Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12038 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 19/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 19/06/2020), n.12038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 81-2015 proposto da:

E.N.E.A. – Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo

Sviluppo economico sostenibile, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI

n. 12;

– ricorrente –

contro

D.C.D.R.M., B.S., elettivamente domiciliate

in ROMA, VIA CARLO POMA n. 2, presso lo studio dell’avvocato SILVIA

ASSENNATO, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIOIA SACCONI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7791/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/11/2013 R.G.N. 6212/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato il ricorso, ha accolto la domanda proposta nei confronti dell’ENEA Ente Nazionale per le Nuove Tecnologie e l’Ambiente- da D.C.D.R.M. e da B.S., in proprio e quali eredi di B.A., e, ritenuto provato il nesso causale fra l’esposizione a sostanze tossiche e l’insorgenza della malattia che aveva poi determinato il decesso del dante causa, ha condannato l’ente al risarcimento del danno, quantificato come da dispositivo, dovuto in quanto era emersa la colpa del datore di lavoro, il quale non aveva predisposto misure di protezione adeguate ed idonee ad impedire l’evento dannoso;

2. la Corte territoriale, per quel che rileva in questa sede, ha evidenziato che il contraddittorio era stato correttamente instaurato nei confronti dell’ENEA, rimasto contumace, ed ha precisato che l’appello, depositato nel rispetto del termine annuale, era stato tempestivamente notificato all’Avvocatura Generale dello Stato, alla quale l’atto doveva essere indirizzato perchè l’ente nel giudizio di primo grado si era avvalso del patrocinio facoltativo dell’Avvocatura;

3. per la cassazione della sentenza, depositata l’11 novembre 2013, ha proposto ricorso, in data 18 dicembre 2014, l’E.N.E.A. – Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie e lo Sviluppo economico sostenibile – sulla base di due motivi, ai quali hanno opposto difese con tempestivo controricorso D.C.D.R.M. e B.S.;

4. entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4 “nullità della sentenza come prevista dagli artt. 101,160,161 e 435 c.p.c.” e assume che il ricorso in appello non è mai pervenuto all’Avvocatura Generale dello Stato, che ha avuto notizia della proposizione dell’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale, di rigetto della domanda, e della successiva decisione dalla Corte d’Appello, che aveva accolto il ricorso, solo in data 19 novembre 2014, a seguito di nota dell’ente con la quale si comunicava l’avvenuta notifica del titolo in forma esecutiva;

1.1. richiama giurisprudenza di questa Corte per sostenere che la violazione del principio del contraddittorio impedisce la dichiarazione di contumacia e comporta la nullità di tutti gli atti successivi, anche della sentenza eventualmente emessa;

2. la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita al giudice d’appello di avere violato, o comunque falsamente applicato, l’art. 2087 c.c., artt. 116,441 e 437 c.p.c., perchè la responsabilità del datore di lavoro in relazione alla malattia ed alla morte del dipendente può essere affermata solo in presenza di un comportamento colposo, da escludere nella fattispecie in quanto non era stata offerta la prova, che doveva essere fornita dagli originari ricorrenti, del cattivo funzionamento delle cappe di aspirazione;

2.1. richiama le ragioni per le quali il Tribunale aveva escluso la fondatezza della domanda e sostiene che la Corte d’Appello non poteva ammettere la prova testimoniale, in quanto valutativa, nè poteva fondare la decisione su dichiarazioni non valutate criticamente ed in contrasto con il materiale probatorio già acquisito;

2.2. infine evidenzia che anche il consulente tecnico nominato nel corso del giudizio di impugnazione, al pari di quello del quale si era avvalso il Tribunale, aveva ritenuto che il nesso causale poteva essere affermato solo a condizione che fossero stati provati il cattivo funzionamento delle cappe di aspirazione e la conservazione dei solventi effettuata senza alcuna cautela, ossia circostanze delle quali, in realtà, non era stata fornita la prova certa;

3. occorre premettere all’esame dei motivi che con istanza del 28/29 novembre 2019 e con la successiva memoria del 10 gennaio 2020 l’Enea ha sollecitato il rinvio della causa a nuovo ruolo, rappresentando di avere proposto, successivamente al deposito del ricorso per cassazione, querela di falso avente ad oggetto la relazione di notifica formata il 22 settembre 2009 con la quale l’Ufficiale Giudiziario, appartenente all’Ufficio NEP della Corte d’Appello di Roma,aveva attestato di avere notificato il ricorso in appello proposto dagli eredi di B.A. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 9937/2008, che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno;

3.1. il ricorrente ha dedotto che il Tribunale, con sentenza del 30 ottobre 2018, ha dichiarato la falsità della relazione di notifica limitatamente alla “parte in cui è indicata Bo.Ma. quale impiegata incaricata nelle cui mani è stato consegnato l’atto” ed ha aggiunto che avverso detta pronuncia è stato interposto appello sul rilievo del contenuto inscindibile della dichiarazione contenuta nella relata, della quale, quindi, non può essere accertata una falsità solo parziale;

4. l’istanza di rinvio non può essere accolta ed il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile in ragione della sua tardività;

4.1. il Collegio ribadisce e fa proprio il principio di diritto già affermato da questa Corte secondo cui nel giudizio di cassazione la querela di falso è ammissibile in via incidentale ed è rilevante solo qualora riguardi atti dello stesso procedimento di legittimità, non già allorquando si riferisca ad atti del giudizio di merito, la cui falsità è addotta per far valere l’error in procedendo in cui sia incorso il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata;

4.2. in quest’ultima ipotesi, infatti, la falsità dell’atto, seppure accertata a seguito di querela di falso, non potrebbe spiegare alcun effetto nel giudizio di legittimità in quanto il mezzo per rescindere la sentenza fondata su atti poi dichiarati falsi è costituito dall’impugnazione per revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 2;

4.3. la “prova” di cui alla disposizione citata può essere rappresentata anche dalla relata di notificazione di un atto processuale, allorquando il vizio della sentenza derivi dalla violazione della norma sul procedimento che prevede la notificazione dell’atto (Cass. n. 986/2009; Cass. n. 27566/2017; Cass. n. 24527/2018; Cass. n. 24692/2019; Cass. n. 1676/2020);

5. è stato affermato anche che “le nullità della sentenza derivanti non dalla mancanza dei suoi requisiti essenziali di forma e di sostanza ma, in via mediata, da nullità occorse nel procedimento di merito possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione solo se risultino da atti già prodotti nel giudizio di merito, sicchè, proposta, dopo la pronuncia della sentenza impugnata, una querela di falso civile relativamente ad un atto del procedimento di merito, la certificazione attestante la pendenza del procedimento di falso non può essere depositata, quale documento nuovo, in sede di ricorso per cassazione, con conseguente inapplicabilità dell’istituto della sospensione necessaria, di cui all’art. 295 c.p.c., con riferimento al giudizio di legittimità” (Cass. n. 11327/2017);

6. una volta escluso che possa rilevare in questa sede l’avvenuta proposizione della querela di falso avverso la relazione di notificazione dell’appello, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè tardivamente proposto in assenza delle condizioni che consentono l’applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 2;

7. alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore degli Avv. Silvia Assennato e Gioia Sacconi;

8. sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 10.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali del 15% ed agli accessori di legge, con distrazione in favore degli Avv. Silvia Assennato e Gioia Sacconi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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