Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12094 del 08/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/05/2019, (ud. 03/10/2018, dep. 08/05/2019), n.12094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 14381 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Strukton Railinfra Projecten BV, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Vanz e

Agostino Minone de Amicis, per procura speciale allegata al ricorso,

elettivamente domiciliata in Roma, via Bocca di Leone, n. 78, presso

lo studio dell’Avv. Maurizio Vasciminni;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia n. 160/32/2010, depositata il giorno 30

novembre 2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre

2018 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società contribuente un avviso di accertamento con il quale erano stati ripresi a tassazione costi non inerenti relativi all’anno di imposta 2002; il suddetto accertamento conseguiva ad un accesso mirato eseguito dall’ufficio finanziario presso i locali della contribuente; avverso il suddetto atto impositivo la contribuente aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Lecco che lo aveva accolto; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello; in particolare ha ritenuto che: l’amministrazione finanziaria aveva eseguito un accesso mirato presso i locali della contribuente non finalizzato al controllo, pertanto ad esso non doveva fare seguito un verbale di chiusura delle indagini, non essendo stata compiuta alcuna ispezione o verifica, sicchè non vi era alcuna violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 4; il successivo avviso di accertamento era stato notificato dopo il termine di sessanta giorni decorrenti dalla chiusura del verbale di accesso; con riferimento al merito, le fatture non indicavano la natura dei servizi oggetto di ogni singola operazione, non consentendo, in tal modo, la verifica dell’inerenza dei costi, e le prove documentali prodotte dalla ricorrente non potevano consentire una valutazione di inerenza delle operazioni;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte la contribuente affidato a tre motivi di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso;

la contribuente ha, altresì, depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

vanno esaminati prioritariamente il primo e il terzo motivo di censura, attesa la connessione fra gli stessi, relativi alla ritenuta violazione del principio del contraddittorio;

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale prima dell’adozione dell’atto contenente la pretesa impositiva in materia di tributi armonizzati;

in particolare, la ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che, nel caso di accesso mirato, il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, decorre dalla redazione del verbale di chiusura dell’accesso, senza necessità di adozione di un successivo processo verbale di constatazione, non avendo l’amministrazione finanziaria compiuto alcuna verifica presso i locali, ma unicamente l’acquisizione della documentazione, successivamente utilizzata ai fini dell’adozione della successiva pretesa impositiva;

ritiene, sotto tale profilo, che i principi comunitari richiedono necessariamente il previo contraddittorio con il contribuente ogni qualvolta l’amministrazione adotti decisioni che rientrano nell’applicazione del diritto comunitario, come nella fattispecie, in cui la pretesa ha riguardato anche l’Iva e che, inoltre, l’esigenza dell’effettività del contraddittorio presuppone che la parte sia messa nelle condizioni di offrire elementi di valutazione contrarie alla possibile adozione di una pretesa tributaria, circostanza che rende necessaria la previa conoscenza delle violazioni contestate; evidenzia, infine, che, nella fattispecie, l’accesso era diretto non all’acquisizione di un singolo documento, ma a una verifica generale ai fini Iva, con l’unica particolarità che la stessa era stata, poi, eseguita presso la sede dell’Ufficio e non presso i locali aziendali, sicchè ad esso doveva far seguito un processo verbale di constatazione a conclusione delle verifiche effettuate;

con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione del principio comunitario della tutela del legittimo affidamento, in quanto la espressa indicazione, nel verbale di accesso, della facoltà della parte di formulare osservazioni e richiedere chiarimenti, fornire delucidazioni e dichiarazioni, aveva ingenerato nella contribuente il legittimo convincimento che l’ufficio finanziario stava procedendo ad eseguire una verifica generale ai fini Iva e che quindi, al termine della suddetta verifica, la stessa avrebbe dovuto ricevere la notifica di un verbale di constatazione di eventuali violazioni, sicchè, solo a seguito della ricezione, sarebbero dovuti decorrere i sessanta giorni di tempo per formulare eventuali osservazioni;

i motivi sono infondati;

la questione prospettata con i motivi in esame ha riguardo alla necessità o meno dell’adozione di un successivo avviso di constatazione a seguito dell’attività di accesso compiuta presso la sede della contribuente e, più in particolare, delle modalità con le quali deve essere assicurato il rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale in favore del contribuente nei cui confronti è stato eseguito l’accesso con acquisizione della documentazione fiscale;

va, in primo luogo, evidenziato che questa Suprema Corte ha precisato (Cass. civ. Sez. V, 22 giugno 2018, n. 16546) che l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria non deve necessariamente concludersi con la redazione di un processo verbale di constatazione, essendo sufficiente un verbale attestante le operazioni compiute;

si è, altresì, precisato che in tema di violazione di norme finanziarie (nella specie, in materia di IVA), il processo verbale di constatazione, redatto dagli organi accertatori in occasione di verifiche presso il contribuente e previsto dalla L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24, non deve necessariamente contenere le contestazioni, potendo avere una molteplicità di contenuti, valutativi o meramente ricognitivi di fatti o di dichiarazioni, che, per la libera valutazione dell’amministrazione finanziaria prima e dell’autorità giudiziaria poi, possono comunque dare luogo alla emissione di avvisi di accertamento (Cass. civ. Sez. V, 29 dicembre 2017, n. 31120);

ne consegue, quindi, che non può assumere rilevanza la considerazione di parte ricorrente secondo cui la previsione di cui alla L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24 imporrebbe sempre l’adozione di un processo verbale con il quale siano contestate le violazioni finanziarie e che, poichè il contenuto del processo verbale deve avere riguardo alla specifica attività compiuta dall’amministrazione finanziaria, in caso di accesso mirato, come nel caso di specie, correttamente è stato redatto il verbale di accesso con il quale sono stati indicati i documenti che, in quella occasione, erano stati prelevati dalla sede della contribuente;

in questo contesto, non può neppure assumere rilevanza la linea difensiva di parte ricorrente secondo cui, nella fattispecie, non si era trattato di un accesso mirato ma di un accesso finalizzato ad una verifica fiscale, in quanto quel che rileva è l’attività svolta dall’amministrazione finanziaria e, segnatamente, la mera acquisizione della documentazione presso la contribuente;

in secondo luogo, la medesima pronuncia sopra indicata (Cass. civ, n. 16546/2018) ha, altresì, espresso il principio secondo cui dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni decorre il termine di sessanta giorni entro il quale il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli Uffici impositori, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;

va precisato che il suddetto principio è stato espresso in relazione all’orientamento della Corte, secondo cui: “Il termine dilatorio di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo”(Cass. 2 luglio 2014, n. 15010);

invero, l’impiego di una locuzione generica come “verbale di chiusura delle operazioni” contenuta nel comma 7, della norma in esame, difatti, comprende tutte le possibili tipologie di verbali che concludano le operazioni di accesso, verifica o ispezione nei locali, indipendentemente dal loro contenuto, e ciò consegue dall’impiego nello Statuto dei diritti del contribuente, art. 12, comma 7 pure a fronte di più tipologie di verbali, di una locuzione meramente descrittiva, che ascrive rilievo, di per sè, alla circostanza che il verbale concluda la fase istruttoria di accesso, verifica o ispezione nei locali. Una tale scelta è d’altronde coerente con l’evoluzione del sistema tributario verso moduli partecipativi, in cui le situazioni soggettive dell’erario possono esaurirsi nell’esercizio imparziale di un potere ad imperatività mitigata, che si arresta all’acquisizione delle informazioni utilizzabili ed al mero controllo dell’osservanza degli obblighi strumentali dei contribuenti; si è, inoltre, precisato che riconoscere l’esercizio del diritto al contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio che chiuda le operazioni di accesso, verifica o ispezione significa, appunto, determinare le condizioni affinchè l’amministrazione possa valutare il proprio interesse non soltanto alla luce degli elementi raccolti, ma anche in base alle osservazioni su di essi rese dal contribuente;

la circostanza che, nel caso in esame, sia stato redatto un verbale di accesso in data 11 maggio 2009 e che l’avviso di accertamento sia stato notificato alla società il 10 settembre 2009 (vd. ricorso, pag. 10) oltre il termine di cui all’art. 12, comma 7 citato, a seguito dell’esame della documentazione in tale fase acquisita, porta ad escludere la sussistenza dell’assunta violazione, pur in assenza di un successivo processo verbale di constatazione;

si è peraltro precisato che le garanzie statutarie operano già in fase di accesso, concludendosi anche tale attività con la sottoscrizione e consegna del processo verbale di chiusura delle operazioni svolte, e ciò alla stregua delle prescrizioni dell’art. 52, comma 6 decreto IVA ovvero dell’art. 33 decreto sull’accertamento; siffatte, garanzie si applicano anche agli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perchè la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, ed è comunque necessario, anche in caso di accesso breve, redigere un verbale di chiusura delle operazioni (in senso conf. Cass. 2593/14 e Cass. 15624/14), sia perchè, anche in caso di “accesso breve”, si verifica quella peculiarità che, secondo Cass. sez. unite n. 24823/2015, giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12, peculiarità consistente nella “autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutati a lui sfavorevoli” (Cass. sent. n. 11471/2017; cfr. anche n. 18110/16; n. 25265/17; n. 1007/17; n. 8246/18);

pertanto, si è ritenuto che “in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, impone la redazione del processo verbale di chiusura delle operazioni in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo dal rilascio di copia del predetto verbale decorre il termine di sessanta giorni trascorso il quale può essere emesso l’avviso di accertamento ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7″ (Sez. 5, Sentenza n. 7843 del 17 aprile 2015);

ne consegue che, in caso di accesso mirato, la garanzia al contraddittorio endoprocedimentale per il contribuente è assicurata dalla concessione del termine dilatorio di sessanta giorni decorrente dal rilascio del verbale di consegna, senza che possa, invece, ritenersi che lo stesso debba ricevere un successivo verbale di chiusura delle operazioni di verifica ove le stesse non siano state compiute presso la sede del contribuente, ma presso gli uffici finanziari;

sotto tale profilo, non correttamente parte ricorrente, nella memoria, richiama, a proprio favore, il precedente di questa Suprema Corte n. 3060/2018, posto che con la stessa si è ribadito il principio, sopra indicato, secondo cui, anche in caso di accesso mirato deve essere garantito al contribuente il decorso del termine dilatorio di sessanta giorni prima di adottare la pretesa impositiva e che, in tali ipotesi, il termine decorre dalla redazione del verbale di consegna della documentazione, avendo precisato che solo dal rilascio di copia del predetto verbale (di chiusura dell’attività di accesso) decorre il termine di sessanta giorni trascorso il quale può essere emesso l’avviso di accertamento ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7”;

va peraltro precisato che, differentemente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il suddetto orientamento è in linea con la giurisprudenza unionale in materia di tutela del contraddittorio endoprocedimentale nel caso, come quello di specie, di pretese relative anche a tributi c.d. armonizzati;

la sentenza della Corte di giustizia CE, 12 dicembre 2008, (causa C-349/07 Sopropè), citata dalla ricorrente, ha affermato il principio secondo cui i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizioni di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione e che grava sulle Amministrazioni degli Stati membri l’obbligo di instaurare il previo contraddittorio ogni qualvolta esse adottano decisioni che rientrano nella sfera di applicazione del diritto comunitario;

ma, proprio in relazione all’adozione dell’atto impositivo e nella prospettiva di tutela del diritto di difesa del contribuente, il legislatore interno, secondo i principi interpretativi delle norme di riferimento espressi con gli arresti giurisprudenziali sopra citati, ha ritenuto che il contraddittorio endoprocedimentale è assicurato, in caso di accesso mirato, con il riconoscimento di un termine dilatorio in favore del contribuente nei cui confronti è stata operata l’attività di acquisizione della documentazione, non essendo necessario, come detto, in questo caso, l’adozione di un successivo atto di constatazione delle violazioni finanziarie, e tale specifica previsione costituisce la modalità con la quale, anche nella materia dei tributi “armonizzati”, il legislatore interno ha ritenuto di dare attuazione alla normativa comunitaria ed ai principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria;

nè sussiste, inoltre, alcuna violazione al principio di tutela del legittimo affidamento, come invece prospettato dalla ricorrente con il terzo motivo di censura;

in particolare, parte ricorrente ritiene che lo stesso sia maturato in considerazione del fatto che, in sede di redazione del verbale di accesso, era stato espressamente precisato che la parte avrebbe potuto formulare osservazioni e chiarimenti, fornire delucidazioni e dichiarazioni, sicchè si era in essa ingenerato il legittimo convincimento che l’amministrazione finanziaria, al termine della verifica conseguente all’accesso, avrebbe notificato un verbale di constatazione di eventuali violazioni e che solo dalla suddetta notifica sarebbero decorsi i termini per l’instaurazione del contraddittorio;

ciò in quanto quel che rileva, nella fattispecie, è la circostanza che, comunque, è stata assicurata alla contribuente la garanzia al contraddittorio endoprocedimentale, senza che possa ritenersi che la stessa dovesse ricevere un successivo verbale di chiusura delle operazioni di verifica, non potendosi ritenere che, dalla indicazione della possibilità della parte di formulare osservazioni e chiarimenti, fornire delucidazioni e dichiarazioni, dovesse conseguire l’adozione di una successiva notifica, essendo stato chiarito, nel medesimo atto, che si trattava di un accesso mirato finalizzato alla mera acquisizione della documentazione contabile;

infine, poichè l’intepretazione delle previsioni normative in esame, come detto, è in linea con la giurisprudenza unionale, non sussistono i presupposti, come invece richiesto dalla contribuente, per un rinvio della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia; con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, per non avere adeguatamente valutato che, nella fattispecie, l’accesso non era finalizzato alla mera acquisizione della documentazione, ma ad una vera e propria verifica fiscale ai fini Iva;

il motivo è infondato;

il giudice del gravame ha specificato le ragioni per le quali, nella fattispecie, si trattava di un accesso mirato, facendo riferimento alle risultanze del verbale di consegna dell’11 maggio 2009, ed ha precisato che doveva essere così qualificato in quanto finalizzato alla mera acquisizione di documentazione;

la contribuente, in realtà, sembra volere distinguere, a fondamento del proprio motivo di ricorso, tra accesso mirato finalizzato all’acquisizione di uno o più documenti specifici e quello finalizzato all’acquisizione dell’intera contabilità, ma tale circostanza non può essere ritenuta di rilievo, in quanto l’accesso finalizzato all’acquisizione della documentazione è tale anche nel caso, come di specie, in cui l’acquisizione ha riguardo all’intera documentazione contabile relativa all’anno di imposta 2002;

in conclusione, i motivi sono infondati, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio in favore della controricorrente, che si liquidano in complessive Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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