Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12060 del 13/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 13/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 13/06/2016), n.12060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4442/2015 proposto da:

FIMA MONTAGGI SRL, in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLE MUSE 8,

presso lo studio dell’avvocato LAURENZIA ALVETI, che la rappresenta

e difende, giusta procura stesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4062/9/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 5/6/2014, depositata il 18/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI;

udito l’Avvocato Alveti Laurenzia difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La Fima Montaggi srl ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR del Lazio indicata in epigrafe che ha respinto l’appello proposto contro l’ordinanza di correzione resa dalla CTP di Roma nel procedimento relativo ad una cartella di pagamento alla stessa notificata. Secondo la CTR il procedimento di correzione della sentenza di primo grado era stato correttamente svolto, posto che in ragione della riconosciuta ritualità della notifica della cartella la doglianza della contribuente non poteva che essere respinta sul punto, mentre l’altra censura relativa al mancato versamento dell’IVA la sentenza aveva preso atto dell’intervenuto sgravio dell’Ufficio quanto all’importo richiesto dal contribuente. Da ciò risultava evidente che le due doglianze proposte dal contribuente non erano state entrambe accolte, ipotesi che avrebbe semmai giustificato in dispositivo l’accoglimento integrale del ricorso. La statuizione di accoglimento parziale invece adottata aveva rispecchiato il mancato riconoscimento del versamento IVA e il rigetto della censura relativa alla cartella.

La parte intimata non ha depositato difese scritte. La ricorrente ha depositato memoria.

Con la censura proposta la ricorrente deduce la violazione degli artt. 287 e 288 c.p.c.. Secondo la ricorrente “…la sentenza era nulla nella parte in cui aveva ritenuto che il dispositivo avrebbe dovuto prevedere un accoglimento totale del ricorso e non parziale come accaduto”. La statuizione contenuta nel dispositivo, invero, non conteneva alcun errore, poichè lo sgravio disposto dall’ufficio aveva indotto la CTP ad una statuizione nella sostanza di cessata materia del contendere sicchè l’accoglimento parziale si giustificava rispetto alla domanda restante. La decisione esaminata nel suo complesso giustificava, pertanto, l’affidamento circa l’esito positivo dell’intero giudizio.

La censura è inammissibile.

Giova ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte l’art. 288 c.p.c., nel disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l’impugnabilità per altra via del provvedimento alla stregua del disposto dell’art. 177 c.p.c., comma 3. Resta per contro impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, mediante il surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio –

cfr. Cass. n. 1205/2013.

Orbene, nel caso di specie la censura esposta dalla parte ricorrente appare inammissibilmente formulata, non consentendo di cogliere il vizio prospettato che, in ogni caso, non censura l’errore di giudizio nel quale sarebbe incorsa la sentenza oggetto del procedimento di correzione – rappresentato dal riconoscimento della ritualità della notifica della cartella e dunque della pretesa fiscale ad essa sottesa, appuntandosi unicamente sul profilo relativo alla violazione degli artt. 287 e 288 c.p.c., che non poteva invece giustificare la censura senza la correlativa prospettazione dell’errore di giudizio nel quale sarebbe incorso il giudice di primo grado.

Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi della parte ricorrente, il ricorso va rigettato.

Nulla sulle spese.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016

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