Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1206 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/01/2011, (ud. 25/10/2010, dep. 20/01/2011), n.1206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COAT LINE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Silvio Pellico n. 16, presso

l’avv. Garcea Franco, che la rappresenta e difende unitamente

all’avv. Vincenzo Pennino, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 53/04/04, depositata il 9 febbraio 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25

ottobre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

uditi gli avv.ti Vincenzo Pennino e Franco Garcea per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Basile Tommaso, il quale ha concluso per l’inammissibilità o, in

subordine, il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Coat Line s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, la quale, in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 12886 del 2001, ha accolto l’appello dell’Ufficio.

La predetta pronuncia di questa Corte intervenne nell’ambito di un lungo e complesso contenzioso (nel quale era già stata emessa una sentenza di cassazione con rinvio nel 1997), instaurato dalla contribuente avverso il silenzio rifiuto formatosi in ordine all’istanza di rimborso di un credito IVA esposto nella dichiarazione relativa al 1979, e concernente anche la validità della notificazione di un avviso di rettifica emesso nel 1983 nei confronti della società per il medesimo anno 1979 ed i suoi effetti sia sull’istanza di rimborso anzidetta, sia sulla dichiarazione integrativa di condono che era stata presentata dalla società, ai sensi del D.L. n. 429 del 1982, per la definizione automatica dell’imposta sempre in relazione alla stessa annualità.

La Corte, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione, demandò alla Commissione tributaria regionale di accertare, in ordine logico: a) se il predetto avviso di rettifica fosse stato validamente notificato alla società; b) in caso affermativo, se esso avesse comportato il rigetto della domanda di condono; c) ancora in caso affermativo, quali effetti ne discendessero in ordine al rapporto tributario dedotto in giudizio, e cioè alla spettanza del credito d’imposta per il 1979.

La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che: a) la notifica dell’avviso di rettifica fosse valida, in quanto effettuata, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), mediante deposito nella casa comunale di Brescia all’esito dell’infruttuoso tentativo presso la residenza dell’amministratore della società, a sua volta preceduto dal tentativo di notifica presso la sede legale della società in Milano, anch’esso non andato a buon fine in quanto risultata “sconosciuta” all’indirizzo indicato; b) l’accertamento dovesse essere valutato quale sostanziale implicito rigetto della precedente domanda di condono, basata su dati contrastanti con quelli contenuti nell’accertamento; c) la domanda di rimborso del credito presentata dalla società per il 1979 dovesse, di conseguenza, essere rigettata.

2. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate resistono con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 140 cod. proc. civ. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. c), nonchè vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere il giudice a quo ritenuto valida la notificazione dell’avviso di rettifica dell’IVA, pur essendo stata effettuata, dopo l’infruttuoso tentativo presso la sede della società in Milano (ove era risultata sconosciuta), presso la residenza del legale rappresentante in (OMISSIS), anzichè mediante deposito di copia dell’atto presso la casa comunale di Milano, Comune di domicilio fiscale della contribuente.

Il motivo non è fondato.

In tema di notificazione degli avvisi e degli altri atti tributari alle persone giuridiche, la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’interpretare il combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. c), e) e f), e art. 145 cod. proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche ad essi apportate, rispettivamente, dal D.L. n. 223 del 2006 – convcrtito nella L. n. 248 del 2006 – e dalla L. n. 263 del 2005) nel senso che: a) gli atti devono essere notificati al contribuente persona giuridica presso la sede della stessa, entro l’ambito territoriale del domicilio fiscale, secondo la disciplina di cui al citato art. 145 c.p.c., comma 1; b) qualora tale modalità si riveli impossibile (perchè, ad esempio, come nella fattispecie, l’ente risulti “sconosciuto” all’indirizzo noto all’Ufficio), si applica il successivo terzo comma del medesimo articolo e la notifica dovrà essere eseguita alla persona fisica che rappresenta l’ente, semprechè il domicilio – che sia noto – del legale rappresentante sia compreso nel Comune del domicilio fiscale della società; c) in caso di impossibilità di procedere anche secondo questa modalità (perchè il legale rappresentante risieda in Comune diverso), è legittimo procedere alla notifica ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. e), cit., cioè con il deposito di copia dell’atto nella casa comunale e l’affissione dell’avviso del deposito nell’albo del Comune, senza necessità di spedizione della raccomandata (e la notifica si perfezionerà nell’ottavo giorno successivo a quello di detta affissione) (Cass. nn. 9766 del 1995, 3140 del 1998, 3558 e 7268 del 2002, 7120 del 2003, 3618 del 2006, 6325 del 2008, 15856 del 2009; in genere, sulle modalità di notifica ex art. 145 c.p.c., cfr. Cass., Sez. un., n. 8091 del 2002). Da tale principio si evince che la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si basa sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicare all’Ufficio tributario il proprio domicilio fiscale e di tenere detto Ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni; il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’Ufficio procedente ad eseguire le notificazioni comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui all’art. 60 citato, lett. e), non potendosi addossare all’Amministrazione l’onere di ricercare il contribuente fuori del domicilio stesso (cfr., in motivazione, Cass. nn. 9766 del 1995 e 3140 del 1998, citt.).

Si tratta, quindi, di una disciplina posta a garanzia dell’Amministrazione finanziaria, con la conseguenza che non può ritenersi che la sua inosservanza comporti, in ogni caso, l’illegittimità del procedimento notificatorio, in particolare qualora, come nel caso di specie, sia stata seguita una procedura (notificazione al legale rappresentante di una società indicato nell’atto, ma residente in Comune diverso da quello di domicilio fiscale dell’ente) indubbiamente più garantista nei confronti del contribuente – sotto il profilo della astratta conoscibilità dell’atto notificato – rispetto a quella prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e).

2. Con il secondo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c., art. 145 c.p.c., comma 3, artt. 138, 139, 140 e 141 cod. proc. civ. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e) e f), nonchè vizio di motivazione, si deduce che il giudice d’appello ha errato nel ritenere valida la notifica al legale rappresentante della società, sia perchè essa era stata in realtà eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c., modalità esclusa dal D.P.R. n. 600 del 1973, citato art. 60, sia in quanto, in ogni caso, non era stata correttamente rispettata la procedura di cui all’art. 140 c.p.c., mancando l’indicazione, sull’avviso di rettifica, degli estremi della raccomandata e la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della stessa.

Il motivo è inammissibile.

Con esso, infatti, vengono poste questioni che, dalla sentenza impugnata, non risulta siano state sollevate dinanzi al giudice di merito, senza che la ricorrente, nel rispetto del principio di autosufficienza, le abbia riportate puntualmente nel ricorso, nei loro esatti termini; peraltro, si tratta di questioni implicanti accertamenti di fatto riservati al giudice di merito, poichè la notificazione dell’avviso di accertamento non costituisce atto del processo tributario, al cui esame diretto questa Corte possa avere accesso.

3. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia la violazione del D.L. n. 429 del 1982, art. 28 (convertito nella L. n. 516 del 1982), nonchè vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di rinvio ha ritenuto che l’avviso di rettifica costituisse implicito rigetto della domanda di condono anteriormente presentata dalla società: deduce al riguardo sia l’esistenza di un giudicato interno sulla illegittimità dell’avviso di rettifica (giudicato derivante dalla sentenza della Commissione tributaria centrale del 1993, emessa nel corso del lungo iter processuale della vicenda), sia l’erroneità della tesi secondo cui una domanda di condono possa essere rigettata tacitamente anzichè con diniego motivato (aggiunge poi nella memoria ex art. 378 c.p.c. l’esistenza di un ulteriore giudicato – esterno sulla validità della domanda di condono, formatosi a seguito di pronuncia della Commissione tributaria di secondo grado di Milano del 1994).

Il motivo è infondato.

E’ assorbente rilevare che il giudice di rinvio, come riferito nella narrativa del fatto, ha effettuato le valutazioni ad esso demandate da questa Corte con la sentenza n. 12886 del 2001, tra le quali appunto quella di accertare se l’emissione dell’avviso di rettifica avesse “comportato il rigetto della domanda di condono della società”: tale sentenza costituisce un punto fermo imprescindibile della vicenda processuale, che non può più essere rimesso in discussione in questa sede, come sostanzialmente tenta di fare la ricorrente con l’invocare giudicati precedenti alla detta sentenza, o contestando la configurabilità di un rigetto implicito della domanda di condono in conseguenza della successiva emissione di avviso di rettifica per la stessa annualità d’imposta, ipotesi evidentemente ritenuta ammissibile dalla Corte nella pronuncia di cassazione con rinvio.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

5. La complessità e peculiarità della vicenda processuale e gli alternativi esiti della stessa succedutisi nel tempo inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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