Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12055 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/05/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 31/05/2011), n.12055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

T.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GHIBELLINI ALESSANDRO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 297/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 12/05/2006, r.g.n. 810/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega TOSI PALO;

udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO per delega SERGIO VACIRCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 263/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Chiavari rigettava la domanda proposta da T.L. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 1-7-2002 al 20-9-2002, ai sensi dell’art. 25 CCNL 11-1-2001, per “esigenze di carattere straordinario….” e per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, con conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato, e la condanna alla ricostruzione del rapporto.

Il T. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.

La società si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Genova, con sentenza depositata il 12-5-2006, in riforma dell’impugnata sentenza dichiarava l’illegittimità del termine apposto al contratto de quo e conseguentemente dichiarava la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato a decorrere dal 1-7-2002; condannava la società a corrispondere all’appellante l’ordinaria retribuzione maturata a decorrere dal di della notifica del ricorso di primo grado sino all’effettiva ripresa dell’attività lavorativa, oltre rivalutazione e interessi, il tutto oltre al pagamento delle spese del doppio grado.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con due motivi.

Il T. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione della L. n. 56 del 1987, art. 53 e dell’art. 25 del ccnl 11-1-2001, nonchè dell’art. 1362 c.c. e segg. e vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che la impugnata sentenza si fonda sull’erroneo “pregiudizio” secondo cui l’art. 23 citato “non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti assunzioni a termine collegate a situazioni (oggettive o soggettive) tipicamente aziendali che non siano direttamente collegate ad occasioni precarie di lavoro”, di guisa che l’art. 25 del ccnl 2001 è stato erroneamente interpretato nel senso che “esso avrebbe consentito l’assunzione a tempo determinato solo laddove sussista concretamente un collegamento tra l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze straordinarie richiamate per giustificarla, con riferimento a specifici uffici e mansioni”, senza che le parti collettive avessero mai ipotizzata e tanto meno voluta la necessità di tale correlazione.

La ricorrente all’uopo richiama il principio della “delega in bianco” conferita dallo stesso art. 23 alla contrattazione collettiva, ed in ogni caso lamenta “insufficiente e contraddittoria motivazione” avendo la sentenza impugnata “ritenuto la mancanza di prova delle circostanze dedotte in contratto e della loro riferibilità alla situazione dell’ufficio di applicazione del lavoratore, a fronte delle testimonianze rese sul punto nel primo grado di giudizio” (neppure valutate dalla Corte di merito).

Con il secondo motivo, la ricorrente, “sotto altro concorrente motivo” lamenta che la sentenza impugnata “risulta gravemente viziata nella misura in cui non ha in alcun modo preso in considerazione che l’assunzione dell’odierno intimato, oltre che per le descritte esigenze straordinarie, è stata effettuata anche per la “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie”.

Il primo motivo risulta fondato, in conformità con l’indirizzo costantemente dettato da questa Corte, in relazione ai contratti stipulati ai sensi dell’art. 25 del ccnl 2001, come quello in esame.

Il contratto in causa, infatti, nell’impugnata sentenza risulta pacificamente stipulato e disciplinato in virtù dell’art. 25 citato, e sul punto non vi è censura alcuna in questa sede, essendo le parti concordi.

Ciò posto, in particolare questa Corte Suprema, con riferimento ai contratti conclusi ai sensi dell’art. 25 citato (v., fra le altre, Cass. 26 settembre 2007 n. 20162, Cass. 1-10-2007 n. 20608), decidendo in casi analoghi, ha cassato la sentenza del giudice di merito che ha dichiarato illegittimo il termine apposto ad un contratto stipulato in base alla previsione della norma contrattuale sopra citata, osservando, in linea generale, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti sindacali hanno individuato, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, quella di cui al citato art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001.

In specie, quale conseguenza della suddetta delega in bianco conferita dal citato art. 23, questa Corte ha precisato che i sindacati, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti.

Premesso, poi, che l’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 prevede, come si è visto, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, questa Corte ha ritenuto viziata l’interpretazione dei giudici del merito che, sull’assunto della assoluta genericità della disposizione in esame, ha affermato che la stessa non contiene alcuna autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi sono strumentali.

Tale orientamento va confermato in questa sede, essendo, del resto, la tesi accolta dalla Corte di Appello fondata sull’erroneo presupposto che il legislatore non avrebbe conferito una “delega in bianco” ai soggetti collettivi ed avrebbe imposto al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962.

Del resto, nel quadro delineato, deve ribadirsi il principio secondo cui “neppure è necessario che il contratto individuale contenga specificazioni ulteriori rispetto a quelle menzionate nella norma collettiva” (v. fra le altre Cass. 14-3-2008 n. 6988).

Nello stesso quadro parimenti fondato è, poi, il secondo motivo in relazione alla seconda causale, riguardante la “concomitanza di assenze per ferie “, per nulla considerata dalla Corte territoriale.

Sul punto, del resto, premesso che “l’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sè causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso” (v. Cass. 17-6-2008 n. 16396), in relazione a tale seconda causale, questa Corte ha più volte confermato, anche con riferimento alla nuova previsione collettiva contenuta nell’art. 25 del ccnl del 2001, il principio precedentemente affermato con riguardo alla stessa ipotesi già prevista dall’art. 8 del ccnl del 1994, secondo cui, stante l’autonomia della ipotesi collettiva rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato (v.

fra le altre Cass. 28-3-2008 n. 8122) e neppure prevede la necessità della indicazione del nominativo del lavoratore sostituito (v. fra le altre Cass. 13-6-2005 n. 12632).

La tesi contraria, infatti, si muove pur sempre nella (erronea) prospettiva che il legislatore non avrebbe conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962 (v. fra le altre Cass. 12-3-2008 n. 6658).

Tanto basta per accogliere il ricorso e per cassare la impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione, la quale provvederà attenendosi ai principi sopra richiamati, statuendo anche sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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