Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12091 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/05/2017, (ud. 26/01/2017, dep.16/05/2017),  n. 12091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7055/2014 proposto da:

G.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

PANARITI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VINCENZO LOCANE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

(OMISSIS), C.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1092/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/10/2013 r.g.n. 1293/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 1092/2013, ha confermato la pronuncia di primo grado con cui il Tribunale di Lucca aveva respinto la domanda proposta da G.L. nei confronti del MIUR e di C.R., ritenendo conforme a diritto la cancellazione della ricorrente dalla graduatoria permanente di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 401, in ragione della omessa tempestiva domanda di aggiornamento e conferma dell’interessata.

2. La Corte territoriale ha osservato, in relazione la disciplina dettata dal D.L. 7 aprile 2004, n. 97, art. 1, comma 1 bis, che:

– l’appellante non aveva provato di avere presentato la domanda di conferma nei termini prescritti: ella aveva sostenuto di averla inoltrata per posta ordinaria e dunque con modalità che ne comportavano l’assunzione del relativo rischio;

– una volta preso atto dell’omessa presentazione dell’istanza nei termini prescritti, restava irrilevante ogni ulteriore questione introdotta in giudizio e vertente sull’eventuale regolarizzazione, la quale presuppone l’avvenuta presentazione di una domanda nei termini;

– la ricorrente non poteva giovarsi della previsione contenuta nell’art. 1 cit., nella parte in cui consente il reinserimento nella graduatoria, poichè tale possibilità si riferisce all’ipotesi in cui l’interessato sia stato cancellato in precedenza e non riguarda l’ipotesi dell’istanza di permanenza;

– non era condivisibile l’orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa, in quanto la sua interpretazione del D.L. 7 aprile 2004, n. 97, art. 1, comma 1 bis, finiva per eludere il significato esplicito della norma, che ricollega alla mancata presentazione della domanda la cancellazione dalla graduatoria;

– nè poteva rilevare la circostanza che la Pubblica Amministrazione non avesse disposto adeguate forma di informazione sugli effetti della mancata presentazione, atteso che tali effetti derivano direttamente dalla legge, senza necessità di renderli espliciti anche in un provvedimento ministeriale.

3. Per la cassazione di tale sentenza da G.L. propone ricorso affidato a due motivi. Il MIUR e C.R. sono rimasti intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con primo motivo si denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5), cui fa seguito la ricostruzione dell’intera vicenda amministrativa e giudiziaria. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione al D.L. 7 aprile 2004, n. 97, art. 1, comma 1 bis, conv. in L. n. 143 del 2004, L. n. 463 del 1978, art. 2, D.D.G. 16 marzo 2007, art. 13, comma 1, ult. cpv., L. n. 124 del 1999, art. 1 e delle norme costituzionali, in riferimento al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e dal giusto bilanciamento fra i principi sanciti dall’art. 97 Cost. (buon andamento della P.A.) e dall’art. 4 Cost. (diritto al lavoro). La denuncia viene così enunciata: “..per i motivi indicati al punto 1 e nelle premesse del presente atto (…) nonchè dei ricorsi ai giudici di primo e secondo grado”.

1.1. Si assume che la presentazione della domanda di aggiornamento assolve alla funzione di evidenziare eventuali notizie che possono non essere in possesso della P.A., ma non riguarda la titolarità del diritto ad essere inseriti nella graduatoria e cioè non involge la sfera dei requisiti di permanenza. La formazione della graduatoria definitiva è il risultato di un procedimento complesso che inizia con la presentazione della domanda di aggiornamento da parte dei docenti interessati, prosegue con la pubblicazione della graduatoria provvisoria e con l’esame dei reclami e termina con la pubblicazione della graduatoria definitiva. La sentenza impugnata non aveva considerato questa scansione procedimentale e neppure il reclamo gerarchico del 26 giugno 2007, presentato dalla ricorrente contro il suo mancato inserimento nella graduatoria provinciale provvisoria ad esaurimento della scuola elementare per gli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009.

1.2. La sentenza non aveva debitamente considerato l’orientamento del giudice amministrativo espresso con le sentenze nn. 21793 e 21794 del 2010, secondo cui l’omessa presentazione della domanda di aggiornamento non costituisce, di per sè, un indice presuntivo assoluto disinteresse alla permanenza in graduatoria e, pertanto, sussiste l’obbligo degli uffici scolastici provinciali di consentire la presentazione della domanda di conferma da parte dei docenti che non l’abbiano presentata.

1.3. La Corte di appello aveva omesso di esaminare l’eccezione relativa alla mancata motivazione del provvedimento amministrativo, in violazione della L. n. 241 del 1990, ed aveva omesso altresì l’esame della portata probatoria della dichiarazione sostitutiva dell’atto di

notorietà relativa alla circostanza della spedizione della domanda di aggiornamento/permanenza nella graduatoria provinciale definitiva.

2. Il ricorso è infondato.

3. A norma del D.L. 7 aprile 2004, n. 97, art. 1, comma 1 bis, “dall’anno scolastico 2005-2006, la permanenza dei docenti nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 401 Testo Unico avviene su domanda dell’interessato, da presentarsi entro il termine fissato per l’aggiornamento della graduatoria con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione dalla graduatoria per gli anni scolastici successivi. A domanda dell’interessato, da presentarsi entro il medesimo termine, è consentito il reinserimento nella graduatoria, con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione”.

3.1. Il tenore testuale della norma rende evidente che, ai fini della permanenza nella graduatoria, occorre la presentazione di un’istanza da parte dell’interessato, il cui difetto ne comporta la cancellazione. Il reclamo attiene ad una fase successiva del procedimento, che presuppone l’avvenuta presentazione dell’istanza di conferma. Il reinserimento nella graduatoria presuppone, invece, la previa cancellazione dell’interessato. L’interpretazione giuridica fornita dalla Corte territoriale è conforme al dato testuale.

4. Quanto alle altre censure relative a presunti vizi di motivazione, premesso che la Corte di appello ha dichiarato di non condividere l’orientamento interpretativo della giurisprudenza amministrativa, per cui neppure sotto questo profilo la sentenza ha trascurato di considerare le argomentazioni difensive, le restanti questioni prospettate con il primo motivo di ricorso sono inammissibili.

4.1. La censura che verte sull’inoltro della domanda di conferma implica la risoluzione di questioni giuridiche (e non di mero fatto), di cui non sono indicati i termini delle violazioni di diritto che si ipotizzano commesse dalla Corte di appello, la quale ha chiaramente evidenziato che la scelta della trasmissione a mezzo di posta ordinaria faceva ricadere sulla ricorrente il rischio del mancato o ritardato pervenimento della missiva al destinatario.

4.2. Ogni altra censura in fatto si colloca al di fuori del perimetro del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, nel nuovo testo, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, il quale prevede che la sentenza può essere impugnata per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” (v. S.U. sent. 7 aprile 2014, n. 8053). La sentenza n. 8053/14 delle S.U. di questa Corte ha chiarito, riguardo ai limiti della denuncia di omesso esame di una questio facti, che il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consente tale denuncia nei limiti dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). In proposito, è stato altresì chiarito che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (sent. cit.).

4.3. La denuncia di omesso esame contenuta nel primo motivo non corrisponde in alcun modo al modello risultante dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Peraltro, anche prima dell’intervento riformatore, la costante giurisprudenza di questa Corte aveva affermato che l’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v., ex plurimis, Cass. n. 6288 del 18/03/2011).

5. Con le censure di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorso tende sostanzialmente ad una rivalutazione della vicenda e ad ottenere un nuovo accertamento di merito, inammissibile nella presente sede.

6 Il ricorso va dunque rigettato. Nulla dev’essere disposto quanto alle spese, essendo la Pubblica Amministrazione rimasta intimata.

6.1. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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