Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12091 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 22/06/2020), n.12091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17212-2019 proposto da:

C.A.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA PARAVANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato VALENTINA NANULA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 540/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 27/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Brescia ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Brescia aveva respinto le domande di protezione internazionale proposte dal cittadino ivoriano C.A.P., il quale aveva riferito di essere fuggito dalla Costa d’Avorio per le minacce di morte della federazione studentesca (OMISSIS), vicina all’ex presidente G., in quanto simpatizzante del sindacato rivale (OMISSIS);

2. il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il primo motivo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per non avere la corte d’appello svolto alcuna “attività di indagine riguardo alla situazione attuale della Costa d’Avorio”, caratterizzata da una forte insicurezza ed instabilità, alla luce dell’allegato “Rapporto di Amnesty International 2016-2017”.

4.1. La censura è infondata, avendo la corte territoriale congruamente argomentato circa il “notevole processo di stabilizzazione in atto” nella Costa d’Avorio, alla luce di fonti qualificate e più aggiornate di quelle invocate dal ricorrente (segnatamente, il report di Amnesty International del 2017-2018).

5. Il secondo mezzo denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, per non avere la corte d’appello riconosciuto la protezione umanitaria “in ragione del livello di integrazione e di radicamento raggiunto nel nostro paese, ed in ragione dell’attuale situazione interna nel paese di origine del richiedente”.

5.1. La censura è inammissibile in quanto la sentenza impugnata non reca alcun passaggio in merito alla cd. protezione umanitaria, dando i giudici d’appello espressamente atto, a pag. 7, che il ricorrente si era limitato a chiedere “il riconoscimento dello status di rifugiato politico ed in subordine di protezione sussidiaria”.

6. Il ricorso va quindi rigettato, con condanna alle spese in favore del Ministero controricorrente, liquidate in dispositivo;

7. sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. Sez. U, n. 23535/2019 e n. 4315/2020).

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate e prenotande a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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