Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12047 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/05/2017, (ud. 06/04/2017, dep.16/05/2017),  n. 12047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15938/2016 proposto da:

O.S., B.E., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato MICHELA PERONACE;

– ricorrenti –

contro

CASSA RURALE ED ARTIGIANA DI CANTU’ BANCA DI CREDITO COOPERATIVO SOC.

COOP.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4871/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 06/04/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza resa in data 17/12/2015, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Cassa Rurale e Artigiana di Cantù, Banco di credito cooperativo società cooperativa, ha dichiarato l’inefficacia nei confronti dell’attrice, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2901 c.c., dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale posto in essere da O.S. ed B.E., ritenendo la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge per il valido esercizio dell’azione revocatoria da parte della banca creditrice;

che avverso la sentenza d’appello, O.S. ed B.E. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che la Cassa Rurale e Artigiana di Cantù, Banco di credito cooperativo società cooperativa non ha svolto difese in questa sede;

che, a seguito della fissazione della Camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo d’impugnazione, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2901 c.c., nonchè degli artt. 167 e 170 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria, senza tener conto dell’inopponibilità, nei confronti del fondo patrimoniale, del credito vantato dall’Istituto avversario, avuto riguardo alla pubblicità regolarmente assicurata all’atto di costituzione del fondo e attesa l’assunzione, del debito contratto con la banca, per scopi estranei ai bisogni della famiglia;

che la censura inammissibile;

che, infatti – premessa l’inammissibilità delle argomentazioni fondate dai ricorrenti sulla dedotta insensibilità del fondo patrimoniale (rispetto alla pretesa della banca creditrice) che l’azione revocatoria è per sua natura propriamente diretta a rimuovere – osserva il collegio come i ricorrenti abbiano prospettato il vizio in esame sotto il profilo della violazione di legge, là dove gli stessi risultano aver viceversa richiamato, a fondamento della censura illustrata, l’esame delle risultanze di causa con riguardo alla (da loro ritenuta) più esatta ricostruzione dei profili concernenti l’effettivo ricorso dei presupposti per il valido ed efficace esercizio dell’azione revocatoria, al fine di comprovare l’erronea ricognizione, da parte della corte territoriale, della fattispecie concreta e non già l’erronea lettura di una fattispecie normativa astratta, unica rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

che tale operazione – neppure coinvolgendo l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso (insistendo i ricorrenti nella prospettazione di una diversa ricostruzione dello stesso, rispetto a quanto operato dal giudice a quo) – rimane del tutto estranea alla logica di deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, come tale inammissibilmente sollevato in questa sede;

che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa la valutazione della condotta dell’istituto di credito consistita nel disfarsi imprudentemente della precedente garanzia costituita dalla lettre de patronage di altro soggetto, nonchè per violazione degli artt. 1322 e 1333 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato il contenuto della garanzia assunta attraverso detta lettre de patronage;

che la censura è inammissibile;

che, infatti, ferma l’inammissibilità della deduzione del vizio di motivazione fuori dai limiti consentiti dal disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo attualmente in vigore (non avendo i ricorrenti prospettato le censure avanzate nel ridotto quadro dell’omesso esame di fatti decisivi controversi, o del mancato rispetto del c.d. minimo costituzionale della motivazione), osserva il collegio come la doglianza avanzata con riguardo alla dedotta violazione degli artt. 1322 e 1333 c.c., in contrasto con l’epigrafe del motivo d’impugnazione (riferita alla violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), appare in realtà espressione di un’invocata rilettura interpretativa del testo negoziale della lettre de patronage dedotta, come tale inammissibile in sede di legittimità, avendo gli stessi ricorrenti trascurato di indicare in termini specifici le modalità attraverso le quali la corte territoriale si sarebbe sottratta alla corretta applicazione delle norme del codice civile dettate in tema di interpretazione degli atti negoziali;

che, sulla base delle argomentazioni che precedono, all’accertamento dell’inammissibilità del ricorso non segue l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo nessuno degli intimati svolto difese in questa sede.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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