Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12059 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33549-2018 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA MAESTRI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA

PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FORLI’-CESENA;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 13349/2017 del TRIBUNALE di BOLOGNA,

depositato il 24/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MELONI

MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Bologna, con decreto in data 24/10/2018 ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Bologna in ordine alle istanze avanzate da E.O. nato in Nigeria il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Forlì-Cesena di essere fuggito dal proprio paese per paura di aggressioni e ritorsioni per la sua fede cristiana in quanto aveva rifiutato di partecipare al Ramadan. Per questo era stato picchiato e minacciato e poi costretto a fuggire. Avverso il decreto del Tribunale di Bologna ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con tre motivi di ricorso il ricorrente, dichiarando espressamente di rinunciare alla domanda di protezione sussidiaria e dello status di rifugiato, denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in riferimento alla forma residuale della protezione per motivi umanitari, perchè il Tribunale di Bologna ha omesso ogni valutazione in ordine alla dedotta condizione di difficoltà soggettiva del richiedente in relazione alla vicenda determinante l’espatrio, e la situazione di vulnerabilità nonchè ha omesso di valutare il grado di integrazione raggiunto e la certificazione medica prodotta.

Il ricorso è inammissibile sotto tutti i profili in quanto contiene una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dal Tribunale territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento.

La censura, peraltro generica, si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Del tutto generica, comunque si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal giudice di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Nemmeno appare decisivo il grado di integrazione dello straniero in Italia. Quanto poi al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo e dell’avvenuta integrazione dello straniero in Italia esso infatti può essere valorizzato non come fattore esclusivo bensì come presupposto della protezione umanitaria e come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale (Cass. n. 4455 del 2018), che, tuttavia, nel caso di specie è stata esclusa, alla luce della disciplina antecedente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 13 convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132, non applicabile alla fattispecie non avendo tale normativa efficacia retroattiva secondo l’orientamento recentemente espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con 29460/2019.

Quanto alla documentazione medica essa non è stata riportata nel ricorso ed il motivo è privo di autosufficienza.

Il ricorso deve pertanto essere respinto. Nulla per le spese in assenza di attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte di Cassazione, il 29 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 giugno 2020

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