Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12105 del 13/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 13/06/2016, (ud. 23/03/2016, dep. 13/06/2016), n.12105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15523-2011 proposto da:

P.I. S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 31, presso lo studio dell’avvocato

VITO SOLA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 737/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 04/06/2010 R.G.N. 1719/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito l’Avvocato GENTILE GIOVANNI per delega Avvocato PESSI

ROBERTO;

udito l’Avvocato SOLA VITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con sentenza del 14.5-4.6. 2010 la Corte d’appello di Firenze rigettava l’appello proposto da P.I. spa nei confronti di C.F. avverso le sentenze del Tribunale di Siena (nr, 161/2005 e nr. 199/2006, la prima non definitiva sull’an, la seconda, definitiva, sul quantum) che avevano accolto la domanda del C., dichiarando la nullità del termine apposto al contratto stipulato tra le parti – ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 – in relazione al periodo dal 19 gennaio al 13 marzo 2004 “per ragioni di carattere sostitutivo, correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa e addetto al servizio di recapito/smistamento presso il Polo Corrispondenza (OMISSIS), assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro”.

La Corte di merito riteneva che la formulazione del contratto a termine non rispondesse al canone di trasparenza previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 secondo la lettura offertane dalla Corte costituzionale nella sentenza 214/2009, in quanto carente della indicazione del nominativo del lavoratore sostituito e della prova della esistenza di un preciso nesso causale fra assunzione e mansioni, che neppure poteva essere offerta in carenza di una specificazione della causale negoziale.

A conferma del rilievo di genericità il giudice dell’appello evidenziava:

– La mancata indicazione nel contratto del numero dei lavoratori da sostituire nell’arco temporale di vigenza del rapporto;

– La previsione della facoltà di recesso ad nutum di P. I. in caso di rientro del personale assente senza alcuna indicazione del numero dei lavoratori assenti e della categoria professionale di appartenenza.

Da ultimo il giudice dell’appello rigettava le questioni sollevate da P.I. in punto risarcimento del danno (per omessa allegazione dei conteggi delle retribuzioni richieste, mancanza della prestazione lavorativa ed assenza di un idoneo atto di messa in mora). Per la Cassazione della sentenza ricorre P.I. spa, articolando cinque motivi. Resiste con controricorso C. F..

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

1. Con il primo motivo la società P.I. denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1248, 1249, 1431 c.c.; violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La censura afferisce alla mancata dichiarazione da parte del giudice dell’appello della cessazione del rapporto di lavoro alla data del 25.7.2005, in ragione della rinunzie alla reintegra da parte del lavoratore all’esito della sentenza non definitiva (sentenza del 17.6.2005).

La società ricorrente impugna la statuizione di irrilevanza della rinunzia resa dal giudice dell’appello e chiede a questa Corte di dare atto che il rapporto di causa si è risolto in data 25.7.2005, per dimissioni del lavoratore o, comunque, per carenza di interesse del lavoratore alla sua prosecuzione.

2. Con il secondo motivo la società P.I. deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 nonchè nullità del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Censura la sentenza per avere ritenuto la genericità della clausola del termine; assume che l’obbligo di specificità era stato assolto con la indicazione della ragione sostitutiva, delle mansioni, della durata del contratto e dell’ufficio di applicazione del dipendente e che diverse indicazioni non potevano trarsi, diversamente da quanto sostenuto dal giudice dell’appello, dalla sentenza della Corte Costituzionale nr. 241/2009, in quanto le sentenze interpretative di rigetto del giudice delle leggi non hanno efficacia vincolante.

La previsione della facoltà di recesso anticipato era collegata ad elementi oggettivi, ricavabili dalla indicazione del personale da sostituire; in ogni caso la pattuizione era irrilevante ai fini di causa sia perchè la società non se ne era avvalsa sia perchè la sua eventuale invalidità non avrebbe viziato le altre previsioni del contratto.

3. Con il terzo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 in relazione alla direttiva comunitaria 99/70 CE ed all’accordo quadro concluso dall’UNICE, dal CEP e dal CES. Il motivo attiene alla statuizione sulla necessità di indicare i nominativi dei lavoratori sostituiti.

4. Con il quarto motivo la società denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli art. 12 preleggi, art. 1419 cc., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, art. 115 c.p.c..

Censura la statuizione di conversione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato.

5. Con il quinto motivo si denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – il contrasto delle norme di diritto applicate nella quantificazione del danno con lo ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32.

In via preliminare, secondo l’ordine logico, devono essere esaminati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, attinenti alla validità della clausola del termine; invero la questione della risoluzione del contratto per dimissioni (o per carenza di interesse) del lavoratore viene in rilievo soltanto successivamente all’accertamento della eventuale illegittimità del termine apposto al contratto e della conseguente esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

I motivi sono fondati e meritano accoglimento.

Nella giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidato il principio secondo cui nelle situazioni aziendali complesse – in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola persona ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta –

l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (l’ambito territoriale di riferimento, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (ex plurimis:

Cass. 17-1-2012 n. 565, Cass. 4-6-2012 n. 8966, Cass. 20-4-2012 n. 6216, Cass. 30-5-2012 n. 8647, Cass. 26-7-2012 n. 13239, Cass. 2-5-

2011 n. 9602, Cass. 6-7-2011 n. 14868).

In particolare, sulla scia di Cass. n. 1576/2010, questa Corte ha ripetutamente accolto i ricorsi della società avverso le sentenze di merito che, disattendendo il criterio di elasticità dettato da tale principio, avevano ritenuto non specifica la causale sostitutiva indicata in contratto (v. fra le altre, Cass. 17-1-2012 n. 565, Cass. 4-6-2012 n. 8966, Cass. 20-42012 n. 6216, Cass. 30-5-2012 n. 8647, Cass. 26-7-2012 n. 13239, Cass. 2-52011 n. 9602, Cass. 6-7-2011 n. 14868).

A tale indirizzo va data continuità, non essendo vincolante la interpretazione della norma offerta dalla Corte Costituzionale nella pronunzia di rigetto nr. 241/2009, nel senso della necessità della indicazione del nominativo del lavoratore sostituito, recepita dalla sentenza impugnata.

Questa Corte con le sentenze del 26 gennaio 2010 (nn. 1576 e 1577), confermate dalla giurisprudenza successiva, ha offerto una diversa interpretazione dell’ obbligo di specificità previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 in relazione alla causale sostitutiva.

Tale interpretazione non suscita dubbi di costituzionalità sotto il profilo della violazione della clausola di non regresso –

preoccupazione sottesa alla richiamata sentenza del giudice delle leggi – alla luce della sentenza della Corte di Giustizia del 24 giugno 2010 (SORGE c/o P.I. spa), nella quale il giudice europeo ha fornito chiare indicazioni circa i limiti della clausola di non regresso e le condizioni della sua applicazione.

Restano assorbiti il primo il quarto ed il quinto motivo di ricorso.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e gli atti vanno rinviati alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che si atterrà nella decisione al principio di diritto sopra esposto.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese.

PQM

Accoglie il 2^ ed il 3^ motivo del ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia –

anche per le spese – alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016

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