Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12047 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2557-2019 proposto da:

ATTAH ABRAHAM DAVID, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati ELISABETTA COSTA, LUCA MOTTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2043/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 17/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Venezia ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Venezia aveva rigettato le domande di protezione internazionale e umanitaria proposte dal cittadino nigeriano ATTAH ABRAHAM DAVID – il quale aveva dichiarato di essere fuggito dalla Nigeria ((OMISSIS)) per timore di essere arrestato dal capo villaggio, quale attivo avversario del regime – ritenendo il racconto non credibile e insussistenti le rappresentate condizioni di vulnerabilità.

2. Il ricorrente ha proposto un motivo di ricorso per cassazione, rispetto al quale il Ministero intimato non ha svolto difese.

3. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il ricorrente lamenta la “mancanza, o comunque manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria”.

5. La censura è infondata, in quanto la motivazione della decisione impugnata è ampiamente al di sopra del “minimo costituzionale” al cui rispetto è attualmente circoscritto il sindacato di legittimità, nel senso che “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce – con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza” – nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 8053/2014).

6. Nel caso di specie, la motivazione è stata formulata in modo congruo, sulla base delle ampie e aggiornate C.O.I. acquisite dalla corte territoriale, risultando semmai generica la stessa censura, che non rispetta nemmeno i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis), che rende l’apparato argomentativo sindacabile in sede di legittimità solo entro precisi limiti (ex plurimis Cass. 17247/2006, 18587/2014), qui non osservati, poichè sarebbe stato onere del ricorrente indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8503/2014; conf. ex plurimis Cass. 27415/2018).

7. L’assenza di difese dell’intimato esclude la pronuncia sulle spese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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