Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12081 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/05/2017, (ud. 11/01/2017, dep.16/05/2017),  n. 12081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1923-2015 proposto da:

CAREMAR CAMPANIA REGIONALE MARITTIMA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO GRISANTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato EMILIO BALLETTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

ALESSANDRO MAGNI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ANNAPAOLA SANTARONI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8639/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/01/2014 R.G.N. 9121/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2017 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

udito l’Avvocato BALLETTI EMILIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza resa pubblica il 17/1/2014, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava l’illegittimità del licenziamento per,giusta causa intimato in data 10/7/2007 dalla Caremar spa nei confronti del direttore di macchina I.A., lo reintegrava nel posto di lavoro e condannava la società datoriale al risarcimento del danno ai sensi della L. n. 300 del 1970, ex art. 18.

Nei pervenire a tali approdi la Corte distrettuale, per quanto in questa sede rileva, osservava che gli esiti della espletata attività istruttoria avevano consentito di acclarare l’infondatezza del principale addebito formulato nell’atto di incolpazione, e consistito nella illecita sottrazione di venti litri di gasolio agevolato di proprietà della Caremar spa. Quanto all’ulteriore contestazione relativa alla clandestina introduzione a bordo di un automezzo non autorizzato, reputava non proporzionata l’applicazione della sanzione espulsiva, attagliandosi alla mancanza disciplinare, più propriamente, una sanzione di tipo conservativo, non essendo la condotta obiettivamente accertata – idonea a ledere il vincolo fiduciario sotteso al rapporto di lavoro inter partes.

Avverso tale pronuncia interpone ricorso per Cassazione la società affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso l’intimato.

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve esaminarsi in via pregiudiziale, la questione della tempestività del ricorso richiamata dal controricorrente in sede di memoria illustrativa.

Essa è destituita di fondamento.

In materia di cosiddetto termine lungo di impugnazione, l’art. 327 c.p.c., come novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46 mediante riduzione del termine da un anno a sei mesi, si applica, ai sensi dell’art. 58 medesima legge, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore a quella data (cfr. Cass. 4/5/2012 n. 6784 cui adde Cass. 8/7/2015 n. 14267).

Nello specifico, il giudizio risulta introdotto con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato in data 25/1/2008.

Ne deriva che il ricorso proposto in sede di legittimità dalla Caremar s.p.a., notificato in data 16 gennaio 2015, è tempestivo, in quanto proposto entro il termine annuale applicabile alla fattispecie scrutinata e decorrente dal deposito della sentenza di appello in data 17 gennaio 2014, cui non ha fatto seguito alcun procedimento notificatorio.

2. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, artt. 2697 – 2735 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e comunque, nn. 3 e 4.

Si critica la sentenza impugnata per aver ritenuto non provato l’addebito relativo alla illecita sottrazione di carburante solo sulla scorta del documento di certificazione del 30/8/2007 relativa agli esiti degli accertamenti condotti dalla Agenzia delle Dogane di Bari e sulla asserita rilevanza indiziaria di una ricevuta di pagamento del carburante.

Si lamenta che la Corte distrettuale abbia del tutto omesso di considerare specifici fatti, ritualmente acquisiti, e decisivi per il giudizio, in quanto idonei a superare ex se, i diversi elementi addotti dal giudicante a sostegno del decisum.

In particolare si stigmatizza l’omessa considerazione del decreto di citazione a giudizio 22-29 gennaio 2008, emesso sulla base dl provvedimento del GIP del Tribunale di Napoli in data 7-10 gennaio 2008, nonchè delle ulteriori deposizioni testimoniali dalle quali si desumeva che lo I. aveva effettivamente caricato la tanica contenente il carburante di proprietà Caremar sul proprio veicolo che aveva collocato a bordo della nave.

3. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, artt. 2697 – 2735 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e comunque, nn. 3 e 4.

Si ribadisce la critica inerente alla valutazione del materiale istruttorio acquisito che si ritiene non condotta secondo i criteri del prudente apprezzamento sanciti dalle richiamate disposizioni del codice di rito.

Con particolare riferimento alla ricevuta di provenienza della ditta F.lli A., recante un costo maggiore rispetto al notorio valore dell’epoca di venti litri di gasolio, si deduce che si tratta di elemento di nessun valore probatorio, in quanto recante solo riferimento al veicolo di proprietà I..

Si lamenta altresì che la Corte abbia tralasciato di considerare l’ammissione dell’addebito desumibile dal verbale di sequestro della Guardia di finanza.

4. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5 artt. 2697 – 2735 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

Critica la sentenza impugnata per non avere considerato quale giusta causa di licenziamento, l’illegittima detenzione e trasporto a bordo della motonave mediante il proprio automezzo, di venti litri di gasolio sfuso, al di là della comprovata illegittima sottrazione dello stesso.

Rimarca, quindi, la gravità della condotta in sè, ritenuta integrante una giusta causa di recesso, stante il divieto di detenzione a bordo di sostanze infiammabili o pericolose sancito dal codice della navigazione.

5. Con il quarto mezzo di impugnazione si stigmatizza la sentenza impugnata, sotto il profilo di violazione di legge, error in procedendo e vizio di motivazione, per aver giudicato non proporzionata la sanzione inflitta dalla società rispetto alle mancanze ascritte al dipendente.

6. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, vanno disattesi.

Per il tramite del vizio di violazione di legge, si tende, in realtà a pervenire ad una rinnovata valutazione degli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito all’esito dello scrutinio del materiale istruttorio, non consentita nella presente sede di legittimità.

Questa Corte ha infatti più volte affermato il principio, che va qui ribadito, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sedè di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (vedi ex plurimis, Cass. 11/1/2016 n. 195).

Nella specie ricorre proprio siffatta ipotesi in quanto la violazione di legge viene dedotta mediante la contestazione della valutazione delle risultanze di causa la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Non può, peraltro, mancarsi di considerare che i motivi tendono a conseguire una rivisitazione degli approdi ermeneutici ai quali è pervenuta la Corte, che si palesa inammissibile in questa sede di legittimità anche alla luce dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella versione di testo applicabile ratione temporis, di cui alla novella del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, del pari invocato dalla ricorrente unitamente alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 a sostegno delle censure svolte.

Nella interpretazione resa dai recenti arresti delle Sezioni Unite di questa Corte, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi (vedi Cass. S.U. 7/4/2014 n.8053), la disposizione va infatti letta in un’ottica di riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Scompare, quindi, nella condivisibile opinione espressa dalla Corte, il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta quello sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata.

Il controllo previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 concerne, quindi, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo.

L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra, poi, l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.

7. Applicando i suddetti principi alla fattispecie qui scrutinata, non può prescindersi dal rilievo che tramite la articolata censura, la parte ricorrente, contravvenendo ai detti principi, sollecita un’inammissibile rivalutazione dei dati istruttori acquisiti in giudizio, esaustivamente esaminati dalla Corte territoriale, auspicandone un’interpretazione a sè più favorevole, non ammissibile nella presente sede di legittimità.

Invero, non può sottacersi che il principio fondante da cui muove l’iter argomentativo che innerva l’impugnata sentenza, muove dalla disamina, in fatto, della lettera recante gli addebiti mossi al dipendente e dal principio, in diritto, di immutabilità della contestazione.

La Corte distrettuale ha argomentato che l’atto di incolpazione formulato nei confronti del direttore di macchina concerneva il rinvenimento su un automezzo Piaggio di proprietà dello I., “di una grossa tanica…all’interno della quale erano contenuti più di venti litri di gasolio agevolato…illecitamente sottratti alla società…”. Il capo di contestazione si fondava sul presupposto che il gasolio rinvenuto a bordo del veicolo condotto dallo I. fosse di tipo agevolato e pertanto, di sicura provenienza dei serbatoi della nave: di qui l’imputazione per furto aggravato e la citazione a giudizio del lavoratore come da provvedimento GIP del 7-10 gennaio 2008.

La Corte ha tuttavia, rimarcato come tale presupposto risultasse poi confutato dalle risultanze documentali, avuto riguardo, in particolare, alla certificazione del 30/8/2007 relativa agli esiti degli accertamenti condotti dalla Agenzia delle Dogane di Bari sul campione sequestrato, e definito quale “prodotto avente caratteristiche fiscali di olio da gas (gasolio) non contiene coloranti e denaturanti previsti per gli usi agevolati”.

Ha quindi osservato come il teste Mo. “entrato in servizio alle ore 8,00 del 19 maggio” avesse “rilevato che il quantitativo di carburante annotato era corrispondente a quello presente a bordo”, non omettendo il rilievo circa la produzione, da parte ricorrente di “una ricevuta dei F.11i Ambrosio per una somma coerente con il quantitativo di gasolio acquistato che, pur non avendo l’efficacia probatoria di uno scontrino e/o di una ricevuta fiscale”, costituiva un elemento indiziario che aveva rinvenuto riscontro nei sopra indicati esiti delle indagini di laboratorio. La Corte, infine, ha ritenuto che “non può attribuirsi rilevanza probatoria dirimente alle dichiarazioni di contenuto confessorio rese dallo I.” agli agenti della Guardia di Finanza.

8. L’incedere argomentativo della Corte territoriale, non risponde, dunque, ai requisiti dell’assoluta omissione, della mera apparenza ovvero della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta che avrebbero potuto giustificare l’esercizio del sindacato di legittimità.

Con peculiare riferimento al primo motivo, va infatti, in via ulteriore osservato che il giudice dell’impugnazione non è incorso nel denunciato vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, avendo tenuto ben presente il provvedimento del G.I.P. di Napoli in data 7-10/1/2008 (espressamente menzionato a pag. 4 della impugnata sentenza), ma reputando che le circostanze ivi illustrate, fossero confutate dai numerosi elementi di natura probatoria ed indiziaria, acquisiti in giudizio, e ritenuti inidonei a fondare un giudizio di responsabilità in relazione al principale addebito formulato nei confronti del lavoratore, concernente l’appropriazione del gasolio prelevato dai serbatori della motonave.

Le censure formulate con il secondo e terzo motivo di doglianza, afferiscono al difetto di valutazione delle acquisizioni probatorie che, come dedotto, esulano dal sindacato di legittimità a fronte di una motivazione che risponde ai requisiti del minimo costituzionale come enunciati da questa Corte nei citati approdi.

La critica attinente al requisito di proporzionalità della sanzione espulsiva, introdotta con la quarta censura, è, del pari, priva di pregio ove si consideri il principio affermato da questa Corte secondo cui la giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della ricorrenza concreta degli elementi ò del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici (vedi Cass. 26/4/2012 n. 6498).

Nello specifico, la ricorrente censura la concreta applicazione del principio da parte della Corte distrettuale la quale, per contro, nel ritenere comprovato – all’esito dello scrutinio del materiale probatorio acquisito esclusivamente l’addebito concernente la clandestina introduzione a bordo di un automezzo non autorizzato, ha argomentato in ordine alla non gravità del fatti contestati, non rivestendo la condotta alcun profilo di intrinseca illiceità; non attenendo al nucleo essenziale della prestazione lavorativa; non apparendo, per la brevità della permanenza a bordo, idonea a destare un significativo allarme per la sicurezza della nave.

In definitiva, anche tale apprezzamento, in quanto congruo e completo, non resta scalfito dalle esposte doglianze, formulate con approccio, per quanto sinora detto, non consentito in questa sede di legittimità.

Alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso non merita accoglimento.

Il governo delle spese del presente giudizio segue, infine, il regime della compensazione, tenuto conto dei diversi esiti della controversia ai quali si è pervenuti nel giudizio di merito.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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