Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12090 del 13/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 13/06/2016, (ud. 16/03/2016, dep. 13/06/2016), n.12090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7130/2011 proposto da:

D.G.F.T., (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 78, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO IELO, rappresentato e difeso dall’avvocato

IVANO COSTA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI

PORTOGHESI 12, ope legis;

– controricorrete –

avverso la sentenza n. 269/2010 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 05/07/2010 r.g.n. 393/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato ZELO ANTONIO per delega Avvocato COSTA IVANO;

udito l’Avvocato NOVIELLO GIUSTINA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’inammissibilità per carenza

d’interesse in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’attuale ricorrente, dipendente del Ministero della Giustizia, in servizio presso la Procura della Repubblica di Gela, in data 22.6.2007 e in data 7.2.2008 presentò domanda per ottenere l’assegnazione temporanea, D.Lgs. n. 151 del 2001, ex art. 42 bis, per un periodo di tre anni, presso altra sede lavorativa (Tribunale di Milazzo, sezione distaccata del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto o presso una delle sedi indicate della Corte di appello di Messina), quale padre di una figlia minore di anni tre ed esercitando la madre attività lavorativa nel territorio sede della richiesta di assegnazione temporanea. La domanda non venne accolta per avere l’Amministrazione opposto l’elevata scopertura di organico esistente presso la Procura della Repubblica di Gela, dove il dipendente prestava servizio.

2. In sede giudiziaria il ricorso, respinto in primo grado, veniva accolto dalla Corte di appello di Caltanissetta che, interpretando il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 42 bis, anche alla luce di accordi sindacali e della situazione organizzativa delle sedi interessate, riteneva che le ragioni addotte dall’Amministrazione non fossero supportate da adeguati riscontri e quindi prive di specificità, a fronte delle quali occorreva dare prevalenza all’interesse di pari ragno costituzionale (rispetto al buon andamento della P.A.) della tutela dei rapporti familiari. Dichiarava quindi il diritto del ricorrente all’accoglimento della richiesta di assegnazione temporanea, sino al compimento del terzo anno di età della figlia.

Riteneva invece inammissibile la domanda risarcitoria, in quanto proposta per la prima volta in appello.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso D.G. F.T., sulla base di tre motivi, cui ha resistito il Ministero della Giustizia con controricorso.

4. In udienza è stato depositato atto di rinuncia sottoscritto dalla parte ricorrente e dal suo difensore. L’Avvocatura dello Stato nulla ha opposto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 42 bis, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, impugna la sentenza nella parte in cui, dopo avere riconosciuto la fondatezza della pretesa dell’assegnazione temporanea di cui al D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 42 bis, ha limitato il diritto sino al compimento dei tre anni di età della figlia del ricorrente, mentre una corretta interpretazione della norma avrebbe dovuto portare a ritenere che il limite di età stabilito dalla disposizione anzidetta è l’arco temporale entro il quale va fatta la richiesta e non il termine entro cui deve concludersi l’assegnazione alla sede richiesta. In tal senso depone anche il parere interpretativo n. 192/04 del 4.5.2004 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’accordo sottoscritto tra le OO.SS. e il Ministero della Giustizia in data 27.2.2007 secondo cui requisito per l’assegnazione temporanea è la “presenza, al momento della domanda, di un figlio di età inferiore a tre anni….”, con l’ulteriore specificazione che “i benefici potranno essere goduti, a richiesta dell’interessato anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni”. Ove la norma di legge fosse interpretata come ritenuto dalla Corte territoriale, il dipendente pubblico non potrebbe mai fruire dell’intero periodo in quanto, anche nell’ipotesi di presentazione della domanda il primo giorno di vita dei figlio, i soli tempi tecnici occorrenti all’Amministrazione per l’esame della domanda vanificherebbero parte del periodo previsto in favore del dipendente.

Il terzo motivo censura la sentenza per vizio di motivazione, non essendo stata fornita un’adeguata spiegazione delle ragioni per le quali il risultato interpretativo porterebbe a limitare il diritto nei limiti dei primi tre anni di vita del figlio del richiedente.

2. Preliminarmente, deve rilevarsi che sussistono i presupposti perchè sia dichiarato estinto il giudizio per rinuncia, ritenendo il Collegio di dare continuità all’orientamento espresso da Cass. n. 17187 del 29/07/2014, secondo cui la rinuncia al ricorso per cassazione, potendo avvenire fino a che non sia cominciata la relazione e, quindi, anche direttamente in udienza, risulta perfezionata nel caso in cui la controparte ne abbia comunque avuto conoscenza prima dell’inizio di quest’ultima, benchè non le sia stata notificata, e, trattandosi di atto unilaterale recettizio, produce l’estinzione del processo a prescindere dall’accettazione, che rileva solo ai fini delle spese.

3. Nella specie, la difesa del, ricorrente ha depositato in udienza atto di rinuncia al ricorso, debitamente sottoscritto dalla parte e dal difensore medesimo, ma non notificato all’Amministrazione resistente. Il difensore di quest’ultima, presente all’udienza, ha avuto cognizione dello stesso di cui ha preso atto senza peraltro accettare la rinuncia. L’atto di rinuncia risulta perfezionato poichè l’art. 390 c.p.c., come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, prevede che la parte possa rinunciare al ricorso finchè non sia cominciata la relazione all’udienza. In ragione della predetta possibilità di presentare l’atto di rinuncia direttamente in udienza deve ritenersi che la notifica alla controparte dell’atto non costituisca elemento costitutivo della fattispecie nel caso in cui la controparte stessa ne abbia comunque avuto conoscenza, perchè in precedenza visionatolo in cancelleria o per averne preso contezza prima dell’inizio della relazione in udienza. La rinuncia è infatti un atto unilaterale a carattere recettizio che produce i propri effetti a prescindere dalla accettazione che rileva esclusivamente ai fini del regime delle spese. Deve pertanto ritenersi che, una volta che l’atto sia comunque pervenuto a conoscenza della controparte, lo stesso risulti perfezionato e, come tale, produca gli effetti stabiliti dalla legge.

4. Quanto alle spese, stante la facoltatività della condanna del rinunciante nel caso di mancata accettazione prevista dall’art. 391 c.p.c., si ritiene di compensare le stesse in ragione della novità della questione oggetto del ricorso.

PQM

La Corte dichiara estinto il giudizio e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016

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