Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12080 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 22/06/2020), n.12080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15371-2019 proposto da:

J.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

32, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GREGORACE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 888/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Roma, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c., respingeva il ricorso presentato da J.O., cittadino del Gambia, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento del diritto allo status di rifugiato, alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e s.s., o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata in data 8 febbraio 2019, dichiarava inammissibile il gravame proposto dal migrante, che si era limitato a riproporre le ragioni e le conclusioni formulate in primo grado senza sottoporre a motivate censure gli argomenti svolti dal Tribunale in merito all’inattendibilità della narrazione e alla conseguente estraneità dell’appellante (il quale aveva raccontato di essere fuggito dal Gambia perchè ricercato dalla polizia a causa della sua omosessualità) ai gruppi sociali soggetti a gravi violazioni dei diritti umani;

3. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso J.O. prospettando un unico, articolato, motivo di doglianza;

l’amministrazione intimata si è costituita al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine di prendere parte all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il motivo di ricorso assume la violazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione alla dichiarata inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi: la Corte di merito avrebbe non solo trascurato di prendere in esame il secondo motivo di gravame (concernente l’omessa concessione della protezione sussidiaria o umanitaria), ma, rispetto al primo motivo (relativo all’esistenza di una motivazione insufficiente e contraddittoria in merito ai presupposti per il rinnovo del permesso di soggiorno), non avrebbe neppure considerato che l’opposizione al provvedimento amministrativo non costituiva un’impugnazione in senso tecnico e comportava una totale e automatica devoluzione della situazione soggettiva oggetto dell’invocata protezione;

peraltro l’art. 342 c.p.c. prevederebbe soltanto l’individuazione del quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame all’esame dei capi specifici della sentenza impugnata e dei passaggi argomentativi che la sorreggono, mentre non imporrebbe l’utilizzo di formule sacramentali o la ricostruzione in termini alternativi; la prospettazione dello J. del proprio orientamento sessuale e la criminalizzazione di una simile condizione in Gambia, con il conseguente rischio di subire un’ingiusta carcerazione, avrebbe quindi dovuto costituire presupposto sufficiente per concedere la protezione richiesta;

5. il motivo risulta in parte manifestamente infondato, in parte inammissibile;

5.1 la presente controversia in materia di riconoscimento della protezione internazionale rimane disciplinata, ratione temporis, dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, il quale prevede l’applicazione del rito sommario di cognizione;

di conseguenza l’appello proponibile a mente del comma 9 di tale norma doveva essere introdotto nelle forme previste dall’art. 702-quater c.p.c.;

nell’ambito di tale giudizio – che non è un novum iudiìium e a cui dunque non trovano applicazione i principi in tema di devoluzione all’autorità giudiziaria della situazione soggettiva addotta a sostegno della invocata protezione avanti alla commissione territoriale – la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso specifici motivi e tale specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte a incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono;

ne discende, come giustamente ha ritenuto la corte di merito, che nell’atto di appello alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto dell’attività difensiva della controparte, una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, al qual fine non è sufficiente che l’atto di appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità da correlare con la motivazione della sentenza impugnata (Cass. 18932/2016, Cass. 21566/2017);

5.2 l’argomentazione offerta dalla corte territoriale – rispetto ad entrambi i profili di critica proposti, in quanto il carattere aspecifico del gravame rispetto al giudizio di inverosimiglianza della narrazione impediva di includere il migrante nei gruppi sociali suscettibili di subire gravi violazioni dei diritti umani e quindi ostava al riconoscimento di entrambe le forme di protezione richieste – doveva essere impugnata tramite la dimostrazione del carattere sufficientemente specifico dell’appello proposto;

infatti il ricorrente, ove censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice e deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. 22880/2017);

la mancata specifica indicazione in ricorso, per il principio di autosufficienza, del contenuto della critica mossa alla decisione impugnata rende inammissibile la doglianza rivolta al merito della valutazione compiuta dalla Corte di merito;

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto rigettato;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 giugno 2020

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