Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12060 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/05/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 31/05/2011), n.12060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.F., già elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

GONZAGA 37, presso lo studio dell’avvocato BATTAGLIA SALVATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI FRANCESCO OLINDO, giusta

delega in atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA,

GIANNICO GIUSEPPINA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro in carica,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis, (Atto

di Costituzione del 26/06/08 in atti);

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 464/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 08/05/2007 r.g.n. 189/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato CALIULO LUIGI per delega ALESSANDRO RICCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 21 febbraio 2005 al Giudice del lavoro di Agrigento, A.F. esponeva che in data 05.06.2003 aveva presentato domanda amministrativa per il riconoscimento dell’assegno di invalidità civile e che, sottoposto a visita in data 18.01.2005, era stato giudicato invalido nella misura del 55%. Conveniva, pertanto, in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’INPS chiedendo il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità civile negatogli nella fase amministrativa dalla Pubblica Amministrazione. Si costituivano gli enti resistenti, contestando genericamente la domanda. Con sentenza depositata il 23.09.2005 il Tribunale G.L. di Agrigento respingeva la domanda ritenendo non provati i requisiti di incollocabilità al lavoro e reddituale.

Avverso tale decisione proponeva appello l’ A., cui resistevano il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’INPS, chiedendone il rigetto. Con sentenza n. 464/07, l’adita Corte d’appello di Palermo accoglieva parzialmente il gravame, dichiarando che l’ A. aveva diritto all’assegno mensile di assistenza -rapportato ad una percentuale di invalidità in misura pari all’85%- a decorrere dal 14.02.2007, con conseguente condanna dell’INPS a pagare la prestazione da tale data.

Sosteneva la Corte palermitana che, con riguardo alla data di decorrenza della prestazione, solo dal 14febbraio 2007 l’appellante era in possesso del requisito della incollocazione al lavoro, essendo stato iscritto nell’elenco dei disabili in detta data.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’ A. con due motivi. Resiste l’INPS con controricorso mentre il Ministero ha depositato atto di costituzione al fine di partecipare alla discussione orale del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso A.F., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116 e 416 c.p.c. della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), sostiene che l’esistenza del presupposto socio-economico, da un canto, non era stato specificamente contestato nè in primo grado, nè in appello dal Ministero dell’Economia e delle Finanze resistente e, pertanto, costituendo un fatto pacifico fra le parti, non poteva essere negato dalla Corte di appello, poichè il requisito non contestato non sarebbe compreso nel novero dei fatti costitutivi della pretesa che la parte deve dimostrare; e, d’altro canto, lo stesso Giudice di appello, dubitandone, avrebbe dovuto, nella ricerca della “verità reale”, accertare il fatto, esercitando i suoi poteri istruttori, invitando la parte ad integrare la produzione (laldove ritenuta incompleta), ovvero acquisendo informazioni presso l’Ufficio del lavoro. Quanto all’INPS, quale delegato al pagamento mediante prelievo delle somme a carico dello Stato dall’apposito Fondo di cui al D.Lgs. n. 130 del 1998, art. 130 lo stesso non aveva alcuna legittimazione a dedurre alcunchè sul punto. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 416, 421 c.p.c. e dell’art. 437 c.p.c., comma 2; della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 2, art. 8, comma 5, e artt. 12 e 13;

della L. n. 482 del 1968, artt. 1, 5 e 19 e della L. 12 marzo 1999, n. 68, artt. 1 e 8 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

In particolare, osserva che, essendogli stata riconosciuta dalla Commissione medica uno stato invalidante del 55% quando aveva ormai compiuto i cinquantacinque anni ed avendo proposto istanza all’AUSL N. (OMISSIS) di Agrigento del 13.10.2005, con la quale aveva chiesto che gli venisse effettuata la visita di controllo dello stato invalidante e che gli venisse rilasciata la scheda contenente la diagnosi funzionale della sua persona, ai fini del collocamento mirato ai sensi della L. n. 68 del 1999, erroneamente la sentenza impugnata aveva escluso la sussistenza del requisito della incollocazione. Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, è infondato.

Va innanzitutto chiarito che, in tema di assegno di invalidità, previsto a favore degli invalidi civili ai sensi della L. n. 118 del 1971, art. 11 il requisito del limite reddituale e quello dell’incollocamento al lavoro si qualificano in termini di elementi costitutivi del diritto la cui prova è a carico del soggetto richiedente la prestazione e non già come mere condizioni di erogazione del beneficio che possono essere accertate anche in sede extragiudiziale (ex plurimis, Cass., n. 3404/06; Cass., n. 2564/01).

Pertanto, “nel giudizio avente ad oggetto la sussistenza o meno del diritto alla prestazione … il giudice deve accertare non solo il requisito sanitario, ma anche quello economico, … si deve verificare … la sussistenza o meno del diritto alla prestazione con riferimento a tutti gli elementi costitutivi previsti dalla legge, che l’interessato è tenuto a dimostrare e dei quali non può presumersi la permanenza, trattandosi di elementi, quale il requisisto reddituale, soggetti a variazione” (Cass. Sez. Lav. 6 marzo 2004, n. 4634).

Ne consegue che nessuna censura può essere mossa all’operato dei Giudici palermitani che, nella valutazione della fattispecie sottoposta al loro esame, hanno ritenuto non provato il requisito in argomento sulla scorta della documentazione acquisita al giudizio, se non a partire dal 14 febbraio 2007, data di iscrizione dell’ A. nell’elenco dei disabili.

Nè in mancanza di espressa deduzione del ricorrente della sussistenza dei detti requisiti, la parte convenuta era tenuta a contestarne la carenza. Quanto alla sollevata questione del riconoscimento dello stato invalidante nella misura del 55% quando l’ A. aveva già compiuto cinquantacinque anni ed alla non necessità della iscrizione nelle liste dei disabili, va osservato che, nel caso in oggetto, al momento del compimento del 55 anno di età del ricorrente (26.1.2001, essendo nato il (OMISSIS)), il predetto limite per l’iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio era ormai venuto meno, essendo stata la L. n. 482 del 1968 abrogata dalla L. n. 68 del 1999 con efficacia dal trecentesimo giorno successivo al 23 marzo 1999 – data di pubblicazione nella G.U. (cfr, Cass., n. 19166/2006).

Il ricorso, nei distinti profili in cui articola, deve quindi essere disatteso. Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Nulla per le spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, nei confronti dell’INPS, liquidate in Euro 15,00 oltre Euro 1.500,00 per onorari ed oltre accessori di legge. Nulla per le spese in relazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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