Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12056 del 16/05/2017

Cassazione civile, sez. I, 16/05/2017, (ud. 15/03/2017, dep.16/05/2017),  n. 12056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8406/2013 proposto da:

Technymon S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Sistina n. 42, presso

l’avvocato Giorgianni Francesco, rappresentata e difesa dagli

avvocati D’adamo Fabrizio, D’adamo Gerardo, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Edil Strade Vigani S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giulio Cesare n.

14, presso l’avvocato Pafundi Gabriele, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Bordogna Raffaella, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1038/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 21/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/03/2017 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La Technymon srl ha proposto opposizione a due decreti ingiuntivi emessi, a favore della Edilstrade Vigani srl, per il pagamento delle opere di urbanizzazione eseguite per conto di un Consorzio di lottizzazione, deducendo la propria carenza di legittimazione passiva, non avendo essa sottoscritto il contratto di appalto e, nel merito, l’infondatezza della domanda monitoria.

2.- Il Tribunale di Bergamo ha accolto le opposizioni, ritenendo che il vincolo contrattuale ricadesse esclusivamente sulle (tre) imprese consorziate che, essendo state parti della convenzione di lottizzazione stipulata con il Comune di Castelli Calepio in data (OMISSIS), avevano sottoscritto anche il contratto di appalto con la Edilstrade, e non sulle altre imprese che avevano sottoscritto solo la predetta convenzione (come la Sabrorazi, dante causa della Technymon) o quella successiva dell’8 settembre 1995 (come la Technymon).

3.- Il gravame della Edilstrade è stato accolto dalla Corte d’appello di Brescia, in data 21 settembre 2012, la quale ha ritenuto che il contratto di appalto con la Edilstrade, benchè stipulato da altri lottizzanti, fosse vincolante anche nei confronti della Technymon, il cui nome doveva intendersi speso dalle lottizzanti e committenti dell’appalto, in forza di un mandato con rappresentanza conferito da tutti i lottizzanti che avevano sottoscritto la convenzione di lottizzazione (e, quindi, anche dalla propria dante causa).

4.- Avverso questa sentenza la Technymon ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui si è opposta la Edilstrade. Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo è denunciato omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e nullità della sentenza impugnata, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere erroneamente ritenuto che la Sabrorazi fosse dante causa della ricorrente, la quale invece aveva acquistato il terreno da un’altra società (la Himon snc) estranea alle convenzioni di lottizzazione e al contratto di appalto.

1.1.- Il motivo è inammissibile, non vertendo il denunciato omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio, che è l’acquisto delle aree comprese nei lotti costituenti oggetto delle convenzioni di lottizzazione, cui consegue, in virtù della relazione con il fondo, l’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione e, quindi, del corrispettivo dell’appalto stipulato con l’Edilstrade, avendo la Technymon sottoscritto la convenzione del 1995 e nulla avendo opposto all’esecuzione delle opere cedute al Comune.

2.- Con il secondo motivo è denunciata nullità della sentenza impugnata, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello di Edilstrade a causa del mutamento della causa petendi della domanda, inizialmente fondata sul contratto di appalto e poi fondata sulla convenzione di lottizzazione.

2.1.- Il motivo è infondato, avendo la sentenza impugnata implicitamente pronunciato sulla predetta eccezione, rigettandola.

Il tema relativo all’obbligo della ricorrente di corrispondere all’appaltatrice il corrispettivo dei lavori di urbanizzazione a lei affidati ha costituito l’oggetto della controversia, avendo la Techymon escluso, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, che il contratto stipulato dalle altre lottizzanti potesse valere nei suoi confronti, non avendolo essa firmato, e sostenendo la controricorrente la tesi opposta. Nel corso del giudizio, lungi dal mutare la domanda, la Edilstrade si è limitata a specificare le sue pretese, evidenziando la derivazione del rapporto contrattuale tra le parti dalla convenzione urbanistica, senza apportare alcuna modificazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione e senza introdurre temi di indagine e di decisione nuovi, in quanto fondati su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo e tali da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio, come accade invece nel caso di inammissibile mutatio libelli (v., tra le tante, Cass. n. 1585/2015).

3.- Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione della L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 28, della L. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 1655 c.c. e segg. e art. 1704 c.c., in tema di mandato con rappresentanza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere ravvisato nella citata convenzione l’esistenza di un mandato con rappresentanza conferito dalle parti lottizzanti a quelle di esse che avevano scelto l’impresa appaltatrice e stipulato il contratto di appalto; la Corte di merito avrebbe omesso di considerare che si trattava di una convenzione non “ad iniziativa privata” ma “d’ufficio” di diritto pubblico, la quale non poteva essere fonte di obbligazioni nei confronti dei terzi (Edilstrade) ma solo dei lottizzanti e dell’Amministrazione pubblica; che si trattava di contratto a forma scritta ad substantiam e che, quindi, anche la procura avrebbe dovuto essere conferita, a pena di nullità, in forma scritta, in maniera inequivoca ed essere allegata al contratto cui accedeva mediante espressa spendita del nome del rappresentato.

Con il quarto motivo è denunciata la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per mancato rilievo del difetto di legittimazione passiva della ricorrente, essendo legittimati a rispondere delle pretese dell’appaltatrice solo i lottizzanti sottoscrittori del contratto di appalto.

3.1.- Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati e, in parte, inammissibili.

In primo luogo, essi si limitano a denunciare la violazione di una pluralità di leggi disparate, senza una trattazione puntuale, per ciascuna di esse, nè delle specifiche argomentazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, che si assumono contrastanti con le norme regolatrici della fattispecie, nè delle ragioni dell’asserito contrasto (v., tra le tante, Cass. n. n. 635/2015).

In secondo luogo, la questione della tipologia della convenzionale (“d’ufficio” o “ad iniziativa di parte”), non solo, non risulta che sia stata trattata nel giudizio di merito e la sua introduzione nel giudizio di legittimità non sarebbe consentita, implicando accertamenti di fatto che non possono essere compiuti in sede di legittimità, ma neppure è agevole comprendere quale rilevanza dovrebbe avere nel caso concreto.

Inoltre, i motivi in esame non colgono nè censurano la ratio decidendi con la quale la sentenza impugnata ha evidenziato che il contratto di appalto con Edilstrade era stato sottoscritto dalle lottizzanti-committenti anche in nome delle altre lottizzanti, tra le quali la ricorrente.

Tale ultima circostanza consente di superare in radice il rilievo, implicitamente svolto nel motivo, secondo cui si tratterebbe di un contratto di appalto ad substantiam, che si assume vincolante solo nei confronti delle parti che lo avevano direttamente sottoscritto e, quindi, non nei confronti della ricorrente.

A questo riguardo, non è utile il riferimento alla sentenza della Corte di giustizia n. 399 del 12 luglio 2001, che ha definito come “appalto pubblico di lavori” quello avente ad oggetto la realizzazione di opere di urbanizzazione anche da parte di soggetti formalmente privati, non avendo la ricorrente nemmeno allegato la pertinenza nella fattispecie del suddetto principio, applicabile soltanto agli appalti il cui importo risulti uguale o superiore all’elevata soglia fissata dall’art. 6, n. 1, della direttiva n. 93/37/Cee.

Inoltre, la contemplatio domini non è incompatibile con i contratti a forma scritta – quale si assume che fosse il contratto di appalto con Edilstrade – esigendosi solo un particolare rigore nell’accertamento in concreto della spendita del nome del rappresentato (Cass. n. 3364/2010), seppure senza necessità di formule sacramentali (Cass. n. 17346/2009): la relativa indagine, involgendo accertamenti di fatto, è devoluta al giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità quando, come nella specie, sia adeguatamente motivato, avendo la Corte bresciana puntualmente evidenziato che la spendita del nome dei lottizzanti risultava nelle premesse del contratto.

4.- Con il quinto motivo è denunciata la nullità della sentenza impugnata e l’erroneità od omissione di motivazione, per non avere considerato che, nel caso di sottoscrizioni cronologicamente differenziate della convenzione, in base all’art. 5 della convenzione di lottizzazione, i lottizzanti interessati non sottoscrittori del contratto di appalto avevano diritto di rivalersi nei confronti delle altre imprese, sulla base di una tabella millesimale predisposta dal Comune.

4.1.- Il motivo è inammissibile, in considerazione della genericità del motivo, in relazione al contenuto della convenzione di lottizzazione e del contratto di appalto, di cui si predica l’erronea interpretazione, omettendo di trascriverne i dati salienti e senza fare comprendere il senso della doglianza, in violazione del canone della specificità del ricorso (art. 366 c.p.c., n. 4).

5.- In conclusione, il ricorso è rigettato.

6.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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