Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12088 del 08/05/2019

Cassazione civile sez. II, 08/05/2019, (ud. 05/12/2018, dep. 08/05/2019), n.12088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3652-2015 proposto da:

M.L., M.O., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

G.PISANELLI 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

Z.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 353/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 18/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 353/14 del 29.4.2014, confermando la sentenza del Tribunale di Trieste n. 1010/2010, accoglieva la domanda proposta da Z.S., con la quale veniva chiesta la determinazione dei confini tra la sua proprietà e quella di O. e M.L. e la costituzione della servitù di passaggio a piedi e con mezzi meccanici sul fondo delle convenute.

1.1 La corte territoriale riteneva che, per la determinazione dei confini, non potesse farsi ricorso al titolo di proprietà, poichè la sentenza di usucapione era fondata sulle mappe catastali; aderiva, pertanto, alle risultanze della CTU, che individuava il confine, verificando i dati riportati nelle mappe catastali con i rilievi effettuati in loco e facendo ricorso al criterio equitativo.

1.2 Quanto alla costituzione della servitù di passaggio, la corte territoriale procedeva alla comparazione delle esigenze dei due fondi ed accertava che, mentre il fondo servente era costituito da una piccola striscia di terreno sostanzialmente priva di valore ed utilità, il fondo dominante aveva una destinazione agricola a vigna e poteva essere utilizzato per fini agricoli. Quindi, individuava il passaggio nel punto in cui il fondo servente era più stretto, al fine di cagionare il minor aggravio nella costituzione della servitù.

2. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso O. e M.L. sulla base di due motivi, illustrati con memorie depositate in prossimità dell’udienza.

2. 1 Ha resistito con controricorso Z.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve essere, preliminarmente, esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del dovere di specificità e chiarezza, in quanto riproducente una serie di atti contenuti nel fascicolo di merito dai quali sarebbe possibile cogliere la censura.

1.1 L’eccezione è infondata.

1.2 Nonostante il ricorso riproduca atti processuali del giudizio di merito in modo sovrabbondante, è, tuttavia, possibile cogliere le censure alla sentenza impugnata e la loro pertinenza rispetto alle rationes decidendi della sentenza impugnata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, non è viziato da inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., il ricorso per cassazione, che contenga copie fotostatiche o scannerizzate di atti relativi al giudizio di merito, ove, come nel caso in esame, la riproduzione integrale di essi sia preceduta da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta (Cass. civ. Sez. V Ord., 24/07/2018, n. 19562).

2. Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 950 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale individuato il confine tra i fondi unicamente in base al criterio di equità, senza fare ricorso ad altri mezzi di prova, tra cui la prova testimoniale e le risultanze dei dati catastali.

2.1 Il motivo è infondato.

2.2 Ai sensi dell’art. 950 c.c., quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari ne può chiedere l’accertamento giudiziale. Al fine dell’individuazione del confine, è ammesso ogni mezzo di prova, ed in mancanza di altri elementi, è previsto l’utilizzo sussidiario delle mappe catastali (Cass. civ. Sez. II Sent., 29/12/2009, n. 27521).

Il ricorso al sistema di accertamento sussidiario costituito dalle mappe catastali è consentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nell’ipotesi in cui questi (per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attendibilità) risultino, secondo l’incensurabile apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine (Cassazione civile sez. II, 06/06/2017, n. 14020).

Quando poi, non sia possibile pervenire a determinazioni certe nemmeno in base ai dati catastali, può farsi ricorso al criterio equitativo (Cass. civ. 31/08/1966, n. 2297).

Il principio deriva dal carattere di vindicatio duplex incertae partis dell’azione, svincolata dal principio actore non probante reus absolvitur, in virtù della quale, il confine deve essere determinato dal giudice in relazione a quegli elementi che gli sembrano attendibili (Cass. civ., 08/11/1985, n. 5459).

2.3 Nella specie, la corte territoriale ha ritenuto, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, che il confine tra i due fondi non fosse individuabile attraverso i titoli di proprietà, in quanto O. e M.L. erano divenute proprietarie per usucapione della particella immobiliare, a seguito di un giudizio deciso sulla base delle mappe catastali. Per tale ragione, la Corte d’Appello, aderendo alle conclusioni del CTU, faceva ricorso al confine catastale apportandovi alcune correzioni, sulla base dei dati riscontrati in loco, in modo da far coincidere i punti noti e gli allineamenti certi individuati.

Secondo l’apprezzamento del giudice di merito, il criterio sussidiario utilizzato era l’unico attraverso il quale la dimensione catastale coincideva con la dimensione reale del fondo, data anche l’irrilevanza delle prove testimoniali, vertenti su fatti utili ad accertare il possesso e l’usucapione, ma non il confine tra i due fondi.

Non vi è, quindi, la violazione o falsa applicazione dell’art. 950 c.c., poichè la scelta del criterio dell’equità è avvenuta dopo un’accurata disamina degli altri criteri ritenuti non esaustivi.

2.4 Quanto al profilo concernente il vizio motivazionale, la Corte d’Appello ha ampiamente dato conto (cfr. pp. 4-8 dell’impugnata sentenza) delle ragioni per cui la linea di confine tra i due fondi andava tracciata in conformità delle risultanze della CTU, che ha tenuto conto delle mappe catastali, ed in ogni caso non sarebbe neppure più denunciabile.

3. Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti lamentano la falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 1051 c.c., per avere la corte territoriale costituito una servitù di passaggio molto più ampia di quella goduta, di fatto, dal proprietario del fondo dominante, in assenza di qualsivoglia prova circa la destinazione d’uso del fondo intercluso. Quindi, le ricorrenti ritengono che la corretta applicazione della norma di cui all’art. 1051 c.c. avrebbe comportato la costituzione del diritto di servitù di passaggio pedonale, negli esatti termini in cui è sempre stato esercitato.

3.1 Il motivo è infondato.

3.2 L’art. 1051 c.c. riconosce al proprietario di un fondo intercluso il diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo. Tale passaggio “si deve stabilire in quella parte in cui l’accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minor danno al fondo sul quale è consentito”.

3.3 Questa Corte ha affermato che, laddove sussista interclusione, per stabilire se la servitù debba essere costituita solo per il passaggio pedonale o anche per il transito dei veicoli, è necessario procedere alla valutazione comparativa degli opposti interessi da tutelare (Cass. Civ. 1558/1989).

3.4 La corte territoriale ha accertato che, mentre il fondo servente era costituito da una minuscola striscia di terreno priva di valore, il fondo dominante era potenzialmente destinato a vigna ed utilizzabile come terreno agricolo o deposito materiale.

In tal modo, il giudice di merito ha correttamente proceduto alla comparazione degli interessi, sulla base delle caratteristiche e della destinazione dei fondi, e, con apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimità, ha indicato il passaggio nel punto in cui il fondo servente era più stretto, ritenendo irrilevante il pregresso esercizio del passaggio, non essendo il titolo costitutivo della servitù basato sull’usucapione.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

5.1 Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie, nella misura del 15%, Iva e cap come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 5 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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