Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12051 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3830-2019 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ENNIO CERIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS) SEZIONE

DI (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Paola

Vella.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Campobasso ha respinto le domande di protezione sussidiaria e umanitaria proposte dal cittadino bangladese S.A., il quale aveva riferito di aver lasciato il suo Paese nel febbraio 2016 per necessità economiche;

2. il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il primo motivo – con cui si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, – è infondato, in quanto l’esclusione nel Bangladesh di un pericolo derivante da violenza diffusa e incontrollabile, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), è stata congruamente motivata dal giudice a quo sulla base delle COI legittimamente reperite “sul sito della Farnesina” e “nell’ultimo rapporto Amnesty International”, con conseguente assoluzione del dovere del giudice di verificare – utilizzando fonti attendibili per scrutinare le “COI” (Country of origin information) – se nel Paese di origine sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rimpatrio del richiedente (Cass. 19716/2018), nel rispetto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che impone l’acquisizione di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati (ex plurimis, da ultimo, Cass. 5192/2020);

5. il secondo mezzo (violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, e della circolare n. 3716 del 30/07/2015 che riconosce la protezione umanitaria nel caso di “temporanea impossibilità di rimpatrio a causa dell’insicurezza del paese o della zona di origine”) è inammissibile, poichè deduce solo formalmente un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata da una norma di legge, nella sostanza allegando un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ciò che inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, se non sotto il profilo motivazionale (Cass. 24155/2017, 22707/2017, 6587/2017, 195/2016);

6. parimenti inammissibile è il terzo motivo, con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, e l’omesso esame di fatti decisivi (svolgimento di attività lavorativa e valutazione comparativa ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari), in quanto il tribunale ha in realtà valutato tutte le circostanze allegate e questa Corte al riguardo ha precisato che, ai fini della “valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”, è “necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei perchè da essi possa desumersi che il suo rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. Sez. U, nn. 29459, 29460, 29461 del 2019; conf. Cass. 4455/2018, 27336/2018, 8908/2019, 17169/2019, 630/2020); la generica doglianza proposta integra perciò una inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 16056/2016, 29404/2017,

9547/2017, 27072/2019, 6939/2020, 7192/2020);

7. il ricorso va quindi rigettato, con condanna alle spese in favore del Ministero controricorrente, liquidate in dispositivo;

8. sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U, 23535/2019).

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate e prenotande a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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