Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12096 del 08/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/05/2019, (ud. 03/10/2018, dep. 08/05/2019), n.12096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 28077 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 1;

– ricorrente –

contro

P.P.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, n. 739/39/2011,

depositata il giorno 17 ottobre 2011;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3 ottobre

2018 dal Consigliere Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti del contribuente, esercente attività di produzione di servizi preliminari alla stampa tipografica, un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2003, era stato rettificato il reddito di impresa in quanto l’ammontare dei ricavi dichiarati era inferiore a quello risultante dall’applicazione degli studi di settore; avverso il suddetto atto impositivo il contribuente aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Frosinone; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate, nel contraddittorio con il contribuente;

la Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello, avendo ritenuto che gli studi di settore hanno valore di presunzioni semplici, con la conseguenza che il mero scostamento del reddito dichiarato da quello da essi risultante non ne consentiva l’automatica applicazione, essendo necessario il concorso di altri elementi indiziari, e che, in tal caso, l’amministrazione finanziaria deve adeguatamente motivare le ragioni della pretesa;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l’Agenzia delle entrate affidato ad un unico motivo di censura;

il contribuente non si è costituito, sebbene regolarmente intimato con atto spedito il 3 dicembre 2012, quindi entro il termine lungo di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c. vigente ratione temporis, tenuto conto che la sentenza censurata è stata depositata il 17 ottobre 2011 e che il giudizio di primo grado era stato instaurato nell’anno 2008.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, del D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 39, comma 1, lett. d) e comma 2, lett. d-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.P.R. n. 633 del 1972 , art. 56, per avere ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento in quanto fondato esclusivamente sugli studi di settore e privo di motivazione;

il motivo è fondato;

secondo il costante orientamento di questa Suprema Corte: “l’accertamento standardizzato” mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in specie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sè soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente”. (Cass. civ. Sez. V, 31 luglio 2018, n. 20297; Cass. sezioni unite, 18 luglio 2009, n. 26635, Cass. n. 11633 del 2013);

si è, in particolare, chiarito che nella fase del contraddittorio il contribuente ha “la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento” (Cass. n. 21754 del 2017, n. 17646 del 2014);

la pronuncia censurata, pertanto, non è in linea con i suddetti principi, avendo ritenuto di escludere la valenza probatoria dell’applicazione degli studi di settore, pur avendo l’amministrazione finanziaria instaurato il contraddittorio con il contribuente e avendo precisato (vd. avviso di accertamento, riprodotto a pag. 6 del ricorso), in sede di motivazione dell’atto impositivo, le modalità di applicazione degli studi di settore, la genericità delle dichiarazioni rese dal contribuente e l’incoerenza sul margine operativo lordo sulle vendite, dichiarata nella misura del 4,12 per cento, mentre le media del settore oscilla tra un minimo del 19,08 per cento e un massimo del 99,54 per cento, ritenendo che tale dato avvalorava la presunzione di ricavi sottostimati in quanto è impensabile gestire un’impresa con margini operativi esigui;

per quanto sopra esposto, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale, anche per la liquidazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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