Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12104 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. III, 22/06/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 22/06/2020), n.12104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27207/2017 proposto da:

EUROPEAN SERVICES SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore e amministratore unico P.R.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio

dell’avvocato MARCO MACHETTA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

VINCENZO MARTORANA;

– controricorrente –

e contro

avverso la sentenza n. 2623/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in

data 8/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

European Services S.r.l. propose appello avverso la sentenza n. 487/2013 del Tribunale di Rieti, che: aveva dichiarato cessato alla data del 14 febbraio 2010, per recesso anticipato del conduttore, il contratto di locazione concluso fra A.A. e T.L. (locatori), da una parte, ed European Service S.r.l. (conduttrice), dall’altra, in data 18 aprile 2002, avente ad oggetto il locale ad uso commerciale in (OMISSIS); aveva dichiarato cessata la materia del contendere riguardo alla domanda di rilascio dell’immobile; aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta dai locatori; aveva rigettato le domande riconvenzionali proposte dal conduttore e aveva dichiarato interamente compensate tra le parti le spese di lite.

L’appellante, in particolare, dedusse l’illegittimità e l’erroneità della sentenza di primo grado, chiedendone la riforma per i seguenti motivi: 1) erronea e/o omessa analisi delle circostanze pacifiche e di quelle non contestate decisive ai fini del giudizio ed emerse nel corso del procedimento di primo grado; 2) illegittimità e/o erroneità della sentenza per omesso e/o erroneo esame delle risultanze istruttorie emerse nel corso del giudizio di primo grado; 3) illegittimità e/o erroneità della sentenza appellata nella parte in cui aveva omesso ogni esame in ordine alla violazione degli obblighi spettanti al locatore ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c., ed erroneamente interpretato gli artt. 1577 e 1592 c.c.; 4) illegittimità e/o erroneità della sentenza appellata nella parte in cui, erroneamente motivando, il Tribunale aveva dichiarato inammissibile e rigettato la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c..

L’appellante concluse per la riforma della sentenza di primo grado, con condanna dei locatori A.A. e T.L. al pagamento, in solido fra loro, ovvero ognuno per la quota di propria spettanza, in favore di European Services S.r.l., della somma di Euro 98.111,70, oltre interessi legali dalle scadenze al soddisfo, a titolo di rimborso delle spese sostenute per le opere di riparazione strutturale e ristrutturazione, nonchè a titolo di indennizzo per i lavori e le migliorie apportate all’interno dei locali oggetto del contratto, in via subordinata, anche ai sensi dell’art. 2041 c.c., ovvero, in subordine, della somma da accertare in corso di causa pure a mezzo di c.t.u., previa ammissione di tutte le richieste istruttorie formulate in primo grado e con condanna alle spese di lite del doppio grado di giudizio.

Si costituirono in giudizio gli appellati A.A. e T.L., chiedendo il rigetto del gravame e la condanna dell’appellante alle spese di quel grado.

La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 2623/2017, pubblicata il 18 maggio 2017, rigettò integralmente l’appello proposto e condannò l’appellante alle spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito European Services S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso A.A..

T.L. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con tale mezzo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto infondato il quarto motivo di appello, con cui si lamentava la declaratoria di inammissibilità e il rigetto della domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., sul rilievo che la tutela di cui alla norma appena menzionata, “avendo funzione sussidiaria e natura residuale, presuppone il diniego della tutela contrattuale attraverso “l’accertamento, con sentenza passata in giudicato, dell’infondatezza dell’azione contrattuale per insussistenza del vincolo negoziale che attribuisca all’attore il relativo diritto” (Cassazione civile, sez. VI, 25/05/2011, n. 11489) mentre, nella specie, la domanda principale di tutela contrattuale è stata rigettata per difetto dei requisiti richiesti dalla normativa invocata a tutela del contraente”.

Sostiene la ricorrente di aver chiesto di condannare l’ A. e la T. al pagamento, in solido tra loro, della somma dovuta “per le opere di riparazione e di ristrutturazione nonchè a titolo di indennizzo per le migliorie apportate” mentre il Giudice di merito avrebbe considerato la domanda principale e quella subordinata connesse esclusivamente alle opere di miglioria del bene e non anche alle opere di trasformazione dei locali e di ristrutturazione finalizzate alla messa in sicurezza e staticità del bene, opere queste ultime che, ad avviso della European Services S.r.l. non riguardavano il rapporto di locazione, anche perchè antecedenti alla sua decorrenza.

1.1. Il motivo è infondato.

La domanda anche subordinata – peraltro riportata in ricorso così come precisata nelle conclusioni della comparsa di costituzione e risposta, senza che siano stati, in sede di articolazione e illustrazione del motivo in scrutinio, riprodotti “i motivi e le causali esposte in narrativa” della predetta comparsa a fondamento di tali domande, pur se detti motivi e causali sono espressamente richiamati nelle menzionate conclusioni, con conseguente difetto di specificità del motivo a tale riguardo – si riferisce chiaramente agli interventi eseguiti sull’immobile oggetto di locazione e ai miglioramenti ad esso apportati e, quindi, connessi al contratto di locazione già stipulato (come si desume da quanto pure dedotto a p. 8 del ricorso), sicchè è corretta la decisione della Corte di merito che ha ritenuto non esperibile l’azione per carenza del requisito della sussidiarietà (Cass. 13/03/2013, n. 6295; v., proprio in tema di locazione, Cass. 20/12/2004, n. 23625 e Cass. 13/07/2005, n. 14753)

Peraltro, il motivo all’esame fa pure riferimento a questioni fattuali non delibabili in questa sede.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Omesso esame dei fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente lamenta che la Corte di merito avrebbe “omesso di valutare” una serie di fatti e risultanze istruttorie specificamente indicati a p. 10-12 del ricorso (la difformità dei locali condotti in locazione rispetto a quanto indicato in contratto, con conseguente necessità di posticipare la data di decorrenza della locazione; l’assenza dei requisiti urbanistici e strutturali necessari per il godimento del bene secondo l’uso convenuto, con conseguente inadempimento dei locatori, la violazione dell’art. 7 e l’inefficacia dell’art. 8 del contratto di locazione; l’assenso da parte dei locatori in ordine alle opere eseguite dalla conduttrice e “la contraddittorietà della condotta posta in essere dai locatori”; la mancata comparizione della T. a rendere l’interrogatorio formale; l’interrogatorio formale reso dall’ A.; le testimonianze rese da alcuni testi, neppure specificamente indicati; le risultanze della c.t.u.; la documentazione prodotta nel primo grado del giudizio; l’urgenza nell’esecuzione delle opere).

Ha concluso la ricorrente sostenendo che “il carente, o meglio assente, vaglio critico, su tali circostanze vizia irrimediabilmente l’intera sentenza”, che andrebbe “cassata stante anche l’omessa e/o insufficiente motivazione su punti e fatti controversi e decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti”.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Si rileva al riguardo che, essendo la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata in data 18 maggio 2017, nella specie trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

Alla luce del nuovo testo della richiamata norma del codice di rito, non è più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4), (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già richiamata riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia – nella specie all’esame non sussistente – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza della motivazione.

Le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, hanno pure precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato – come nella specie – comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. anche Cass., ord., 29/10/2018, n. 27415).

A quanto precede deve aggiungersi che le censure formulate con il mezzo all’esame, sotto l’apparente deduzione del vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mirano in realtà ad un’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione del merito e, in particolare, delle risultanze istruttorie non consentita in questa sede (Cass., 2/08/2016, n. 16056, Cass., ord., 7712/2017, n. 29404).

3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimata, non avendo la stessa svolto attività difensiva in questa sede.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore del controricorrente, in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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