Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12078 del 13/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 13/06/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 13/06/2016), n.12078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6859/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FOLLONICA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1484/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 30/05/2014, depositata il 21/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/05/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il Comune di Follonica per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana ha ritenuto non dovuta la tassa di concessione governativa per l’impiego di telefoni cellulari utilizzati dal comune medesimo in base ad un abbonamento con l’erogatore del servizio di telefonia mobile.

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che, a seguito della liberalizzazione della fornitura di servizi di comunicazione elettronica recata dal D.Lgs. n. 259 del 2003 e della conseguente abolizione del relativo regime di concessione governativa, è venuto meno lo stesso presupposto impositivo della tassa in questione.

L’Agenzia delle entrate censura, con un unico motivo riferito al vizio di violazione di legge, entrambe le argomentazioni su cui si poggia la sentenza gravata, deducendo la violazione dell’art. 21 della Tariffa annessa, D.Lgs. n. 259 del 2003, artt. 25 e 160 e del D.M. n. 33 del 1990, art. 3.

La parte intimata non si è costituita.

Il ricorso è fondato.

La questione di diritto proposta dal ricorso, già oggetto di un contrasto all’interno della Sezione tributaria di questa Corte è stata definitiva dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 9560/2014 ove si è affermato che in tema di radiofonia mobile, l’abrogazione del D.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, art. 318, ad opera del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 218, non ha fatto venire meno l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nel D.Lgs. n. 259 cit., art. 160. Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con del D.L. 24 gennaio 2014, n. 4, art. 2, comma 4, conv. con modif. in L. 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione –

una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al D.Lgs. n. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al D.Lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicchè il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del medesimo D.Lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Nè, in ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia.

Va ancora evidenziato che in epoca successiva la Corte di Giustizia –

Corte giust. 17 settembre 2015, causa C-416/14, Fratelli D.P. spa e altri – investita da un giudice tributario di merito della questione relativa alla compatibilità del sistema interno con il quadro comunitario pertinente – dir. 1999/5/CE, 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE – ha ritenuto che la disciplina UE va interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale relativa all’applicazione di una tassa, quale la tassa di concessione governativa, in forza della quale l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, nel contesto di un contratto di abbonamento, è assoggettato a un’autorizzazione generale o a una licenza nonchè al pagamento di detta tassa, in quanto il contratto di abbonamento sostituisce di per sè la licenza o l’autorizzazione generale e, pertanto, non occorre alcun intervento dell’amministrazione al riguardo. In tale contesto è stato poi aggiunto che l’art. 20 della direttiva 2002/22/CE, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE, e l’art. 8 della direttiva 1999/5/CEE vanno interpretati nel senso che non ostano, ai fini dell’applicazione di una tassa quale la tassa di concessione governativa, all’equiparazione a un’autorizzazione generale o a una licenza di stazione radioelettrica di un contratto di abbonamento a un servizio di telefonia mobile, che deve peraltro precisare il tipo di apparato terminale di cui si tratta e l’omologazione di cui è stato oggetto.

Inoltre, secondo la Corte il quadro comunitario anzidetto unitamente all’art. 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, va interpretato nel senso che non osta a un trattamento differenziato degli utenti di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, a seconda che essi sottoscrivano un contratto di abbonamento a servizi di telefonia mobile o acquistino tali servizi in forma di carte prepagate eventualmente ricaricabili, in base al quale solo i primi sono assoggettati a una normativa nazionale come quella che istituisce la tassa di concessione governativa.

Sulla base di tali principi, ai quali la CTR non si è conformata e che vanno invece condivisi, il ricorso va accolto, con la cassazione della sentenza gravata ed in rinvio ad altra sezione della CTR della Toscana perchè si uniformi al principio di diritto sopra riportato ed esamini le questioni assorbite pure provvedendo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Toscana anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016

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