Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12089 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/05/2017, (ud. 25/01/2017, dep.16/05/2017),  n. 12089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22681/2014 proposto da:

TRANSBUNKER GROUP LTD, P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI S. COSTANZA 46, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANCINI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO CIMINELLI,

giusta delega in atti;PU

– ricorrente –

contro

P.I., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO BERTOLONE, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 224/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 18/07/2014 R.G.N. 241/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 18 luglio 2014, la Corte d’appello di Genova revocava il decreto ingiuntivo ottenuto dal Tribunale di Genova da P.I. in danno di Transbunker Group Ltd, che condannava al pagamento, in favore del primo, della minor somma di Euro 31.436,44 (al lordo di rivalutazione e interessi legali fino al 30 aprile 2014), oltre accessori dal 1 maggio 2014: così parzialmente riformando la sentenza dello stesso Tribunale, che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società avverso il predetto decreto di ingiunzione del pagamento della somma di Euro 34.127,81 oltre accessori dalla maturazione dei singoli ratei, in favore del predetto per differenze tra compenso mensile dovuto in forza del contratto di collaborazione del 1 gennaio 2007 e minor importo corrisposto da gennaio 2009, nonchè la domanda riconvenzionale della stessa di restituzione di somme indebitamente percepite dal lavoratore per rimborso spese.

A motivo della decisione, la Corte territoriale riconosceva al lavoratore, alla luce della documentata prestazione di attività lavorativa secondo l’accordo contrattuale tra le parti e l’esecuzione datavi dalla società fino al 30 settembre 2011, gli emolumenti pattuiti nella convenuta divisa in euro e non in dollari (come invece versati da gennaio 2009), liquidati nella somma suindicata sulla base di esperita C.t.u. contabile.

Essa escludeva invece, in accoglimento sul punto dell’appello della società datrice, le differenze pari allo scarto tra le due valute in relazione alle spese sostenute da P., in difetto di prova di incongruità tra spese sostenute e importi rimborsati. Infine, la Corte ligure ribadiva il rigetto della domanda riconvenzionale della società, in assenza di prova della non spettanza dei rimborsi di spesa corrisposti al lavoratore. Con atto notificato il 26 settembre 2014, Transbunker Group Ltd ricorre per cassazione con quattro motivi, cui resiste P.I. con controricorso.

Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115, 167 c.p.c., art. 111 Cost., art. 409 c.p.c., art. 2222 c.c. e segg., art. 122, 184c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erroneo riconoscimento, in assenza di prestazione dell’attività lavorativa, della retribuzione in via monitoria, sull’assunto dell’autonomia da ogni indice quantitativo: prevedendo anzi l’art. 6.1 dell’accordo 1 gennaio 2007 tra le parti, di prestazione di lavoro autonomo, l’ancoraggio della retribuzione alla “quantità di giorni effettivi di lavoro” mensilmente prestato; avendo P.I. lavorato nel periodo d’interesse in favore di altre società partecipate dal sig. P. (al quale era legato da amicizia e per il quale si era occupato dell’istruzione e assistenza del figlio, oltre che dell’attività velistica in particolare di Transbunker Sailing Team), dalle quali aveva pure percepito importanti emolumenti, peraltro neppure contestati: con la conseguente estraneità dell’attività lavorativa prestata al rapporto di lavoro autonomo oggetto di controversia.

2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 62, 115, 167 c.p.c. e art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per arbitraria imputazione dal C.t.u., in assenza di riscontri, delle somme complessivamente bonificate al lavoratore, di importo (Euro 166.571,44 per rimborsi di spese e compensi) superiore a quello rivendicato, al primo titolo anzichè al secondo, in base a mere congetture, sulla sola certezza di somme complessivamente riconoscibili per rimborsi di spesa pari a Euro 27.177,90 (come ammesso dalla società datrice nè contestato dal lavoratore): con acritica recezione dalla Corte territoriale.

3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 111 c.p.c. (rectius: Cost.), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erroneo riconoscimento, senza motivazione, della prima ipotesi di calcolo del C.t.u. (eccedente le somme richieste dal lavoratore in via monitoria con il conteggio ivi allegato), anzichè della seconda, più conforme agli atti di causa e per cui spettante la minor somma di Euro 29.575,14.

4. Con il quarto, la ricorrente deduce violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 62, 115, 167 c.p.c. e art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erroneo rigetto della propria domanda riconvenzionale di restituzione di Euro 27.177,90 per rimborso di spese estranee all’attività lavorativa, in quanto sostenute nell’interesse del figlio del sig. P., come ammesso da controparte nelle memorie difensive.

5. Il primo motivo, relativo a violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115, 167 c.p.c., art. 111 Cost., art. 409 c.p.c. e artt. 2222 c.c. e segg., artt. 122, 184 c.p.c., per mancata prestazione da P.I. dell’attività per cui riconosciutagli la retribuzione, è inammissibile.

5.1. La violazione delle norme di legge denunciate non sussiste, in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).

5.2. Il mezzo consiste in una palese contestazione della valutazione probatoria e dell’accertamento in fatto del giudice di merito.

Ma l’accertamento e la valutazione compiuti dalla Corte territoriale sono insindacabili nell’odierna sede di legittimità, spettando a questa Corte la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale delle argomentazioni del giudice di merito, cui spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge; non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 marzo 2007, n. 5066): in presenza, come nel caso di specie, di una motivazione congrua e corretta (per le ragioni esposte dal terzo capoverso di pg. 4 al terzo di pg. 5 della sentenza).

6. Il secondo (violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 62, 115, 167 c.p.c., c.p.c. e art. 111 Cost., per arbitraria imputazione dal C.t.u. delle somme corrisposte al lavoratore, di importo superiore a quello rivendicato, a titolo di rimborso spese anzichè di compensi) e il terzo motivo (violazione dell’art. 111 Cost., per erroneo riconoscimento della prima anzichè della seconda ipotesi di calcolo del C.t.u.) possono essere congiuntamente esaminati, per ragioni di stretta connessione.

Essi sono inammissibili.

6.1. Non sono state confutate le argomentate ragioni di liquidazione delle differenze per i compensi dovuti nella somma di Euro 31.436,44, sulla base delle risultanze delle C.t.u. contabile: in tale misura “recepite dalla Corte perchè del tutto coerenti alle prove, orali e documentali, acquisite dovendosi peraltro registrare che gli esiti della perizia, nel loro profilo strettamente contabile, non sono stati nemmeno specificamente censurati dalla società” (quinto capoverso di pg. 5 della sentenza). Sicchè, i due mezzi vertono piuttosto su una contestazione nel merito delle risultanze della C.t.u., quale espressione di un mero dissenso, inammissibilmente inteso ad una loro rivalutazione nel merito (Cass. 13 agosto 2004, n. 15796; Cass. 3 febbraio 2012, n. 1652, con affermazione di principio ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., sia pure con più specifico riferimento a cd. dissenso diagnostico).

Essi risultano pertanto generici, in violazione della prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).

7. Il quarto motivo, relativo a violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 62, 115, 167 c.p.c. e art. 111 Cost., per erroneo rigetto della domanda restitutoria della società in via riconvenzionale per rimborsi estranei all’attività lavorativa, è pure inammissibile.

7.1. Anche qui è stata omessa la confutazione, ridondante nella genericità del mezzo (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202), delle argomentate ragioni di rigetto (per le ragioni esposte dal primo al sesto capoverso di pg. 6 della sentenza) della domanda riconvenzionale della società, a cui carico è stato correttamente posto l’onere probatorio quale attrice in ripetizione di indebito (Cass. 14 maggio 2012, n. 7501; Cass. 25 gennaio 2011, n. 1734): come esattamente ritenuto dalla Corte (al sesto capoverso di pg. 6 della sentenza), senza alcuna confutazione al riguardo.

8. Dalle superiori argomentazioni discende coerente l’inammissibilità del ricorso e la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna Transbunker Group Ltd alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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