti quesiti di diritto, con riferimento alle denunciate violazioni di norme di legge, quanto del momento di sintesi diretto a circoscrivere i limiti delle censure inerenti ai lamentati vizi motivazionali.

Ne discende l’inammissibilita’ dei suddetti motivi.

4. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso va dunque rigettato.

Non e’ luogo a pronunciare sulle spese, stante l’assenza di attivita’ difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010

 

 

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