Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12082 del 16/05/2017

Cassazione civile, sez. lav., 16/05/2017, (ud. 11/01/2017, dep.16/05/2017),  n. 12082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13381-2011 proposto da:

P.N., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

UGO OJETTI 409, presso lo studio dell’avvocato ANNA SCARPONI,

rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCO SAVERIO LUBRETO,

NICOLA PICA, GIUSEPPE FONTANAROSA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA DELLE PALUDI DI NAPOLI E VOLLA, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 88, rappresentato e

difeso dall’Avvocato SANTONI FRANCESCO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6416/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/11/2010 r.g.n. 5833/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2017 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato NICOLA PICA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di Appello di Napoli ha respinto l’appello proposto dall’Avvocato P.N. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dal P. nei confronti del Consorzio di Bonifica delle Paludi di Napoli e Volla per ottenere il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella qualifica di dirigente, con decorrenza dal 18.4.1995, e la condanna del Consorzio al pagamento di differenze retributive.

2. La Corte territoriale, esaminate le deposizioni testimoniali, ha ritenuto che non era stato provato che l’appellante avesse collaborato in via immediata e diretta ed in termini di esclusività con il Direttore del Consorzio e che il servizio legale raggruppasse più settori operativi (legale e contenzioso) dotati di autonomia funzionale ed organizzativa. Ha accertato, inoltre, che con l’appellante lavorava un solo impiegato, che non dipendeva gerarchicamente dal P., che la collaborazione di altri soggetti era stata occasionale e limitata, che non era rimasto dimostrato che non vi fosse un rapporto gerarchico tra l’avvocato P. ed il Dirigente amministrativo rag. C., che l’attivita del P. non era stata caratterizzata da autonomia e discrezionalità tanto ampia da influire sulla conduzione dell’intera azienda o di un suo ramo autonomo e non circoscritta ad un settore. Ha ritenuto non riferibile l’attività svolta dal P. al profilo professionale dirigenziale di Direttore di servizio, di cui al CCNL Consorzi di Bonifica e dal Piano Operativo Variabile (POV), previsto dall’art. 3 del CCNL. Ha ritenuto infondata la rivendicazione relativa alla attribuzione dei diritti ed onorari di avvocato in considerazione della qualifica di lavoratore subordinato rivestita dal P., iscritto nell’albo speciale previsto dalla legge professionale.

3. Avverso detta sentenza l’Avvocato P.N. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, ciascuno articolato in più profili di censure, al quale ha resistito con controricorso il Consorzio di Bonifica delle Paludi di Napoli e Volla.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi di ricorso.

4. Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sub A): insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo del giudizio relativo all’esistenza del requisito del rapporto di diretta collaborazione con il Commissario Regionale o con il Direttore Generale, per non avere la Corte territoriale tenuto conto delle deposizioni rese dai testi; sub B): motivazione viziata per violazione di legge ed erronea interpretazione dell’ all’art. 2, comma 1, lett. d) del CCNL, per avere la Corte territoriale ritenuto che la collaborazione con il Direttore o con il Commissario dovesse configurarsi come esclusiva e non solo diretta; sub C): omessa motivazione in merito al rapporto di diretta collaborazione tra esso ricorrente ed il Commissario o il Direttore Generale per non avere la Corte territoriale ritenuto provato che lo svolgimento dell’attività di avvocato comportasse un rapporto di diretta collaborazione con i vertici aziendali, nonostante in tal senso avessero riferito i testi escussi e per avere trascurato la circostanza che esso ricorrente insieme al direttore generale era l’unico dipendente in possesso del diploma di laurea; sub D): erronea motivazione, per non avere considerato che, ai sensi dell’art. 17 del CCNL, il possesso del diploma di laurea costituisce requisito inderogabile per l’accesso alla qualifica dirigenziale.

5. Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sub E): insufficiente motivazione della sentenza nella parte in cui è stato escluso il rapporto di dipendenza gerarchica di esso ricorrente con i vertici aziendali e ritenuto, invece, sussistente siffatto rapporto tra esso ricorrente e altro dipendente sulla scorta della circostanza che detto dipendente prendesse atto delle sentenze rese nei giudizi patrocinati da esso ricorrente e ne discutesse con esso ricorrente e predisponesse le delibere di incarico professionale; sub F): vizio di motivazione per avere la Corte territoriale in violazione dell’art. 2094 c.c.ricostruito in termini subordinanzione gerarchica il rapporto tra esso ricorrente ed altro dipendente sull’unico rilievo che entrambi discutessero delle sentenze emesse nei giudizi patrocinati dal P.; sub G): vizio di motivazione per violazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, u.c., lett. b) in relazione all’art. 2 del CCNL per avere la Corte territoriale affermato la necessità di un rapporto gerarchico tra gli avvocati dipendenti che esercitano le funzioni professionali ed il personale amministrativo rivestente qualifica dirigenziale.

6. Con il terzo motivo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sub H): vizio di motivazione per avere la Corte territoriale, con riferimento al diritto alla qualifica superiore erroneamente ritenuto che la mancata previsione nel POV del servizio legale articolato in due distinti settori (legale e contenzioso) fosse di ostacolo al riconoscimento di siffatto diritto e per avere ritenuto che non fosse risultata provata siffatta articolazione in due distinti servizi nei quali erano stati occupati dipendenti di 6^ qualifica funzionale; sub I) per insufficiente motivazione, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare l’ordine di servizio del direttore generale del Consorzio n. 65 del 18.10.2001, che aveva disposto che il lavoratore M. avrebbe dovuto fare capo ad esso ricorrente e per avere escluso la continuità della collaborazione con esso ricorrente di altri dipendenti nonostante l’ordine di servizio del direttore generale n. 66 del 2002, che aveva previsto la loro permanenza nel servizio legale da gennaio a maggio 2002.

7. Con il quarto motivo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sub L): vizio di motivazione per violazione di legge per avere la Corte territoriale escluso che esso ricorrente rappresentava il Consorzio, il carattere autonomo e l’importanza delle funzioni da esso svolte, in violazione della disposizione contenuta nel R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, comma 4, lett. b) che attribuisce ai legali degli enti forniti di procura generale il diritto di transigere e conciliare le liti; sub M): insufficiente ed omessa motivazione per avere la Corte territoriale negato il possesso da parte di esso ricorrente dei requisiti propri della qualifica dirigenziale senza tenere conto del fatto che dalla documentazione prodotta emergeva che esso P. competevano i poteri sostitutivi del commissario e di rappresentanza giudiziale ed extragiudiziale, poteri non attribuiti a nessun altro dipendente.

8. Con il quinto motivo è denunciata sub N) violazione dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2099 c.c., per avere la Corte territoriale escluso la cumulabilità delle mansioni di Avvocato del Consorzio e dei compiti amministrativi e per non avere considerato che nel POV non erano previste le mansioni svolte da esso ricorrente, che detto documento rinviava ad un ordine di servizio del Presidente dell’Ente mai adottato; asserisce che avrebbe dovuto essere riconosciuto il diritto ad una retribuzione differenziata rispetto a quella degli altri dipendenti, il cui ammontare avrebbe dovuto essere determinato equitativamente dal giudice del merito ai sensi dell’art. 36 Cost..

Esame dei motivi.

9. Tutti i motivi del ricorso, al di là della titolazione delle rubriche, si muovono, nelle parti argomentative, su binari di incerto confine tra le ragioni di violazione e falsa applicazione delle norme di legge e della contrattazione collettiva (vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e di vizi motivazionali (denunciabili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), secondo uno schema argomentativo non lineare e di disagevole lettura, che; pur frazionando le ragioni delle singole censure, non consente di riferire con certezza le doglianze formulate all’uno o all’altro dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e di identificare agevolmente il “devolutum” (Cass. SS.UU. 26242/2014, 23675/2013, 25044/ 2013; 17739/2011).

10. Per quanto è possibile ricavare dalla lettura del ricorso va rilevato che le censure formulate nel primo motivo sub A) e C), nel secondo motivo sub E), nel terzo motivo sub H) ed I), nel quarto motivo sub M) presentano profili di inammissibilità nella parte in cui si risolvono nella critica della valutazione del materiale probatorio e mirano al riesame del merito della vicenda, non consentito in sede di legittimità (Cass. SSU 24148/2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208 /2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005).

11. Ulteriore profilo di inammissibilità consegue anche al fatto che i vizi motivazionali sono formulati con riferimento ad atti e documenti (verbali delle udienze nel corso delle quali furono raccolte le prove orali, POV, Delib. 18 ottobre 2001, n. 65 e Delib. n. 66 del 2002), il cui contenuto non è riportato nel ricorso, nemmeno nelle parti salienti e rilevanti, nè risulta indicata la specifica sede di produzione processuale di detti atti (Cass., SS. UU 22726/2011; Cass. 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010, 15898/2008).

12. Il primo motivo di ricorso, sub B) e D), il secondo sub F) e sub G), il terzo sub H), il quarto sub L) ed il quinto sub N) sono inammissibili nella parte in cui il vizio di violazione di legge è riferito alla motivazione. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguarda, infatti, solo la motivazione in fatto, giacchè quella in diritto può sempre essere corretta o meglio esplicitata, sia in appello che in cassazione (art. 384 c.p.c., u.c.), senza che la sentenza impugnata ne debba in alcun modo soffrire. Rispetto alla questione di diritto ciò che conta è, infatti, che la soluzione adottata sia corretta ancorchè malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge o falsa od erronea sua applicazione (ex multis Cass. 12104/2014, 12198/2014, 26395/2013, 1639/2012; Ord. 15116/2015). Ebbene, con i motivi sopra richiamati il ricorrente addebita alla Corte territoriale non l’errore di diritto ma l’insufficiente o carente contraddittoria motivazione, e ciò fa senza esplicitare in che modo e perchè ed in violazione di quali principi di diritto, artt. 2103 e art. 2099 c.c., il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, gli artt. 3 e 17 CCNL, siano state violati, erroneamente interpretati ovvero malamente applicati alla fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 23675/2013, 25044/2013, 17739/2011, 7891/2007).

13. Va, comunque, rilevato che le censure correlate alla dedotta violazione degli artt. 2103 e 2099 c.c., e degli artt. 3 e 17 del CCNL non infirmano il puntuale, lineare e corretto iter argomentativo esposto nella sentenza impugnata. Essa ha ricostruito la definizione del profilo professionale sulla scorta del dato testuale della clausola collettiva; ha desunto dalla formulazione letterale di quest’ultima (il cui contenuto è riportato nella sentenza stessa) il tratto che connota il profilo del “direttore di servizio”, rinvenendolo nella esclusività del rapporto di gerarchia nei confronti del direttore e nella preposizione ad uno dei tre servizi fondamentali (amministrativo, tecnico ed agrario), secondo la nozione datane dalla disposizione contrattuale (“unità organizzativa autonoma che raggruppa più settori operativi dell’attività istituzionale ordinaria e straordinaria, dotati di autonomia funzionale ed organizzativa”); ha escluso la sussumibilità dell’attività svolta dal ricorrente (mansioni amministrative e funzioni di difesa dell’ente) al profilo rivendicato con attenta ricognizione del materiale probatorio acquisito al giudizio, quanto alla organizzazione del servizio legale ed al rapporto di dipendenza gerarchica nei confronti del dirigente Amministrativo; ha escluso che il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza, necessario per l’attività di difesa in giudizio, costituisse da sè solo requisito per l’inquadramento nella rivendicata qualifica dirigenziale.

14. Quanto al POV la Corte territoriale ne ha affermato la vincolatività, ai fini del giudizio di sussunzione ex art. 2103 c.c., avendo rilevato che a questo atto orgnizzativo fa rinvio l’art. 3 del CCNL applicato al rapporto dedotto in giudizio e sul punto le doglianze formulate dal ricorrente non colgono nel segno.

15. Sulla alla riconducibilità dell’attività di Avvocato alla qualifica dirigenziale, le doglianze non tengono conto del fatto che la Corte territoriale ha correttamente ritenuto come tratto connotante della qualifica dirigenziale il potere sostitutivo nel senso di partecipazione ai rilevanti poteri decisionali, potere sostitutivo ben diverso da quello implicato dalla difesa in giudizio dell’Ente, ed ha rilevato che l’esercizio delle funzioni difensionali proprie dell’Avvocato, pur pregnanti ed importanti nell’ambito dell’attività dell’Ente, non era sufficiente da sè solo per l’attribuzione della qualifica dirigenziale, perchè le scelte difensive di rilievo erano affidate agli organi di vertice del Consorzio e non al P., il quale svolgeva la funzione di Avvocato nell’ambito di dette scelte, sia pure con i poteri propri del difensore nella fase contenziosa giudiziale.

16. Sono, del pari, infondate le censure formulate con riguardo alla subordinazione gerarchica, avendovi la Corte territoriale fatto riferimento, come evidenziato al punto 13 di questa sentenza, per escludere la relazione diretta ed immediata tra il ricorrente e gli organi di vertice dell’Ente. Va rilevato che, contrariamente, a quanto sembra opinare il ricorrente al giudice non è consentito superare l’assetto organizzativo che l’autonomia negoziale collettiva ha costruito attraverso le clausole che delineano l’inquadramento del personale nè, tampoco, di individuare posizioni dirigenziali laddove non sono state previste all’interno dell’Ente.

17. Infine, la sentenza impugnata è immune dalle censure formulate nell’ultimo motivo del ricorso, atteso che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 che attribuisce alla contrattazione collettiva la disciplina del trattamento economico fondamentale ed accessorio dei pubblici dipendenti ed ha rilevato, senza alcuna censura sul punto, che la retribuzione prevista dal CCNL applicato al rapporto di lavoro dedotto in giudizio ricompensava l’attività svolta in relazione alla qualifica rivestita.

18. Sulla scorta delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato.

19. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00, per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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