Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12075 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 22/06/2020), n.12075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22499-2018 proposto da:

MIVAL MULTISERVICES SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, A.M., T.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA SAN TOMAMSO D’AQUINO 75, presso lo studio

dell’avvocato MARIO LACAGNINA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

CURATELA FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ DI FATTO COSTITUITA DA “(OMISSIS)

SPA IN LIQUIDAZIONE, MIVAL MULTISERVICES SRL, (OMISSIS) SRL

UNIPERSONALE IN LIQUIDAZIONE, T.L.M. E

A.M.” NONCHE’ DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONDABILI

T.L.M., A.M., MIVAL MULTISERVICES SRL, (OMISSIS)

UNIPERSONALE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona dei Curatori pro

tempore, CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE, in

persona dei Curatori pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA FLAMINIA 962, presso lo studio dell’avvocato BARTOLOMEO

DELL’ORCO, che le rappresenta e difende;

– controricorrenti –

contro

(OMISSIS) UNIPERSONALE SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1206/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 09/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Foggia, con decreto del 9 marzo 2015, rigettava la domanda di fallimento, presentata dal curatore del fallimento di (OMISSIS) s.p.a., della società di fatto costituita fra la medesima compagine e altri soggetti, tra cui alcune società a responsabilità limitata;

2. la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 7 agosto 2015, in accoglimento del reclamo presentato, ravvisava la sussistenza di una società di fatto fra (OMISSIS) s.p.a., T.L., A.M., Mival Multiservices s.r.l. e (OMISSIS) unipersonale s.r.l. in liquidazione, rimettendo gli atti al primo giudice per la dichiarazione di fallimento della compagine e dei suoi soci;

3. il Tribunale di Foggia, con sentenza n. 116/2015 del 4 dicembre 2015, dichiarava il fallimento della società di fatto fra (OMISSIS) s.p.a., T.L., A.M., Mival Multiservices s.r.l. e (OMISSIS) unipersonale s.r.l. in liquidazione;

4. la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 1206/2018 del 9 luglio 2018, rigettava il reclamo proposto avverso tale statuizione sia da (OMISSIS) s.r.l., sia da T.L. e A.M., cui aveva aderito l’interveniente Mival Multiservices s.r.l., ritenendo, fra l’altro, che la nuova convocazione dei debitori a seguito dell’accoglimento del reclamo non fosse un adempimento dovuto, stante la mancata deduzione di nuovi elementi da prendere in considerazione ai fini della dichiarazione di insolvenza;

5. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso T.L., A.M. e Mival Multiservices s.r.l. prospettando due motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso la curatela del fallimento di (OMISSIS) s.p.a. e la curatela del fallimento della società di fatto costituita da (OMISSIS) s.p.a., T.L., A.M., Mival Multiservices s.r.l. e (OMISSIS) unipersonale s.r.l. in liquidazione nonchè dei soci illimitatamente responsabili T.L., A.M., Mival Multiservices s.r.l. e (OMISSIS) unipersonale s.r.l. in liquidazione;

l’intimata (OMISSIS) unipersonale s.r.l. in liquidazione non ha svolto difese;

i ricorrenti e le procedure controricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. I motivi di ricorso denunciano, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento, ovvero subordinatamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento alla violazione degli artt. 15 e 22 L. Fall. e 24 Cost.: il Tribunale, una volta acquisita la notizia di sopravvenienze potenzialmente incidenti sui presupposti di fallibilità del debitore, avrebbe dovuto proseguire l’iter procedimentale già intrapreso e interrotto per l’astensione del giudice delegato alla trattazione, disponendo la riconvocazione dinanzi a un altro giudice relatore prima della decisione, al fine di promuovere il contraddittorio fra le parti su tali questioni e consentire loro il pieno esercizio del diritto di difesa;

la Corte d’appello avrebbe poi dovuto procedere all’annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento, che era stata resa in mancanza della necessaria udienza per l’audizione dei debitori e senza che il giudice relatore potesse riferire, all’esito di tale audizione e della prospettazione delle tesi difensive da rendersi in sede di discussione, in merito alla permanenza o meno dei presupposti per la dichiarazione di fallimento; 7. il motivo è inammissibile;

7.1 secondo la giurisprudenza di questa Corte il decreto con cui la Corte d’appello accoglie, ai sensi della L. fall., art. 22, comma 4, il reclamo avverso il provvedimento di rigetto del ricorso per la dichiarazione di fallimento, rimettendo d’ufficio gli atti al primo giudice, dev’essere comunicato alle parti, ai sensi del comma 3 della norma, poichè le stesse hanno la facoltà di segnalare al Tribunale, che non ha più l’obbligo di sentirle di nuovo (dopo averle sentite in sede di istruttoria prefallimentare), la sopravvenuta modificazione dei presupposti per la dichiarazione di fallimento;

questa comunicazione è perciò funzionale all’esercizio del diritto di difesa, onde consentire alla parte di evitare la dichiarazione di fallimento indicando nuovi elementi di conoscenza al Tribunale (Cass. 4417/2011);

la cognizione del Tribunale, cui la Corte di appello abbia rimesso, ai sensi della L. Fall., art. 22, comma 4, gli atti per la dichiarazione di fallimento, riguarda però soltanto i fatti, segnalati anche dal debitore e incidenti sui presupposti della sua fallibilità, successivi al suddetto decreto, dovendosi ritenere, in loro mancanza, il giudice ad quem vincolato al dictum della corte, inderogabilmente deputata a conoscere tutti gli elementi, preesistenti o sopravvenuti, rilevanti per la verifica dei menzionati presupposti medio tempore intervenuti anteriormente alla sua pronuncia;

soltanto in tale prima ipotesi, quindi, il Tribunale, verificata la persistenza della domanda del creditore o dell’istanza del P.M., deve statuire rispettando lo schema procedimentale di cui alla L. Fall., art. 15, al fine di consentire l’effettivo dispiegarsi del diritto di difesa delle parti, ritenendo in ogni altro caso superflua l’ulteriore audizione del debitore, già posto in grado di contraddire nel procedimento di reclamo e nel corso dell’istruttoria prefallimentare (Cass. 15862/2013);

7.2 la Corte distrettuale ha fatto puntuale applicazione di questi principi laddove ha ritenuto che la convocazione delle parti dinanzi al giudice delegato alla trattazione, seppur inizialmente disposta con riferimento al magistrato poi astenutosi, non fosse un adempimento dovuto e non dovesse essere ripetuta, stante la mancata deduzione ad opera delle parti interessate di elementi di novità sopravvenuti rispetto al momento in cui la Corte d’appello aveva deciso in sede di reclamo (dato che ” T. e A. non presentarono deduzioni”, “la Mival propose deduzioni la cui mancanza di novità non è contestata in questa sede”, e la (OMISSIS) aveva presentato deduzioni “irrilevanti”, che “avrebbe “già potuto far valere in sede di reclamo ex art. 22 L. Fall., e prive di novità quanto al resto”;

7.3 a fronte di questa constatazione del collegio del reclamo in merito alla mancata segnalazione da parte dei fallendi di fatti incidenti su presupposti della loro fallibilità successivi al decreto della Corte di merito ex art. 22, comma 4, L. Fall., gli odierni ricorrenti sostengono (a pag. 9 del ricorso e diversamente da quanto asserito nella memoria da ultimo depositata) che “è incontestabile (essendo stato anche dichiarato dalla Corte di Appello) che fatti sopravvenuti erano stati segnalati o comunque erano stati acquisiti dal Tribunale”;

un simile assunto non è però accompagnato da alcuna indicazione di elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale denunciato, onde consentire a questa Corte di apprezzare l’effettiva deduzione di fatti sopravvenuti ed effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale;

ora la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è sì anche giudice del fatto processuale e ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa al fine di valutare la fondatezza del vizio denunciato, purchè però lo stesso sia stato ritualmente indicato e allegato nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 ed all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4; è perciò necessario, non essendo tale vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (si vedano in questo senso, fra molte, Cass. 2771/2017, Cass. 19410/2015);

occorreva pertanto che gli odierni ricorrenti accompagnassero la denunzia del vizio con la riproduzione, diretta o indiretta, del contenuto dell’atto che sorreggeva la censura, dato che questa Corte non è legittimata a procedere a un’autonoma ricerca degli atti che fondano la denuncia del vizio ma solo a una verifica del contenuto degli stessi;

in mancanza di una simile indicazione le doglianze in esame risultano giocoforza inammissibili, per violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6;

8. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti, in via solidale tra loro, al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.100, di cui Euro f.100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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