Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12057 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18125-2018 proposta da:

P.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato IACOPO TOZZI;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTEZEBIO

24, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO LOMBARDI, rappresentato

e difeso dagli avvocati AUGUSTO COLUCCI, DANIELA MISSAGLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 419/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 16/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa MELONI

MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Firenze con decisione in data 162-2018 ha confermato la sentenza non definitiva pronunciata dal Tribunale di Firenze pubblicata in data 27/7/2017 in sede di separazione tra i coniugi P.E. e F.G. e respinto l’appello per nullità della sentenza non definitiva di primo grado che aveva pronunciato la separazione immediata dei coniugi prima della pronuncia di accertamento sulla domanda di addebito.

La Corte di Appello di Firenze ha poi condannato P.E. al pagamento delle spese di lite ed al pagamento della somma di Euro 5000,00 ex art. 96 c.p.c., comma 3.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione P.E. affidato a tre motivi.

F.G. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente P.E. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in quanto il giudice territoriale non ha motivato in alcun modo la sentenza.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente P.E. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,100,112,709 bis c.p.c. e art. 151 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n.3 e censura la pronuncia della Corte di Appello di Firenze che ha confermato la sentenza non definitiva di separazione del Tribunale di Firenze in quanto il giudice territoriale nel caso in cui siano state proposte domande reciproche di addebito come nella fattispecie non poteva emettere sentenza parziale ex art. 709 bis c.p.c. di separazione prima di accertare la condotta delle parti. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente P. Eleonora denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 94 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto il giudice territoriale Corte di Appello di Firenze ha condannato P.E. al pagamento delle spese di lite ed al pagamento della somma di Euro 5000,00 ex art. 96 c.p.c., comma 3 mentre, in caso di soccombenza reciproca, avrebbe dovuto compensare le spese di giudizio.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La sentenza di appello della Corte di Appello di Firenze ha confermato correttamente la sentenza non definitiva di primo grado che ha pronunciato la separazione immediata dei coniugi prima della pronuncia di accertamento sulla domanda di addebito e la condanna di P.E. al pagamento delle spese di lite ed al pagamento della somma di Euro 5000,00 ex art. 96 c.p.c., comma 3.

Il primo motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata risulta esaurientemente motivata. In ogni caso il vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 5 non è più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v.Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Il secondo motivo è infondato in quanto l’art. 709 bis c.p.c. prevede espressamente la possibilità di emettere una pronuncia immediata di separazione tra coniugi separatamente dalla pronuncia sulla domanda di addebito.

Recita l’art. 709 bis c.p.c. “All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli artt. 180 e 183, commi 1, 2, e dal 4 al 10. Si applica altresi l’art. 184. Nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto appello immediato che è deciso in camera di consiglio”.

Il legislatore ha quindi previsto, sia nel giudizio di separazione personale dei coniugi (art. 709 bis c.p.c.) sia nel giudizio per lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 12), che il Tribunale emetta sentenza non definitiva relativa, rispettivamente, alla separazione o al divorzio.

Tra l’altro già prima dell’entrata in vigore dell’art. 709 bis c.p.c. in materia di pronuncia anticipata parziale sulla sola separazione questa Corte con Sez. 1, Sentenza n. 13312 del 29/11/1999 ha chiarito che: ” La disposizione di cui alla L. n. 898 del 1970,. art. 4, comma 9, nella formulazione introdotta dalla L. n. 74 del 1987, art. 8, in tema di procedimento di divorzio, secondo la quale il tribunale può emettere sentenza non definitiva, immediatamente appellabile, in ordine alla pronuncia relativa allo “status”, con remissione alla sentenza definitiva di ogni altra decisione sui provvedimenti accessori, si rende applicabile anche ai giudizi di separazione personale, in forza del disposto di cui alla stessa legge, art. 23, comma 1.”

Il terzo motivo è infondato in quanto il giudice di appello ha motivato correttamente la pronuncia sulle spese e condannato la appellante soccombente P.E. al relativo pagamento.

La pronuncia impugnata merita quindi di essere confermata. Per quanto sopra il ricorso deve essere respinto con condanna alle spese della ricorrente secondo il principio di soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima/6 sezione della Corte di Cassazione, il 29 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 giugno 2020

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