Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1208 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. II, 21/01/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 21/01/2020), n.1208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24125/2015 proposto da:

ANTICHI PELLETTIERI S.P.A., IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA n. 259, presso lo

studio dell’avvocato BONELLIEREDE STUDIO LEGALE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FABIO ELEFANTE;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE NAZIONALE SOCIETA’ E BORSA – CO.N.SO.B., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIOVANNI BATTISTA MARTINI n. 3, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO PALMISANO e MICHELA DINI, che la rappresentano e

difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 200/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/10/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, il quale ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FABIO ELEFANTE per parte ricorrente, il quale ha

concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MICHELA DINI per parte controricorrente, la quale ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con Delib. n. 18506 del 2013, la CO.N.SO.B. applicava plurime sanzioni amministrative, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 187 ter e segg., nei confronti di diverse persone fisiche inserite a vario titolo nel gruppo societario M.B., nonchè – ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6 e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 187 quinquies – nei confronti delle società facenti parte del predetto gruppo, tra le quali anche Antichi Pellettieri S.p.a., poi ammessa alla procedura di concordato preventivo. La CO.N.SO.B. individuava in particolare una serie di condotte di manipolazione del mercato e di false informazioni, idonee a perturbare l’andamento dei titoli afferenti al gruppo societario di cui anzidetto e a rappresentare agli investitori una situazione finanziaria e patrimoniale diversa da quella effettiva.

Avverso detto provvedimento interponeva opposizione Antichi Pellettieri S.p.a., invocandone l’annullamento unitamente ad una serie di atti indicati come presupposti (in particolare, le Delib. ed ordini di servizio di CO.N.SO.B. n. 17244 del 2010, Delib. n. 15086 del 2005, Delib. n. 15131 del 2005, Delib. n. 24 del 2005, Delib. n. 17971 del 2011, Delib. n. 41 del 2011) allegando di essere entrata a far parte del gruppo societario soltanto nel 2001, di esser stata quotata a partire dal 2006 e che le condotte sanzionate erano state oggetto di contestazione da parte di CO.N.SO.B. già con Delib. n. 17244 del 2010, ai sensi però dell’art. 154 ter T.U.F.. Sollevava poi una serie di contestazioni relative alla mancata distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie nell’ambito del procedimento amministrativo irrogativo della sanzione contestata; alla mancata audizione personale dell’incolpato in sede amministrativa; al mancato rispetto del termine di 180 giorni di cui all’art. 187 septies del T.U.F.; all’assenza dell’interesse concreto della società alla manipolazione del mercato; al merito delle contestazioni.

Con il decreto oggi impugnato, n. 200/2015, la Corte di Appello di Bologna rigettava l’opposizione condannando l’opponente alle spese del giudizio.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Antichi Pellettieri S.p.a. in concordato preventivo affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso la CO.N.SO.B..

In prossimità dell’udienza pubblica la parte

controricorrente ha depositato memoria, nonchè atto di costituzione dei nuovi difensori con procura speciale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 24 Cost., L. n. 262 del 2005 e dell’art. 6 della C.E.D.U. perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare la confusione tra funzioni istruttorie e decisorie nell’ambito del procedimento amministrativo irrogativo della sanzione.

La doglianza è infondata.

Va innanzitutto ribadita l’irrilevanza dei vizi formali incidenti sulle difese dell’incolpato in sede amministrativa, posto che il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto amministrativo in sè considerato, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà – e dovrà – valutare le deduzioni difensive proposte dall’interessato in sede amministrativa, ed eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte, qualora esse siano espressamente riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1786 del 28/01/2010, Rv. 611243; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17799 del 07/08/2014, Rv. 632167; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12503 del 21/05/2018, Rv. 648753). Dal richiamato principio deriva, da un lato, che l’esame di questa Corte non può estendersi sino a valutare l’effettivo svolgimento del procedimento amministrativo presupposto all’emanazione del provvedimento sanzionatorio impugnato, ove il vizio lamentato dal destinatario della sanzione non sia stato adeguatamente trasposto in uno specifico motivo di impugnazione. E, dall’altro lato, che il rispetto del diritto di difesa dell’incolpato va apprezzato in relazione all’intero procedimento, articolato nella fase amministrativa partecipata, finalizzata alla formazione della volontà sanzionatoria, e nel successivo giudizio di opposizione che si svolge dinanzi un giudice terzo, dotato di giurisdizione piena sul rapporto. Ne consegue che le eventuali irregolarità relative allo svolgimento della fase amministrativa assumono rilievo soltanto qualora esse abbiano di fatto comportato una compressione del diritto di difesa e di contra-dicere dell’incolpato; quando tuttavia costui abbia potuto partecipare alla fase amministrativa e promuovere opposizione avverso il provvedimento sanzionatorio, esercitando appieno le sue prerogative difensive, la rilevanza del vizio in esame va esclusa, posto che la natura bifasica del procedimento lo rende ab origine conforme alle prescrizioni di cui all’art. 6 della Convenzione E.D.U., proprio in funzione della possibilità di impugnare il provvedimento amministrativo davanti ad un giudice indipendente e imparziale presso il quale è assicurato il pieno dispiegamento del contraddittorio tra le parti sull’intero rapporto interessato dal provvedimento sanzionatorio (cfr., per l’espressione del principio in un caso di sanzione irrogata dalla Banca d’Italia, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8237 del 22/03/2019, Rv.653485; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27038 del 03/12/2013, Rv.628646, secondo la quale in materia di sanzioni amministrative “… nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo di istituti bancari, il rispetto dei principi del contraddittorio e della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, previsti dalla L. 28 dicembre 2005, n. 262, art. 24, non comporta la necessità che gli incolpati vengano ascoltati durante la discussione orale innanzi all’organo decidente, essendo sufficiente che a quest’ultimo siano rimesse le difese scritte degli incolpati ed i verbali delle dichiarazioni rilasciate, quando gli stessi chiedano di essere sentiti personalmente”; nonchè Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20689 del 09/08/2018, Rv. 650004, secondo cui “Il procedimento amministrativo sanzionatorio della CO.N.SO.B., ai sensi dell’art. 195 TUF, non viola, nella parte in cui non prevede l’obbligo di comunicazione all’incolpato della proposta dell’Ufficio Sanzioni, l’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo nè il principio del contraddittorio nella fase decisoria, atteso che l’assoggettamento del provvedimento applicato dall’autorità amministrativa ad un successivo sindacato giurisdizionale pieno assicura le garanzie del giusto processo”).

Merita quindi di essere ribadito il principio secondo cui il procedimento di cui si discute “… non si pone in contrasto con l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, quando – come stabilito dalla Corte EDU nella sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia – pur avendo le sanzioni natura sostanzialmente penale, il provvedimento con cui le stesse vengono irrogate sia assoggettato -come, appunto, quello adottato ex art. 187 septies cit., anche nel testo vigente ratione temporis – ad un sindacato giurisdizionale pieno, attuato nell’ambito di un giudizio che assicura le garanzie del giusto processo” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8210 del 22/04/2016, Rv. 639663). Infatti le garanzie del contraddittorio previste per il procedimento sanzionatorio che si svolge davanti alla CO.N.SO.B. sono da ricondurre al livello proprio del contraddittorio procedimentale, solitamente di tipo verticale, che si svolge tra l’amministrazione e l’interessato su un piano non di eguaglianza, ma in funzione collaborativa, partecipativa e non difensiva; e non invece al diverso livello del contraddittorio di matrice processuale, di tipo orizzontale, che riguarda due parti in posizione paritaria rispetto ad un decidente, terzo e imparziale. Ne consegue che la struttura del procedimento non contrasta con l’art. 24 Cost. e con i principi espressi dall’art. 195 T.U.F. e della L. n. 262 del 2005, art. 24, dovendosi ritenere – in dissenso dall’interpretazione offerta dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1596 del 2015 – che le garanzie previste dalle norme appena richiamate siano soddisfatte dalla preventiva contestazione dell’addebito e dalla valutazione, prima dell’adozione della sanzione, delle eventuali controdeduzioni dell’interessato, non essendo necessarie nè la trasmissione a quest’ultimo delle conclusioni dell’ufficio sanzioni, nè la sua personale audizione (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8046 del 21/03/2019, Rv. 653405).

Da quanto precede deriva che il cumulo di funzioni in capo ad un medesimo organo previsto dall’organizzazione interna di CO.N.SO.B. non comporta di per sè violazione dell’art. 6 della Convenzione E.D.U., anche quando esso si risolva in una anticipazione del giudizio (come nel caso di adozione di misure cautelari prima della decisione conclusiva del procedimento amministrativo: cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3734 del 15/02/2018, Rv. 647799) dovendosi comunque aver riguardo, per poter configurare un ragionevole timore di mancanza di imparzialità in capo all’organo investito della funzione decisoria, alla portata ed alla natura delle eventuali attività e decisioni preliminari, da valutarsi caso per caso. Nel caso di specie, la società ricorrente non indica alcun profilo specifico inerente alla portata e natura delle dette attività e decisioni preliminari, ma si limita ad una contestazione generica che non appare neppure idonea ad assicurare alla doglianza in esame il necessario grado di specificità.

Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. perchè la Corte di Appello non avrebbe dato rilievo alla mancata audizione dell’interessato in sede amministrativa.

La censura non è fondata.

Alla luce delle considerazioni appena svolte sulla natura bifasica del procedimento amministrativo – giurisdizionale di irrogazione e controllo della sanzione amministrativa prevista dal T.U.F. va ribadito che la piena esplicazione del diritto al contraddittorio del destinatario della sanzione è comunque assicurato dalla cognizione piena sul rapporto sanzionatorio che contraddistingue la fase di controllo giurisdizionale.

Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 187 septies, perchè la Corte felsinea avrebbe dovuto rilevare la tardività della contestazione, posto che i fatti erano gli stessi già indicati nella Delib. CO.N.SO.B. n. 17244 del 2010.

La doglianza è infondata.

Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio, che merita di essere ribadito, per cui “In tema di sanzioni amministrative, il termine per la contestazione all’interessato, stabilito, a pena di decadenza, dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14, decorre, non già dal momento in cui il fatto è stato acquisito nella sua materialità, ma, dovendosi tener conto anche del tempo necessario per la valutazione della idoneità di tale fatto ad integrare gli estremi (oggettivi e soggettivi) di comportamenti sanzionati come illeciti amministrativi, da quando l’accertamento è stato compiuto o avrebbe potuto ragionevolmente essere effettuato dall’organo addetto alla vigilanza delle disposizioni che si assumono violate. Qualora, pertanto, il soggetto abilitato a riscontrare gli estremi della violazione sia diverso da quello incaricato della ricerca e della raccolta degli elementi di fatto, l’atto di accertamento non può essere configurato fino a quando i risultati delle indagini svolte dal secondo non siano portati a conoscenza del primo, dovendo escludersi che le attività svolte dai due diversi organi possano essere considerate unitariamente al fine di valutare la congruità del tempo necessario per l’accertamento delle irregolarità e, conseguentemente, la ragionevolezza di quello effettivamente impiegato dall’amministrazione. Da tanto deriva che, in tema di violazioni della disciplina dell’attività di intermediazione finanziaria, sanzionabili con pena pecuniaria amministrativa irrogata dal Ministero dell’economia e delle finanze su proposta della Commissione nazionale per le società e la borsa (CO.N.SO.B.), essendo la vigilanza delle norme, la cui violazione è sanzionata come illecito amministrativo, affidata appunto alla CO.N.SO.B., e non alla Banca d’Italia (la quale non è legittimata ad avviare il procedimento sanzionatorio), il momento iniziale di decorrenza del termine per la contestazione non può essere fatto coincidere con il deposito presso la Banca d’Italia della relazione ispettiva redatta, ad altri fini, dal Servizio di vigilanza della medesima Banca d’Italia” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9456 del 19/05/2004, Rv.572933; in termini, cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2363 del 04/02/2005, Rv.579474; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12830 del 30/05/2006, Rv.590282; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25916 del 05/12/2006, Rv.595642; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9311 del 18/04/2007, Rv.596396).

Nè, per altro verso, pur dovendo apprezzare la congruità del tempo complessivamente impiegato dall’Amministrazione in relazione alla complessità degli accertamenti da svolgere nell’ambito del singolo procedimento sanzionatorio, il giudice ha il potere di sostituirsi alla stessa Amministrazione spingendosi sino a valutare l’opportunità dei singoli atti da questa eventualmente posti in essere (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 16642 del 08/08/2005, Rv.582917; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8326 del 04/04/2018, Rv.647766).

Nemmeno è possibile individuare, nel caso di specie, alcuna condotta negligente o arbitraria della P.A. (tale da escludere che il tardivo compimento di atti che quest’ultima avrebbe dovuto o potuto compiere in modo tempestivo comporti lo spostamento in avanti del dies a quo di decorrenza del termine perentorio previsto per la contestazione degli addebiti; cfr. al riguardo Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5467 del 29/02/2008, Rv. 602398). La sentenza impugnata, infatti, dà conto della successione nel tempo degli atti di indagine svolti e dei provvedimenti emessi da CO.N.SO.B. e chiarisce (cfr. pag. 33) che i fatti oggetto dell’iniziale accertamento di cui alla Delib. n. 17244 del 2010, non corrispondono a quelli oggetto del successivo provvedimento n. 18506/2013: “Infatti a seguito delle ispezioni concluse, nel 2010 furono emesse due delibere (17244 e 17245) il 24.3.2010, la prima accertativa della non conformità del bilancio d’esercizio e consolidato 2008 di A.P. (relativamente alle perdite su avviamenti di BIASIA e valutazione di crediti verso CMC) e la seconda della non conformità del bilancio di esercizio e consolidato 2008 e della semestrale 2009 di M.B.F.G., relativamente alla maggior parte delle operazioni di cui al capo A; a seguito di queste erano state intraprese ulteriori attività ispettive per verificare l’integrazione di manipolazioni del mercato di tipo informativo con riferimento agli stessi fatti, e a fatti diversi (operazioni 2, 3, 4; relazione ispettiva conclusa nel settembre 2010 sull’operatività in azioni proprie e O.P.A. doc. 1B-B CO.N.SO.B., comunicato 1.4.2009); in seguito (dal dicembre 2010 e nei primi mesi del 2011) erano state richieste informazioni all’estero (Lussemburgo, Svizzera, Belgio, Regno Unito, Stati Uniti, Irlanda) sui soggetti aderenti all’O.P.A. di cui al capo C e D, ulteriori documenti all’ufficio regole contabili, a diversi intermediari sulla operatività propria di cui al capo F, ai fini della identificazione degli acquirenti dei titoli, con risposte pervenute fino a settembre 2011; erano inoltre state richieste informazioni alla Procura della Repubblica di Milano il 22 luglio 2011 (doc. 54 CO.N.SO.B.), cui era seguita una prima consegna di documentazione il 4.10.2011 (doc. 63 CO.N.SO.B.), tra cui la C.T. D.P. sull’O. P.A. e le precedenti operazioni, la C.T. A. – R. sul corso dei titoli (OMISSIS) nel tempo, con riguardo alle compravendite di (OMISSIS) e (OMISSIS) sugli stesi, l’acquisto di (OMISSIS), il comunicato sull’O.P.A. (all. 7 ed 8 doc. 63 CO.N.SO.B.) e i verbali di interrogatorio di diversi indagati qui opponenti; ed infine una il 23 dicembre 2011 con i 157 allegati alla prima C.T. (tra cui due corpose annotazioni di P.G. della G.D.F. del 2009 – all. 59 e 60 alla C.T.) inerenti tra l’altro diverse operazioni di cui al capo B. Rispetto all’attività conclusa da CO.N.SO.B. nel 2010 fu quindi posta in essere una ulteriore notevole attività istruttoria che evidenziò criticità anche per periodi diversi ed ulteriori (dall’agosto 2007 al dicembre 2009) e valutativa, demandata ad altro ufficio della CO.N.SO.B., che aveva verificato se le irregolarità contabili potevano configurarsi o avere riflessi in tema di manipolazione dei mercati; le valutazioni erano quindi state accertate ed estese per A.P. alla semestrale consolidata 2008, trimestrale consolidata al 30.9.2008, progetto di bilancio consolidato 2008, trimestrale consolidata 31.3.2009; per (OMISSIS) alle ulteriori trimestrali, semestrali e bilanci del 2007 (dal giugno) e a tutti i documenti contabili (trimestrali, semestrali, bilanci) sino al 30.9.2009, oltre ai già evidenziati aspetti del bilancio di esercizio e consolidato 2008 e delle semestrale consolidata 2009” (cfr. pagg. 28 e 29 della decisione impugnata).

A fronte di una attività ispettiva oggettivamente diversa ed ulteriori rispetto a quella che aveva condotto all’emissione delle prime deliberazioni del 2010, estesa a tutto il gruppo M.B. – del quale la società odierna ricorrente faceva parte o nel quale comunque aveva importanti cointeressenze, puntualmente accertate da CO.N.SO.B. all’esito della predetta complessa attività ispettiva – è evidente che non si può configurare alcuna identità tra l’accertamento del 2010 e quello, successivo, posto a base del provvedimento oggi impugnato: CO.N.SO.B., dunque, si è tempestivamente attivata nel termine previsto dall’art. 195 del T.U.F..

Con il quarto motivo la società ricorrente lamenta infine la violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 187 quinquies e del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 5, perchè la Corte emiliana non avrebbe rilevato che la responsabilità della società sarebbe stata, di fatto, presunta da CO.N.SO.B., senza alcuna motivazione sul presupposto oggettivo della sanzione in concreto irrogata alla società.

La doglianza è infondata.

La sentenza impugnata, invero, dà atto dei motivi per cui la società risponde del fatto dei suoi dipendenti, richiamando da un lato la giurisprudenza delle sezioni penali di questa Corte in tema di responsabilità delle persone giuridiche (in particolare, Cass. penale n. 36515/2005 e Cass. penale n. 27735/2010; cfr. pagg. 36 e ss.) ed indicando, in aggiunta, una seconda ratio, consistente nell’affermazione della responsabilità solidale della persona giuridica, rispetto alle persone fisiche coinvolte nelle operazioni infragruppo, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6, comma 3 (cfr. pag. 42). Tale seconda ratio, fondata sulla considerazione che, quanto alle seconde “è pacifico che queste abbiano agito nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze secondo il più labile nesso di occasionalità necessaria previsto dalla norma, che concorre a titolo diverso di responsabilità obiettiva e ponendo l’ente in posizione di garanzia, come si è notato in dottrina e giurisprudenza (ex multis, Cass. 12264/2007, 3879/2012)” non viene neppure marginalmente attinta dal motivo di censura in esame ed è di per sè stessa sufficiente ad assicurare la stabilità della statuizione impugnata.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.500 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Civile, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA