Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12058 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/05/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 31/05/2011), n.12058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.U., domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 46, presso lo

studio dell’avvocato SPINELLA MAURIZIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato NATALE VINCENZO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, DE ROSE EMANUELE, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3712/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/07/2007 r.g.n. 8564/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega FABIANI GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 22.12.2003 M.U. impugnava la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di SANTA MARIA CAPUA VETERE emessa il 14.11.2002 con la quale era stata dichiarata inammissibile la domanda di condanna al pagamento della indennità di maternità per astensione facoltativa e rigettata la domanda relativa alla indennità di maternità per astensione obbligatoria.

L’appellante sosteneva che il Giudice di primo grado, in violazione dell’art. 112 c.p.c., non aveva pronunciato in merito alla contestazione avanzata dalla ricorrente sulla avvenuta cancellazione dagli elenchi dei braccianti e non aveva provveduto ad istruire la causa non decidendo sulla domanda di riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato; che erroneamente il Giudice di prime cure aveva ritenuto non esservi la domanda per astensione facoltativa, essendovi in realtà due domande la prima inoltrata il 18.9.1991 e la seconda il 2.2.1993; che infine era stato applicato un termine decadenziale non applicabile in quanto il D.L. n. 384 del 1992, art. 4 che aveva modificato il D.P.R. n. 639 del 1970, non riguardava le controversie sorte in epoca antecedente alla entrata in vigore. Chiedeva, quindi, la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso introduttivo, L’INPS non si costituiva.

Con sentenza del 7 maggio-14 luglio 2007, l’adita Corte d’appello di Napoli rigettava il gravame, ritenendo non provato il rapporto di subordinazione, essendo gli articolati mezzi istruttori del tutto generici e rilevando che, comunque, non risultava agli atti la domanda per astensione facoltativa. Per la cassazione di tale pronunciai ricorre M.U. con due motivi. Resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il proposto ricorso, articolato in due motivi, la M. denuncia, con il primo, la violazione ed errata applicazione degli artt. 414 c.p.c., 420 e 421 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. nonchè carenza di motivazione, peraltro contraddittoria, sugli elementi della domanda, sul suo contenuto e su punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; e, con il secondo, la violazione ed errata applicazione dell’art. 414 c.p.c., n. 5), degli artt. 420 e 421 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. relativi alla prova (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) nonchè carente ed insufficiente motivazione relativamente alla domanda di astensione facoltativa e obbligatoria di maternità (art. 360 c.p.c., n. 5).

In particolare, la ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello di Napoli per non aver ammesso i richiesti mezzi istruttori (prova testimoniale), al fine di dimostrare la sussistenza di un valido rapporto di lavoro agricolo negli anni 1991 e 1992 – presupposto necessario per il riconoscimento dell’indennità di maternità- e per non aver ritenuto provata l’avvenuta presentazione della domanda amministrativa volta ad ottenere l’indennità per astensione facoltativa. Il ricorso non può trovare accoglimento.

Ed invero, il primo mezzo di impugnazione appare inammissibile, poichè la ricorrente, nel lamentare la mancata ammissione della prova testimoniale da parte del Giudice di seconde cure, non ha riportato nel ricorso per cassazione i capitoli di prova non ammessi, in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale, quando, con il ricorso per cassazione, si lamenti l’omessa ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice del merito, il ricorrente ha l’onere di indicare nel ricorso i capitoli non ammessi, dovendosi in difetto ritenere il ricorso inammissibile, posto che tale omissione non consente al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, controllo che per il principio di autosufficienza del ricorso va compiuto sulla sola base del ricorso stesso senza possibilità di integrazione con altri atti (ex plurimis, Cass. 14 marzo 2008, n. 7051).

Anche il secondo mezzo di impugnazione appare inammissibile. Invero, la ricorrente nel denunciare la violazione degli artt. 420 e 421 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., ha omesso – in contrasto con il disposto di cui all’art 366 bis c.p.c. – di concludere la suddetta censura con la formulazione del quesito di diritto, richiesto dalla norma citata a pena di inammissibilità.

L’applicabilità della novella alla controversia in esame discende dal fatto che la sentenza impugnata è stata depositata in data 14 luglio 2007, dunque successivamente all’entrata in vigore (2 marzo 2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Va soggiunto che la questione dell’avvenuta presentazione o meno della domanda amministrativa della prestazione appare, comunque, superata dalla accertata insussistenza di un valido rapporto di lavoro agricolo negli anni 1991 – 1992.

Per quanto esposto il ricorso va rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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