Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12082 del 08/05/2019

Cassazione civile sez. II, 08/05/2019, (ud. 03/10/2018, dep. 08/05/2019), n.12082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21775-2014 proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di NAPOLI, in persona del Presidente

della Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, LARGO CARLO GOLDONI 47, presso lo studio dell’avvocato GENNARO

FAMIGLIETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALDO DI FALCO;

– ricorrente –

contro

A.S.L. NAPOLI (OMISSIS) CENTRO, in persona del Direttore Generale

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

RICCIO, rappresentata e difesa dall’avvocato INNOCENZO MILITERNI;

A.R.P.A.C. – AGENZIA REGIONALE per la PROTEZIONE AMBIENTALE CAMPANIA,

in persona del Commissario e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso la rappresentanza della

Regione Campania, VIA POLI 29, rappresentata e difesa dall’avvocato

LUCIA RUGGIERO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2691/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/10/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

Fatto

RITENUTO

che:

– il Tribunale di Napoli ha accolto la domanda dell’Amministrazione Provinciale di Napoli contro la A.S.L. Napoli (OMISSIS) Centro, di rilascio di porzioni di immobili siti in (OMISSIS), e di condanna dell’ente occupante al pagamento di una indennità per l’occupazione;

– la A.S.L. ha proposto appello contro la sentenza, reiterando la domanda di rivendicazione della proprietà degli immobili fondata sulla applicazione della disciplina L. n. 833 del 1978, ex art. 66 e del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5;

– nel giudizio d’appello interveniva l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania, assumendo di essere proprietaria, virtù di successione ex lege, della porzione immobiliare già rivendicata dalla A.S.L.;

– la Corte d’appello di Napoli ha accolto la domanda della A.S.L., intesa al riconoscimento dell’avvenuto trasferimento della proprietà dell’immobile, rigettando correlativamente la domanda di rilascio proposta dalla Provincia;

– ha aggiunto che, nel corso del presente giudizio, il Presidente della Giunta Regionale della Campania, con decreto del 22 marzo 2001, aveva formalmente trasferito in proprietà all’ASL Napoli (OMISSIS) l’immobile in controversia;

– ha riconosciuto all’interveniente in appello la qualità di acquirente a titolo particolare del diritto controverso in corso di causa;

-per la cassazione della sentenza l’Amministrazione Provinciale di Napoli ha proposto ricorso affidato a due motivi;

– la A.S.L. Napoli (OMISSIS) Centro e la Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (A.R.P.A.C.) hanno resistito con contro ricorso;

– la A.S.L. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo di ricorso denuncia falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, art. 66 della L.n. 57 del 1980, art. 22 della Regione Campania e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio;

– sostiene la ricorrente che dalle norme in materia si ricava un principio chiaro e univoco, in forza del quale il trasferimento previsto dalla L. n. 833 del 1978, art. 66 è strettamente limitato ai soli beni e attrezzature appartenenti alle province già destinati ai servizi igienici sanitari;

– la corretta applicazione di tali principi avrebbe dovuto indurre la corte di merito a considerare che la destinazione d’uso di un immobile si identifica con l’uso che in concreto ne fa il soggetto che l’utilizza;

– tale principio, al contrario, è stato del tutto disatteso dalla corte di merito, che ha posto l’accento esclusivamente sulla destinazione edilizia del fabbricato, come programmata in vista della costruzione, e non sulla reale e concreta utilizzazione dell’immobile, che notoriamente non era utilizzato per scopi sanitari, ma adibito a uffici amministrativi;

– la ricorrente sottolinea che la normativa prevede il trasferimento degli edifici già destinati dalle Province a servizi igienico sanitari alla data di entrata in vigore della L. n. 833 del 1978, non dei beni da destinare in futuro ad attività sanitarie;

– occorre ancora considerare che la corte d’appello, pur riconoscendo la destinazione a servizi igienici sanitari dell’intero edificio (unico e mai frazionato), ha poi limitato il trasferimento solo a una minima parte dei locali, in pratica ai solo locali che erano stati occupati dalla A.S.L. dopo l’entrata in vigore della L. n. 833 del 1978, facendo così coincidere la destinazione sanitaria con l’occupazione;

– del resto, secondo la ricorrente, una ulteriore conferma di quanto sopra si ricavava dalla condotta della stessa A.S.L., la quale, condannata al pagamento di una cospicua somma per l’occupazione senza titolo, aveva omesso di impugnare la relativa sentenza;

– quanto al provvedimento del Presidente della Giunta (di trasferimento del bene), esso era intervenuto tardivamente, quando i tempi accordati dalla normativa regionale per la ricognizione degli edifici interessati dal trasferimento imposto dalla nuova disciplina erano ampiamente decorsi;

– il secondo motivo ripropone le medesime censure sotto il profilo di un’errata applicazione del principio di diritto espresso in materia delle Sezioni Unite con le sentenze n. 4206/2007 e 15659/2006 sul carattere legale e automatico del trasferimento;

– i motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono infondati;

– la ricorrente identifica alcuni fatti storici, costituiti dalla venuta ad esistenza del bene dopo l’entrata in vigore della L. n. 833 del 1978 e dalla mancata attuazione della destinazione programmata dalla Provincia in vista della costruzione;

-si insiste ancora sulla concreta destinazione dei locali a uffici amministrativi e non a servizi igienici sanitari;

– posti tali fatti, che la ricorrente dà per acquisiti, l’errore di diritto in cui è incorsa la sentenza è essenzialmente identificato in ciò: la corte ha applicato la normativa sul trasferimento anche in riferimento a edifici che, alla data di entrata in vigore della L. n. 833 del 1978, non erano destinati a servizi sanitari e per i quali tale destinazione, solo programmata a quella data, non ha poi avuto seguito;

– si deve tuttavia obiettare che la ricostruzione in fatto, sottesa a tale critica, non rispecchia il reale contenuto della sentenza impugnata (Cass. n. 15499/2004);

– invero la corte di merito, in replica alla deduzione dell’ente appellato secondo cui l’immobile non poteva ritenersi trasferito all’ASL, non essendo sorto il vincolo di destinazione, in quanto alla data di entrata in vigore della L. n. 833 del 1978, esso non era destinato a servizi igienici sanitari, ma a uffici amministrativi – ha rilevato che l’amministrazione provinciale non ha fornito “alcun utile elemento di riscontro in ordine a tali argomentazione difensive, e ciò sia prima che successivamente all’emissione ed alla produzione in giudizio del D.P. Giunta 22 marzo 2001, n. 509”;

– si legge ancora testualmente nella sentenza impugnata: “per contro, puntuali e significativi e incontestati riscontri positivi della negata e originaria destinazione ad attività sanitaria dei beni in questione emergono dalle risultanze processuali”, in particolare dai documenti riguardanti la fase di rilascio della concessione edilizia per la costruzione del fabbricato e inoltre dalla sentenza del Tribunale di Napoli n. 1073/2001, “prodotta dall’amministrazione appellata, da cui risulta che, nel richiedere la condanna dalla U.S.L. (OMISSIS) al pagamento di somme a titolo di indebito arricchimento per la abusiva occupazione degli immobili oggetto del presente giudizio, ha atto risalire l’inizio dell’occupazione al 1 gennaio 1981”;

– insomma, nella specie, non è in discussione la correttezza dell’interpretazione delle norme data dalla corte d’appello, ma la ricostruzione del fatto, attualmente censurabile in cassazione esclusivamente sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., S.U., n. 8053/2014);

-in verità il riferimento all’omesso esame è menzionato nella rubrica del primo motivo, tuttavia la rubrica non corrisponde all’effettivo contenuto della censura, che investe la ricostruzione dei fatti in quanto tale, proponendo una lettura alternativa degli elementi acquisiti alla causa, non consentita in cassazione;

– i fatti storici indicati nel motivo, e cioè la venuta ad esistenza del bene dopo l’entrata in vigore della legge e l’occupazione di una parte soltanto dei locali al fine dell’esercizi di attività sanitarie, sono stati considerati dalla corte di merito;

– non si lamenta quindi un omesso esame nel senso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma un vizio di motivazione, sotto il profilo che la corte di merito non ha tratto da quei fatti le conseguenze che la ricorrente ritiene corrette;

– la ricorrente individua poi una contraddizione fra la destinazione dell’edifici a servizi sanitari, postulata con riferimento all’intero edificio, e la limitazione del trasferimento solo ad alcun locali;

– ora, ammesso e non concesso che tale contraddittorietà sia in effetti ravvisabile, essa riguarderebbe non l’applicazione della norma, ma ancora una volta la ricostruzione del fatto, fermo restando che la contraddittorietà della motivazione non è sindacabile in cassazione come tale (Cass. n. 8053/2014 cit.);

– in conclusione il ricorso è rigettato;

– spese compensate;

– poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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