Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12098 del 18/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/05/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 18/05/2010), n.12098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

DITTA S.O.S. LAVORI EDILI DI SERRA MARTINO MARIO, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA MACCHIAVELLI 25, presso lo studio dell’avvocato PILIA FRANCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BASSU FILIPPO, giusta delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato SIPALA ALDO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SOLINAS M. LAURA,

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 80/2006 della SEZ. DIST. CORTE D’APPELLO di

SASSARI, depositata il 21/03/2006 R.G.N. 180/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2010 dal Consigliere Dott. STILE Paolo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per inammissibilita’ del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La ditta SOS Lavori Edili di Serra Martino Mario proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Sassari, che, in parziale accoglimento della domanda proposta dal dipendente M.P. G., l’aveva condannata al pagamento della somma di Euro 993,95 oltre accessori, a titolo di indennita’ di mensa e di indennita’ di trasporto.

L’appellante esponeva che nulla doveva per le predette indennita’: la prima perche’ non prevista nel contratto collettivo regionale, la seconda perche’ era il datore di lavoro ad occuparsi del trasporto dei dipendenti ai vari cantieri. Con sentenza dell’8 marzo 2005 – 21 marzo 2006, l’adita Corte di Appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari rigettava l’impugnazione, osservando che la contrattazione collettiva nazionale prevedeva entrambe le indennita’, mentre quella regionale, alla quale faceva riferimento la ditta SOS, non essendo integrativa di quella nazionale, in quanto non stipulata dalle medesime parti sindacali, era da ritenersi invalida; e, se era vero che non era intervenuta una contrattazione collettiva integrativa di quella nazionale, alla quale era stata demandata la quantificazione delle due indicate indennita’, era anche vero che detta quantificazione ben poteva essere determinata come ritenuto dal Giudice di primo grado – applicando, per analogia, quanto previsto per il settore industriale. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la SOS Lavori edili di Serra Martino Mario con quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste M.P.G. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo d’impugnazione la societa’ ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, 1418, 1425, 1427, 1433 c.c., dell’art. 12 c.p.c. e dell’art. 39 Cost. comma 1; con il secondo lamenta, invece, la violazione o falsa applicazione dell’art. 43 e dell’allegato C del CCNL 15 giugno 2000 per il settore edile artigiano, nonche’ la violazione o falsa applicazione degli artt. 1363 e 1369 c.c. e dell’art. 432 c.p.c. e dell’art. 39 Cost, comma 1., mentre con il terzo ed il quarto motivo deduce la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio.

Il ricorso, articolato nei suddetti motivi, tutti diretti ad evidenziare gli errori in cui sarebbe incorsa la Corte di Appello sia in ordine alla individuazione del sistema di relazione delle contrattazioni collettive di vario livello sia in ordine alla motivazione posta a sostegno della decisione, va accolto per le ragioni che seguono.

Va premesso – come opportunamente puntualizzato dalla difesa della ricorrente e come del resto si ricava dalla stessa sentenza impugnata – che nella vicenda oggetto di causa operano quattro parti negoziali sindacali, che hanno stipulato due diversi contratti collettivi di lavoro.

Le parti negoziali sono distribuite a coppie a livello nazionale e a livello territoriale regionale, cosi’ come i contratti collettivi.

A livello nazionale hanno stipulato un contratto collettivo la Confartigianato nazionale, per la parte datoriale, e le associazioni CGIL – CISL – UIL, per la parte dei lavoratori.

A livello regionale hanno stipulato un contratto collettivo di lavoro la FRAS Confartiginato Sardegna, per la parte datoriale e la UGL, per la parte dei lavoratori.

Dopo di cio’, e’ accaduto che il contratto nazionale non abbia determinato le indennita’ di mensa e di trasporto, ma abbia rinviato detto incombente alla contrattazione regionale.

A livello regionale, le stesse parti che hanno stipulato il contratto nazionale non hanno stipulato, fra loro, alcun contratto collettivo di lavoro decentrato. Lo hanno fatto, invece, FRAS Confartigianato Sardegna (anch’esso aderente a Confartigianato nazionale) e UGL Sardegna, le quali nulla hanno disposto in ordine all’indennita’ di mensa, mentre hanno stabilito che l’indennita’ di trasporto compete solo a condizione che l’impresa non provveda agli spostamenti dei lavoratori con mezzi propri.

In questo contesto, il datore di lavoro, odierno ricorrente non ha ritenuto di essere obbligato a corrispondere alcunche’ a titolo di indennita’ di mensa e di trasporto: quanto all’indennita’ di mensa poiche’ ha ritenuto che nessun contratto a lui applicabile ne avesse stabilito l’obbligo; quanto all’indennita’ di trasporto perche’ vi aveva provveduto con mezzi propri, cosi’ come stabilito dal contratto collettivo regionale stipulato fra FRAS Confartigianato Sardegna e UGL. Orbene, la Corte di appello come il Giudice di primo grado – ha ritenuto che la previsione del rinvio alla contrattazione territoriale per la determinazione delle indennita’ di mensa e di trasporto, contenuta nel contratto nazionale, fosse sufficiente a fondare il relativo diritto in capo al lavoratore e a giustificare l’intervento del giudice per la determinazione del quantum.

Osserva il Collegio che una corretta soluzione della questione richiede qualche considerazione riguardante alcuni profili del rapporto intercorrente tra contratto collettivo nazionale di categoria e contratto integrativo ovvero, piu’ in generale, contratto collettivo di diverso livello.

E’ opinione seguita, oltre che in dottrina anche in giurisprudenza (Cass. n. 19351/2007), che alle parti sociali e’ consentito, in virtu’ del principio generale dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c., prorogare l’efficacia dei contratti collettivi, modificare, anche in senso peggiorativo, i pregressi inquadramenti e le pregresse retribuzioni – fermi restando i diritti quesiti dei lavoratori sulla base della precedente contrattazione collettiva – nonche’ disporre in ordine alla prevalenza da attribuire, nella disciplina dei rapporti di lavoro, ad una clausola del contratto collettivo nazionale o del contratto aziendale o, piu’ in generale, territoriale, con possibile concorrenza delle due discipline. La concorrenza delle due discipline, nazionale e territoriale, non rientrando nella disposizione recata dall’art. 2077 c.c., va risolta tenuto conto dei limiti di efficacia connessi alla natura dei contratti stipulati e, sempre con riguardo al concorso tra i diversi livelli contrattuali, e’ stato anche precisato che detto concorso va risolto non secondo i principi della gerarchia e della specialita’ propria delle fonti legislative, bensi’ accertando quale sia l’effettiva volonta’ delle parti, da desumersi attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutti pari dignita’ e forza vincolante, sicche’ anche i contratti regionali possono derogare in peius i contratti nazionali, senza che osti il disposto dell’art. 2077 c.c., con la sola salvaguardia dei diritti gia’ definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori che non possono pertanto ricevere un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa contrattuale, di eguale o di diverso livello (cfr. tra le tante:

Cass. 2 aprile 2001 n. 4839, cui adde, piu’ di recente, Cass. 7 febbraio 2004 n. 2362).

Orbene, la decisione della Corte territoriale nel l’affermare che la disciplina del contratto regionale debba ritenersi invalida finisce non solo per disapplicare i principi innanzi enunciati assegnando, nell’ambito dell’assetto delle relazioni industriali, una errata collocazione alla contrattazione territoriale, ma anche per disegnare una non condivisibile individuazione dei rapporti tra detta contrattazione e quella nazionale.

Nella specie, infatti, la Corte di appello, richiamando le condivise argomentazioni del primo Giudice, ha sostenuto che, pur essendo vero che la contrattazione del settore edilizia artigiana operava su due livelli, era altrettanto vero che in (OMISSIS) non vi era stato accordo tra i medesimi firmatari del contratto nazionale, in particolare CGL, Uil e Cisl, da un lato e Confartigianato dall’altro;

da cio’ discendeva la invalidita’ del cosiddetto contratto integrativo regionale stipulato tra Confartigianato e UGL, laddove per parte sindacale dei lavoratori non vi era la medesima che aveva stipulato il contratto nazionale, tenuto conto che i diversi livelli contrattuali presuppongono la identita’ delle parti stipulanti. Ne consegue che seppure il trattamento economico e normativo dei singoli lavoratori e’ nella sua globalita’ costituito dall’insieme delle pattuizioni dei due diversi livelli contrattuali, la disciplina nazionale e regionale, egualmente espressione dell’autonomia privata, si differenziano tra loro per la (loro) distinta natura e fonte negoziale, con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi e estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a proprie regole in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito territoriale”. Va dunque ribadito che la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, invece, che il contratto regionale non potesse essere autonomamente valutato se non attraverso una rivisitazione dell’intero e generalizzato contenuto della contrattazione collettiva, ha finito per disconoscere l’autonomia del contratto territoriale, nei termini innanzi specificati, trascurando di dare il dovuto rilievo alla circostanza che – come ha messo in rilievo la societa’ ricorrente – il contratto regionale aveva, nel caso di specie, regolamentato le indennita’ in questione disconoscendo ogni diritto in ordine alla indennita’ di mensa e riconoscendo quella di trasporto solo per i trasporti con distanza superiore a dieci chilometri; indennita’, non ancora assurte a consistenza di diritti (acquisiti) in base alla contrattazione collettiva non essendo le relative fattispecie pervenute a completamento.

Opinare diversamente significherebbe risolvere la questione mediante una grave violazione della liberta’ sindacale del datore di lavoro odierno ricorrente, di FRAS Confartigianato Sardegna e di UGL. Per queste ragioni la sentenza va cassata.

In punto di fatto come sopra accennato – risulta pacifico ed accertato nella impugnata decisione che lo stipulato contratto collettivo regionale non prevedeva il diritto alla indennita’ di mensa, mentre in relazione alla indennita’ di trasporto il diritto era previsto solo per i trasporti con distanza superiore a dieci chilometri; diritto non spettante, nella specie, essendo incontestato che era il datore di lavoro ad occuparsi del trasporto dei dipendenti ai vari cantieri, dopo averli raccolti in un determinato luogo, indicato dallo stesso, sito nei limiti dei dieci chilomentri. La controversia va, pertanto, decisa nel merito, non accorrendo ulteriori accertamenti (art. 384 c.p.c.), rigettandosi, per l’effetto, la domanda proposta con il ricorso introduttivo.

Le difficolta’ presenti nella problematica sottoposta all’attenzione di questa Corte, unitamente al diverso avviso espresso dai giudici di merito, inducono a compensare tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie i ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta con il ricorso introduttivo e compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010

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