Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12105 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. III, 22/06/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 22/06/2020), n.12105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8372/2017 proposto da:

G’SMILE DI G.L. IMPRESA INDIVIDUALE, in persona della

titolare GARIGLO LORETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

DEPRETIS 86, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CAVASOLA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELIO GUGLIELMINO;

– ricorrente –

contro

P.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ILDEBRANDO

GOIRAN 4, presso lo studio dell’avvocato MARCO STEFANO MARZANO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA UGA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 559/2016 del TRIBUNALE di VERCELLI, depositata

il 27/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/11/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Gsmile di G.L. ricorre, a seguito di declaratoria di inammissibilità dell’appello, per saltum per la cassazione della sentenza del Tribunale di Vercelli n. 559 del 2016 che, pronunciando in causa promossa dalla locatrice P.T. avverso la convenuta Gsmile per sentir pronunciare lo sfratto della stessa per morosità o, in subordine, la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice in forza di una clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto e la condanna al rilascio del bene immobile condotto in locazione, ha dichiarato la risoluzione di diritto ex art. 1456 c.c., del contratto di locazione, condannato la ditta Gsmile al rilascio dell’immobile e la medesima alle spese del grado.

Il contratto, originariamente intercorso con S.A., ha visto il subentro di G.L., titolare della ditta individuale Gsmile, ed è stato dichiarato risolto, pur in assenza di espresso riferimento nel contratto all’art. 1456 c.c., per l’operatività di una clausola risolutiva espressa, ritenuta “essenziale” alla causa del contratto. Tra le condizioni richieste per l’operatività della clausola risolutiva espressa vi erano sia il mancato pagamento dei canoni di locazione sia la mancata prestazione di una polizza fidejussoria; nè a paralizzare l’obbligazione di pagamento dei canoni poteva invocarsi il preteso inadempimento, da parte della locatrice, fatto valere dalla conduttrice ai sensi dell’art. 1460 c.c., dell’obbligo di assicurare il rilascio di licenze amministrative necessarie per la realizzazione del parcheggio per i clienti, essenziale ai fini dello svolgimento dell’attività commerciale, in mancanza di un’espressa obbligazione assunta in tal senso dalla locatrice medesima ed anzi in presenza della specifica previsione, a carico della parte conduttrice, dell’obbligazione di ottenere dal Comune i permessi per il parcheggio per i disabili.

Avverso la sentenza la società Gsmile propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrato da memoria. Resiste P.T. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1453,1456,1363 e 1218 c.c., per aver ritenuto la presenza di una clausola risolutiva espressa pur in mancanza dell’espresso riferimento, in contratto, all’art. 1456 c.c., ritenendo sufficiente la qualificazione di alcune clausole quali “essenziali”. Il Giudice avrebbe errato nel ritenere esistente una clausola risolutiva espressa perchè la medesima, per esplicare i suoi effetti, avrebbe richiesto lo specifico collegamento con l’inadempimento di specifiche e determinate obbligazioni e non anche un generico riferimento a tutte le obbligazioni di una parte.

La statuizione dell’impugnata sentenza sarebbe altresì in contrasto con le regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., in base alle quali il Giudice avrebbe dovuto attenersi all’applicazione dell’art. 1453 c.c., ed escludere la presenza di una clausola risolutiva espressa. Inoltre, ad avviso della ricorrente, la presenza di una clausola risolutiva espressa non sarebbe incompatibile con l’art. 1460 c.c., ed avrebbe richiesto un accertamento, da parte del Giudice, dell’opponibilità dell’altrui inadempimento al fine di paralizzare l’operatività della stessa clausola risolutiva, sulla base di un dichiarato costante orientamento di legittimità. Nel caso di specie l’immobile locato non sarebbe stato mai conforme alle prescrizioni urbanistico-edilizie non potendo essere realizzato il parcheggio per disabili previsto nel progetto. Essendo certa la chiusura dei locali e, conseguentemente, dell’attività commerciale in essi svolta, a causa delle difformità urbanistiche, la decisione della conduttrice di sospendere temporaneamente il pagamento dei canoni avrebbe dovuto ritenersi giustificata, anzichè legittimare la risoluzione di diritto del contratto.

1.1 Il motivo è inammissibile perchè, apparentemente involgendo questioni di ermeneutica contrattuale, perchè tali devono essere considerate anche le censure relative agli artt. 1453 e 1456 c.c., in quanto le medesime sono volte tutte ad argomentare nel senso che il giudice avrebbe errato nel ritenere esistente una clausola risolutiva espressa in mancanza di un espresso richiamo all’art. 1456 c.c., in realtà più che denunciare specifici profili di diritto relativi all’attività interpretativa ritenuta erronea della sentenza impugnata intende contrapporre a quella dell’impugnata sentenza, una diversa e più appagante ricostruzione della volontà delle parti, e dunque un accertamento di merito, precluso in questa sede.

Il motivo è pertanto formato nella prospettiva appunto di indurre questa Corte ad una rivalutazione fattuale della causa, come perseguendo un terzo grado di merito.

2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 1460,1453 e 1455 c.c., perpetrata dall’impugnata sentenza nella parte in cui nega l’applicabilità dell’art. 1460 c.c., in presenza di clausola risolutiva espressa, laddove sarebbe stato pacifico che le parti fossero attinte ciascuna da proprie obbligazioni contrattuali e che, in relazione alle medesime, il Giudice dovesse svolgere la valutazione sull’importanza del reciproco inadempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c.. Il Giudice avrebbe dovuto accertare che la locatrice non solo aveva conferito un immobile inidoneo all’uso commerciale ma che, neppure a fronte di un preannunciato provvedimento del Comune di Borgo D’Ale di sospendere o revocare la licenza e di chiudere il locale per inosservanza alle prescrizioni cui l’autorizzazione edilizia era stata subordinata, aveva posto in essere alcun positivo comportamento.

2.1 Anche questo motivo entra direttamente nel merito perchè richiede a questa Corte una valutazione sull’inadempimento reciproco delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive.

La questione avrebbe potuto essere declinata anche in iure ove fosse stata posta nei termini della astratta compatibilità tra l’operatività di un clausola risolutiva espressa e l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., ma è, invece, posta in termini puramente fattuali, richiedendosi, ad esempio, una valutazione delle prove testimoniali relative all’apertura degli spazi per i disabili.

3. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna della società ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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