Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12053 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16877-2019 proposto da:

M.H., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPINA MARCIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE Dl (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 12/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Paola

Vella.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Milano ha rigettato le domande proposte del cittadino nigeriano M.H. per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero la protezione sussidiaria o in subordine umanitaria, senza disporne l’audizione all’udienza fissata, ritenendo non credibile il racconto (segnatamente, di essere venuto in Italia dopo l’uccisione del fratello in Libia e di temere, in caso di rientro in Nigeria, di essere ucciso dallo zio che si voleva impadronire dei documenti di proprietà di un terreno che il nonno aveva lasciato in eredità a suo padre, il quale si era rifiutato di dividerlo con lo zio ed era poi stato ucciso in casa da cinque soggetti incappucciati, mentre lui era stato picchiato e aveva denunciato il fatto alla polizia che però, dopo aver interrogato lo zio, lo aveva rilasciato, pur promettendo di indagare sui responsabili dell’omicidio);

2. il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, mentre il Ministero intimato non ha svolto difese;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo si lamenta (testualmente) la “violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, Dir. n. 2013/32/UE, art. 46, paragrafo 3, CDFUE, art. 47, CEDU, artt. 6 e 13, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per violazione del dovere del giudice di cooperazione e del principio di attenuazione dell’onere della prova in merito alla mancata audizione del ricorrente”, nonostante l’esplicita richiesta della difesa.

4.1. La censura è infondata, poichè alla fissazione dell’udienza – qui pacificamente avvenuta – non consegue automaticamente l’obbligo del giudice di fissare una ulteriore audizione del ricorrente, ove la domanda di protezione risulti manifestamente infondata (ex multis, Cass. 4788/2020, 3862/2020, 5973/2019, 3029/2019, 2817/2019, 17717/2018; cfr. Corte giust., 26/07/12017, Moussa Sacko) e l’istanza di audizione appaia generica o esplorativa, perchè non accompagnata dall’indicazione delle circostanze da chiarire in sede di audizione (Cass. 1782/2020); a tale orientamento il tribunale ha espressamente aderito, rilevando come la richiesta di audizione fosse del tutto generica e fossero “già stati acquisiti tutti gli elementi necessari ai fini della decisione”.

5. Il secondo mezzo denunzia la “violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo della controversia in punto di riconoscimento protezione sussidiaria – in merito all’effettiva situazione sociale, politica ed economica e sulla pericolosità della Nigeria”.

5.1. La censura è inammissibile perchè assolutamente generica e difforme dal paradigma del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (applicabile ratione temporis), che rende l’apparato argomentativo sindacabile in sede di legittimità solo entro precisi limiti (explurimis Cass. 17247/2006, 18587/2014), qui non rispettati, essendo onere del ricorrente indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8503/2014; ex plurimis Cass. 27415/2018).

5.2. In ogni caso il giudice a quo ha congruamente motivato l’insussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sulla base di “COI” (Country of origin information) puntuali e aggiornate al 2019, così assolvendo il dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, prima di escludere motivatamente l’esistenza di una situazione nel paese di origine talmente grave da costituire un ostacolo al rimpatrio del richiedente (ex plurimis, Cass. 19716/2018, 5192/2020).

6. Il terzo mezzo – rubricato (testualmente) “violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, omesso esame circa un fatto decisivo della controversia: presupposti rilascio permesso soggiorno per motivi umanitari” – lamenta l’omessa comparazione valutativa tra la situazione vissuta prima della partenza e quella cui il ricorrente si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio.

6.1. La censura è infondata, sia perchè il tribunale ha in realtà valutato le circostanze allegate, sia perchè questa Corte ha precisato che, ai fini della “valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”, è comunque “necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei perchè da essi possa desumersi che il suo rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. Sez. U, nn. 29459, 29460, 29461 del 2019; conf. Cass. 4455/2018, 27336/2018, 8908/2019, 17169/2019, 630/2020); la generica doglianza integra perciò una richiesta di rivisitazione del merito, inammissibile in questa sede (Cass. 16056/2016, 29404/2017, 9547/2017, 27072/2019, 6939/2020, 7192/2020);

7. Nulla sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.

8. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U, 23535/2019).

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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