Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12045 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16462-2018 proposto da:

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 297,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO TASSONE, rappresentata e difesa

dagli avvocati EMANUELE CAIMI, NICOLA RONDINONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Responsabile del Contenzioso Regionale Lombardia pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GENNARO DI MAGGIO;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1532/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Milano ha rigettato il reclamo L. Fall., ex art. 18, proposto dalla società (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione avverso la sentenza con cui il Tribunale di Varese ne aveva dichiarato il fallimento, previa declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo “con riserva” L. Fall., ex art. 161, comma 6, in quanto proposta da società volontariamente cancellatasi dal Registro delle imprese e sottoscritta dall’ex liquidatore senza apposita delibera risultante da verbale redatto da notaio L. Fall., ex art. 152.

2. La decisione di primo grado è stata confermata dalla corte territoriale sul rilievo assorbente della inammissibilità di una domanda di concordato preventivo proposta dall’imprenditore nell’anno successivo alla sua cancellazione dal Registro delle imprese, stanti la natura eccezionale della L. Fall., art. 10, (che a determinate condizioni consente invece la dichiarazione di fallimento nel predetto lasso temporale) e l’insussistenza dei presupposti per la sua applicazione analogica, sotto un profilo sia oggettivo (essendo il fallimento strumentale ad una maggiore tutela dei creditori) che soggettivo (la cancellazione dal registro facendo presumere una rinuncia alla proposizione di domande concordatarie).

3. La società (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui Agenzia entrate Riscossione ha resistito con controricorso, mentre la curatela fallimentare non ha svolto difese.

4. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Considerato che:

4. Con il primo motivo si deduce che erroneamente la L. Fall., art. 10, sarebbe stata ritenuta norma eccezionale, in violazione anche dell’art. 14 disp. att. c.c., sia perchè “la finzione giuridica di “esistenza” dell’imprenditore cancellato” è contemplata anche dal D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, (con una fictio iuris addirittura quinquennale), sia perchè in favore della natura eccezionale della norma non deporrebbero nè la riforma societaria del 2003-2004 (per cui l’estinzione della società discende dalla sua cancellazione, ex art. 2945 c.c. cpv.), nè quella fallimentare del 2005-2007 (ove la cessazione dell’impresa si presume coincidere con la sua cancellazione), stante appunto la fictio iuris della persistenza in vita dell’ente.

5. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione della L. Fall., artt. 10 e 160, nonchè dell’art. 12 disp. att. c.c., in quanto sotto il profilo oggettivo le due procedure concorsuali perseguirebbero le medesime finalità e sotto quello soggettivo sarebbe improprio far discendere presuntivamente dalla cancellazione dal registro delle imprese una implicita rinuncia al diritto, non ancora sorto, di presentare domanda di concordato preventivo entro l’anno successivo.

6. I due motivi, che in quanto connessi vanno esaminati congiuntamente, sono infondati, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte – dal quale non vi è ragione di discostarsi – per cui il combinato disposto dell’art. 2495 c.c., e L. Fall., art. 10, impedisce al liquidatore della società cancellata dal registro delle imprese, della quale, entro l’anno dalla cancellazione, sia domandato il fallimento, di richiedere il concordato preventivo, anche perchè l’imprenditore che volontariamente formalizzi e pubblicizzi la cessazione della propria attività di impresa, attraverso la cancellazione dal registro delle imprese, assume erga omnes un comportamento incompatibile con il ricorso agli strumenti allestiti dal legislatore per la composizione negoziale della crisi di un’attività imprenditoriale che sia riconducibile ad un soggetto esistente (v. Cass. 21286/2015, richiamata da Cass. 14069/2018, con riguardo alla diversa fattispecie del recesso del socio illimitatamente responsabile).

7. In particolare, Cass. 21286/2015 ha rilevato la manifesta infondatezza della “questione di legittimità costituzionale, per contrarietà agli artt. 3 e 24 Cost., del combinato disposto dell’art. 2495 c.c., e L. Fall., art. 10, che impediscono al liquidatore della società cancellata dal registro delle imprese, di cui, entro l’anno dalla cancellazione, sia domandato il fallimento, di richiedere il concordato preventivo”, osservando in particolare che quest’ultima procedura, “diversamente dalla prima, che ha finalità solo liquidatorie, tende alla risoluzione della crisi di impresa, sicchè l’intervenuta e consapevole scelta di cessare l’attività imprenditoriale, necessario presupposto della cancellazione, ne preclude “ipso facto” l’utilizzo, per insussistenza del bene al cui risanamento essa dovrebbe mirare; nè l’istanza concordataria può essere intesa come uno dei mezzi attraverso i quali si esplica il diritto di difesa del fallendo in sede di istruttoria prefallimentare”.

7.1. Tale posizione è stata espressamente richiamata e implicitamente avallata dal Giudice delle Leggi, che, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale della L. Fall., art. 10, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., (“nella parte in cui non consente la dichiarazione di fallimento anche oltre il termine di un anno dalla cancellazione del registro delle imprese, qualora il rispetto di tale termine sia impedito dalla proposizione di una domanda di concordato preventivo ed il conseguente procedimento si sia concluso dopo la scadenza del termine annuale, con la dichiarazione di inammissibilità della domanda (come nel caso di specie) o comunque con la dichiarazione di revoca dell’ammissione o la mancata approvazione della proposta o la reiezione all’esito del giudizio di omologa”), ha osservato come essa muovesse da una premessa – e cioè che “all’interno del periodo annuale decorrente dalla cancellazione dal registro delle imprese, l’impresa cancellata possa ancora proporre una istanza di concordato preventivo, che andrebbe in tal modo ad affiancarsi ad eventuali contrapposte istanze creditorie volte alla declaratoria del suo fallimento” – tutt’altro che scontata, ed anzi disattesa dal diritto vivente incline ad escludere ipso facto la legittimazione dell’impresa cancellata ad attivare una procedura di concordato (Corte Cost. 9/2017).

7.2. Decisivo, al riguardo, è stato ritenuto l’effetto estintivo derivante dalla cancellazione della società, con conseguente perdita della sua stessa soggettività (Cass. Sez. U, 4060, 4061 e 4062 del 2010; conf. ex multis, Cass. 1677/2012 e 8596/2013), posto che, ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, (nel testo introdotto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, entrato in vigore dal primo gennaio 2004), la cancellazione dal registro delle imprese produce l’immediato effetto costitutivo dell’estinzione della società, anche in presenza di debiti deliberatamente o colpevolmente non considerati nella liquidazione, sia pure senza produrre l’estinzione delle corrispondenti obbligazioni, perchè, si è detto, si finirebbe altrimenti col consentire al debitore di disporre unilateralmente del diritto altrui (Cass. Sez. U, 6070/2013).

7.3. In altri termini, il Giudice delle leggi, posto di fronte alla irragionevolezza della (supposta) facoltà, per il debitore, di presentare una domanda di concordato preventivo durante la pendenza del termine previsto dalla L. Fall., art. 10, e così di frapporre un ostacolo giuridico alla dichiarazione di fallimento, precludendola irrimediabilmente nel caso in cui quella domanda si rivelasse inammissibile (o comunque infruttuosa) dopo la scadenza del suddetto termine, ha sottolineato il fatto che, all’interno del periodo annuale decorrente dalla cancellazione dal registro delle imprese, difetta radicalmente la stessa legittimazione della società – ormai inesistente – ad accedere alla procedura di concordato preventivo.

8. In effetti, la L. Fall., art. 160, comma 1, è inequivocabile nel porre la legittimazione attiva alla proposizione della domanda di concordato preventivo in capo all'”imprenditore che si trova in stato di crisi” (comprensivo dello stato di insolvenza, ai sensi del successivo comma 3), laddove con la cancellazione dal registro delle imprese l’imprenditore, come detto, non esiste più.

8.1. Nè, in assenza di qualsivoglia richiamo espresso alla L. Fall., art. 10, nel Titolo III, che disciplina il concordato preventivo, risulta condivisibile la tesi di una sua applicazione analogica o estensiva alla domanda di concordato preventivo, trattandosi di norma che – in via del tutto eccezionale – ammette, sulla base di una fictio iuris, che una società cancellata dal registro delle imprese, e quindi estinta, possa essere dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione (sempre che l’insolvenza si sia “manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”) e che il procedimento prefallimentare si svolga nei confronti della stessa società estinta (Cass. Sez. U, 6070/2013), la quale solo a questi fini non viene privata della capacità processuale, con conseguente validità della notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento presso la sua sede (Cass. 24968/2013, 5253/2017) e attribuzione al liquidatore della legittimazione al contraddittorio in tutte le fasi del procedimento prefallimentare, oltre che nell’ambito della susseguente procedura fallimentare (Cass. 21026/2013).

8.2. Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte avevano da tempo sottolineato come la L. Fall., art. 10, rappresentasse “la sola eccezione” al principio dell’estinzione della società al momento della sua cancellazione (Cass. Sez. U, 6070/2013, 6071/2013, 15295/2014 e 20447/2014) – prima che nell’ordinamento fosse introdotta l’ulteriore eccezione in materia tributaria, con il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, per cui “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c., ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese” – sottolineando altresì che da questa fictio iuris – che postula come esistente ai soli fini del procedimento fallimentare “un soggetto ormai estinto (come del resto accade anche per l’imprenditore persona fisica che venga dichiarato fallito entro l’anno dalla morte)” – “non si saprebbero trarre argomenti sistematici da utilizzare in ambiti processuali diversi” (Cass. Sez. U, 6070/2013).

9. Altri indizi normativi ritenuti di supporto, più o meno diretto, alla tesi sopra esposta sono: l’espunzione, dalla L. Fall., art. 160, (sui “Presupposti per l’ammissione alla procedura” di concordato preventivo), dell’inciso relativo alla facoltà del debitore di proporre domanda di concordato preventivo “fino a che il suo fallimento non è dichiarato”; le disposizioni della L. Fall., art. 152, in punto di decisione della maggioranza dei soci (nelle società di persone) e deliberazione degli amministratori (nelle società di capitali) necessarie ai fini della formulazione della proposta di concordato e della sua iscrizione nel registro delle imprese, a norma dell’art. 2436 c.c.; l’espressa e unica deroga alla stretta applicazione della L. Fall., art. 10, contenuta nella L. Fall., art. 22, comma 5, (che consente di computare il termine annuale non già rispetto alla dichiarazione di fallimento bensì all’accoglimento del reclamo contro il rigetto dell’istanza di fallimento); la riduzione del termine previsto per il deposito della domanda di concordato, ai sensi della L. Fall., art. 161 commi 6 e 10, ove – existente societate – sia già pendente il procedimento per la dichiarazione di fallimento.

10. La ratio del divisato orientamento ha del resto radici comuni al principio – affermato per gli imprenditori ancora “esistenti” – per cui “la domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo” (Cass. Sez. U, 9935 e 9936 del 2015).

11. Merita infine segnalare come l’orientamento qui ribadito sia stato recepito e positivizzato, per il futuro, dal CCII (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, e succ. mod.) il cui art. 33, u.c., dispone espressamente, che è inammissibile la domanda di concordato preventivo (o di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti) presentata dall’imprenditore cancellato dal registro delle imprese, pur prevedendo, nel comma 2, l’obbligo per l’imprenditore di mantenere attivo l’indirizzo di posta elettronica certificata per un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, ai fini della possibile dichiarazione di fallimento.

12. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo.

13. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U, 23535/2019).

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, se dovuto, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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