Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12039 del 10/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 10/06/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 10/06/2016), n.12039

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17933/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,

((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

unitamente dagli Avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO,

MAURO RICCI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA del 31/1/2014,

depositata il 31/1/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/5/2016 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato EMANUELA CAPANNOLO, difensore del ricorrente, che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata:

“Con ricorso del 26/6/2012, C.A. presentava istanza per accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., per la verifica della propria condizione inabilitante ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento. Il c.t.u. officiato accertava solo la sussistenza di una invalidità del 100% (non, dunque, una impossibilità di deambulare autonomamente ovvero di attendere agli atti quotidiani della vita). Avverso tali conclusioni non venivano mosse contestazioni. Il Tribunale, con decreto ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 5, omologava l’accertamento relativo requisito sanitario. Con lo stesso decreto il Giudice poneva a carico dell’I.N.P.S. le spese processuali nonchè quelle della c.t.u., liquidate come da separato decreto.

Con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., l’I.N.P.S. impugna la pronuncia suddetta.

C.A. è rimasto intimato.

L’I.N.P.S. innanzitutto sostiene la esperibilità del ricorso straordinario avverso il decreto di omologazione reso ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, convertito in L. n. 111 del 2011, solo per quanto riguarda la condanna alle spese. Rileva che il Giudice del lavoro, omologando l’accertamento del requisito sanitario in conformità alle risultanze peritali, negative per l’interessato, aveva condannato esso istituto al pagamento delle spese processuali e di c.t.u.. La condanna alle spese erroneamente emessa a suo carico – sostiene l’I.N.P.S. – viene in considerazione in via autonoma, a prescindere dalla statuizione sulla questione principale, le cui sorti comunque non rilevano. In tal caso non vi sarebbe ragione di negare la impugnabilità della decisione sulle spese, perchè questa incide su un diritto patrimoniale e non è previsto altro mezzo di impugnazione, giacchè il decreto di omologa viene dichiarato espressamente non impugnabile nè modificabile.

Tanto premesso, con i motivi di ricorso l’I.N.P.S. censura la sentenza per violazione degli artt. 91, 92, 113 e 116 c.p.c. e art. 152 disp. att. c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 445 bis c.p.c., comma 5; lamenta che esso Istituto, nonostante fosse stata parte totalmente vittoriosa, sia stato condannato al pagamento delle spese processuali e di CTU. Sottolinea che la parte privata, ove soccombente nelle controversie previdenziali ed assistenziali, può essere esonerata dal pagamento delle spese legali e di consulenza solo ove nel ricorso introduttivo abbia formulato apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione di titolarità, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di redditi Irpef inferiori ai limiti previsti dalla norma. Nella specie la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà non era stata formulata, come prescritto dalla legge, nelle conclusioni del ricorso introduttivo.

Il ricorso è ammissibile sulla scorta di quanto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema in fattispecie analoga (cfr.

Cass. n. 6084/14, cui si rinvia in parte qua), perchè, là dove condanna l’I.N.P.S. alle spese, costituisce un provvedimento definitivo, di carattere decisorio, che incide indubbiamente sui diritti patrimoniali e che è non soggetto ad impugnazione in altre sedi.

Il ricorso è, altresì, manifestamente fondato.

La pronuncia sulle spese dell’ATP ex art. 445 bis c.p.c., è esplicitamente prevista dal comma 5 dello stesso articolo, ma deve pur sempre coordinarsi con il principio generale della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., comma 1 e con quello giurisprudenziale secondo cui in nessun caso la parte totalmente vittoriosa può essere condannata alle spese.

Orbene, nel caso di specie il giudice adito ha provveduto, nel decreto di omologa, alla statuizione sulle spese in favore della parte privata pur essendo indubbio che l’Istituto fosse totalmente vittorioso, non essendo stato riconosciuto ad C.A. il requisito sanitario da lui invocato.

Dunque, in sede di merito vi è stata un’evidente e totale soccombenza della parte che ha intrapreso l’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 445 bis c.p.c., di guisa che l’I.N.P.S., totalmente vittorioso, non poteva essere condannato al pagamento delle spese in favore della parte privata (si vedano anche Cass. 8 giugno 2015, n. 11781; Cass. 2 luglio 2015, n. 13550).

In conclusione, si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto di omologa nella parte relativa alla condanna dell’I.N.P.S. alle spese processuali in favore dell’odierno intimato ed a quelle di c.t.u.. La causa potrà essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c. e, non avendo l’originario ricorrente assolto l’onere di formulare, nel ricorso introduttivo, la dichiarazione sostitutiva di certificazione della sua situazione reddituale al fine di ottenere l’esenzione dal pagamento delle spese, ivi comprese quelle di consulenza, come richiesto dall’art. 152 disp. att. c.p.c., le suddette spese andranno poste a suo carico; il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5”.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione il ricorso va accolto e va cassata la sentenza impugnata nella parte relativa alla condanna dell’I.N.P.S. alle spese processuali e di c.t.u.; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., ponendo le spese di c.t.u., come liquidate da Tribunale, a carico dell’originario ricorrente e condannando, altresì, quest’ultimo al pagamento in favore dell’I.N.P.S. delle spese processuali dell’ATP, come quantificate dal Tribunale.

5 – Il comportamento processuale dell’intimato, che nulla ha opposto ai rilievi dell’I.N.P.S. e non ha in alcun modo dato causa all’errore di diritto contenuto nel provvedimento impugnato, ed il solo recente formarsi dell’orientamento di legittimità sul procedimento ex art. 445 bis c.p.c., consentono di compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nella parte relativa alla condanna dell’I.N.P.S. alle spese processuali e di c.t.u. e, decidendo nel merito, pone le spese di c.t.u., come liquidate dal Tribunale, a carico dell’originario ricorrente e condanna, altresì, quest’ultimo al pagamento in favore dell’I.N.P.S. delle spese processuali dell’ATP, come quantificate dal Tribunale;

compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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