Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12077 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/05/2017, (ud. 07/12/2016, dep.16/05/2017),  n. 12077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6139-2012 proposto da:

B.B., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEL CASALE STROZZI 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

SAVONA, rappresentata e difesa dagli avvocati RAFFAELLO AGEA,

MASSIMO MARCUCCI, MARCELLO ROSINI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avvocati RAFFAELA FABBI, LORELLA

FRASCONA’, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA UMBRIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 246/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 22/08/2011 R.G.N. 125/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato AGEA RAFFAFELLO;

udito l’Avvocato PUGLISI LICIA per delega Avvocato FABBI RAFFAELA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Si controverte dell’opposizione proposta da B.B. alla cartella esattoriale emessa per conto dell’Inail in relazione alla somma di Euro 352,35, il cui pagamento le era stato intimato a titolo di premi non versati e somme aggiuntive concernenti la posizione della lavoratrice G.R..

Con sentenza del 20.4 – 22.8.2011 la Corte d’appello di Perugia, investita dall’impugnazione dell’Inail, ha riformato la decisione del primo giudice, che aveva accolto l’opposizione, dopo aver rilevato che il rapporto di lavoro intercorso tra la G. e l’opponente presentava le caratteristiche della subordinazione, per cui era fondata la pretesa creditizia dell’ente assicuratore.

Per la cassazione della sentenza ricorre B.B. con quattro motivi.

Resiste con controricorso l’Inail che deposita anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Rimane solo intimata la società Equitalia Umbria s.p.a.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si rileva che il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione della presente sentenza in forma semplificata.

1. Col primo motivo la B. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che il giudice d’appello aveva adottato una motivazione per relationem basata sul recepimento acritico delle valutazioni operate negli altri giudizi che l’avevano vista rispettivamente interessata nei confronti della lavoratrice G.R. e dell’Inps, senza esprimere un proprio convincimento motivato e svilendo, in tal modo, l’attività di valutazione del materiale probatorio.

2. Col secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè per illogicità e contraddittorietà manifeste, la ricorrente contesta che dagli atti del diverso giudizio che l’aveva vista contrapposta all’Inps non era dato comprendere per quale ragione era stata data credibilità ad alcuni testi in relazione alla pretesa sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la predetta G.; inoltre, era stato omesso qualsiasi riferimento al concreto atteggiarsi delle istruzioni e disposizioni direttive che sarebbero state impartite a quest’ultima, così come era mancato un positivo accertamento in ordine agli altri indici rilevatori della subordinazione.

3. Col terzo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. e segg., nonchè per illogicità e contraddittorietà manifeste, oltre che per omessa pronunzia in ordine ad eccezioni, la ricorrente contesta che il rapporto di lavoro svolto dalla G. nell’esercizio di parrucchieria potesse essere ricondotto nell’ambito della subordinazione, non avendo l’Inail fornito la relativa prova, e si duole del fatto che la Corte d’appello non aveva considerato le censure dirette ad evidenziare che un tale rapporto poteva rientrare in altre tipologie contrattuali, quali l’associazione in partecipazione, il lavoro autonomo o anche quello gratuito.

4. Col quarto motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. e segg., ci si lamenta del fatto che nella sentenza resa in primo grado tra l’odierna ricorrente e la G., ripresa dal giudice d’appello nella sentenza oggetto della presente impugnazione, il Tribunale aveva ritenuto che le sentenze pronunziate nel medesimo grado con gli enti previdenziali non avevano dato contezza della prova della subordinazione, cosa che, invece, si era verificata nell’ambito del giudizio di primo grado intercorso con la lavoratrice.

I predetti motivi, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Anzitutto, il giudice d’appello poteva corrètramèntè avvalersi degli esiti probatori di altri procedimenti interessanti l’opponente nei quali veniva in discussione lo stesso rapporto lavorativo oggetto dell’accertamento che dato origine al presente processo. Infatti, questa Corte (Cass. sez. 3, n. 3102 del 4.3.2002) ha già chiarito che “nei poteri del giudice in tema di disponibilità e valutazione delle prove rientra quello di fondare il proprio convincimento su prove formate in altro processo, quando i risultati siano acquisiti nel giudizio della cui cognizione egli è investito, potendo le parti che vi abbiano interesse contrastare quei risultati discutendoli o allegando prove contrarie”, così come ha pure precisato che “il giudice di merito è libero di formare il proprio convincimento sulla base di accertamenti compiuti in altri giudizi fra le stesse parti od anche fra le altre parti” (Cass. sez. 1, n. 478 del 17/1/1995; idem Cass. sez. 3 n. 623 del 20/1/19954).

Tanto premesso, si osserva che, nel loro complesso i motivi denotano anche profili di inammissibilità evidente, sia laddove attraverso l’apparente denunzia di vizi di violazione di legge vengono proposte, in realtà, censure attinenti alle valutazioni di merito della vicenda processuale, sia allorquando, attraverso il quarto motivo, vengono evidenziate contraddizioni nella motivazione di un giudice di primo grado il cui giudizio non può essere oggetto di disamina in sede di legittimità, non avendo la ricorrente spiegato nemmeno in qual modo la Corte di merito avrebbe fatto proprie tali denunziate contraddizioni al punto da far ritenere inficiato anche il suo giudizio conclusivo.

Per il resto le doglianze di cui ai primi tre motivi non colgono nel segno in quanto con motivazione adeguata ed immune da vizi di ordine logico-giuridico la Corte d’appello di Perugia ha spiegato che i caratteri della subordinazione del lavoro prestato dalla G., concretizzatosi nell’esecuzione di mansioni semplici di lavaggio o acconciatura dei capelli delle clienti all’interno dell’esercizio della parruccheria della B., erano evincibili dagli esiti di altre due controversie, una promossa dalla lavoratrice per il riconoscimento della sussistenza del rapporto lavorativo intrattenuto con la B. e un’altra intentata da quest’ultima nei confronti dell’Inps per l’opposizione a cartella esattoriale concernente il recupero dei contributi relativi al predetto rapporto di lavoro. Inoltre, la stessa Corte ha tratto il convincimento della sussistenza della subordinazione nel periodo gennaio 1998 – aprile 2001 anche da elementi istruttori emersi nel presente giudizio di opposizione alla cartella esattoriale emessa per conto dell’Inail. Ha aggiunto la Corte d’appello che anche la causa di lavoro promossa dalla G. si era conclusa con l’affermazione, da parte del giudice di primo grado, della natura subordinata del suo rapporto di lavoro con la B..

In definitiva, il ricorso finisce per tradursi nell’inammissibile tentativo di una mera rivisitazione dell’accertamento di merito compiuto adeguatamente dalla Corte d’appello sulla scorta delle prove testimoniali raccolte in giudizio e sulla base degli elementi di prova desunti da altri due procedimenti riguardanti lo stesso rapporto di lavoro, seppure per vicende processuali differenti, accertamento che l’ha condotta a ravvisare senza ombra di dubbio la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato che giustificava la pretesa creditizia dell’ente assicuratore.

Pertanto, il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, sono poste a carico della ricorrente rimasta soccombente. Non va adottata, invece, alcuna statuizione in ordine alle spese nei confronti della società Equitalia Umbria s.p.a che è rimasta solo intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 2200,00, di cui Euro 2000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti di Equitalia Umbria s.p.a.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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