Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12062 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12711-2019 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO la CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 10334/2018 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 27/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa MELONI

MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano sezione specializzata per la protezione internazionale, con decreto in data 27/2/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale in ordine alle istanze avanzate da H.A. nato in Bangladesh il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto dopo essere stato per tanti anni militante del partito BNP che nel 2014 aveva perso le elezioni rispetto al partito AWAMI LEAGUE, era stato perseguitato ed accusato ingiustamente dell’incendio del negozio ove lavorava tanto da essere costretto a scappare dal suo paese.

Avverso il decreto del Tribunale di Milano ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente, affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorrente solleva questioni di legittimità costituzionale, in materia di controversie di protezione internazionale, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, rispettivamente in riferimento all’eliminazione del doppio grado di merito, all’adozione del rito camerale ed al termine di impugnabilità del decreto solo in Cassazione entro 30 giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado.

Il ricorrente solleva questioni di legittimità costituzionale sulle quali questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in analogo giudizio, ritenendole irrilevanti e manifestamente infondate, con sentenza sez.1 n. 17717 del 27/6/2018 pienamente condivisa da questo Collegio e dalla quale non vi è motivo per discostarsi.

Nel merito con unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Milano ha violato il dovere di cooperazione istruttoria escludendo così i presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il motivo di ricorso è inammissibile in quanto si sostanzia in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento. Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v.Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente.

Del tutto generica si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa del Tribunale di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00 oltre spese anticipate a debito. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, il 29 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 giugno 2020

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