Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12090 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 22/06/2020), n.12090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15603-2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE Dl CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DI

PIETRO FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 125/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA

PAOLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte d’appello di Perugia ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Perugia aveva rigettato le domande di protezione internazionale proposte del cittadino gambiano M.S., il quale riferiva di aver abbandonato il suo paese quando era ancora minorenne, su invito del padre – militante del partito di opposizione UDP – dopo essere stato arrestato dalla polizia per aver provocato un incendio mentre lavorava sul campo del padre, anche lui arrestato;

2. il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, mentre il Ministero resistente non ha svolto difese;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. Il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, in relazione all’art. 10 Cost., comma 3, per non avere la corte territoriale effettuato il giudizio comparativo rispetto alle rappresentate condizioni di vulnerabilità, tenuto conto anche della situazione in Gambia, ove “le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana appaiono una lontana chimera”.

5. La censura è inammissibile perchè afferente il merito.

6. In primo luogo, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è invece estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155/2017) se non sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 22707/2017, 6587/2017, 195/2016).

6.1. Ebbene, la doglianza in esame esorbita dai limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato, in quanto implica un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e si traduce pertanto in una richiesta di rivisitazione del merito, inammissibile in questa sede (Cass. 6939/2020, 27072/2019, 29404/2017, 9547/2017, 16056/2016).

7. Anche a volerla riqualificare come censura motivazionale, essa non rispetta i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che rende l’apparato argomentativo sindacabile in sede di legittimità solo entro precisi limiti, qui non rispettati, essendo onere del ricorrente indicare, in ossequio all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e, soprattutto, la sua “decisività” (Cass. Scz. U, nn. 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. nn. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6735/2020, 6485/2020, 6383/2020).

8. in ogni caso, ai fini della protezione umanitaria “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. 1040/2020, 23778/2019), avendo le Sezioni Unite di questa Corte di recente confermato (in linea con Cass. 4455/2018) come “l’orizzontalità dei diritti umani.fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”, precisando che “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza” (Cass. Sez. U, nn. 29459, 29460, 29461 del 2019; conf., da ultimo, Cass. 630/2020). A tali fini risulta “necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè JO rnisca elementi idonei perchè da essi possa desumersi che il suo rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. 27336/2018, 8908/2019, 17169/2019).

9. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile senza necessità di statuizione sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.

10. Sussistono invece i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019 e 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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