Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12037 del 10/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 10/06/2016), n.12037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6405-2015 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

114/B presso lo STUDIO ASSOCIATO COLETTA con l’avvocato MAURIZIO

FATICONI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCAARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI,

EMANUELA CAPANNOLO giusta procura speciale;

– resistente –

avverso la sentenza n. 274/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

16/1/2015, depositata il 30/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato EMANUELA CAPANNOLO, difensore del resistente, che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 24.5.2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“La Corte d’appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta nei confronti dell’INPS da T. G., diretta al riconoscimento del diritto all’ indennità di accompagnamento. La Corte di merito faceva proprie le conclusioni a cui era pervenuto il consulente medico legale nominato nel secondo grado di giudizio, rilevando che il consulente aveva, in base a corretti criteri di giudizio medico legale, accertato la sussistenza di patologie, che non determinavano un condizione psicofisica tale da giustificare l’ indennità di accompagnamento.

La T. ricorre per cassazione, affidando l’impugnazione ad unico motivo. L’Inps ha rilasciato procura speciale in calce alla copia del ricorso notificato.

Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato.

E’ sufficiente osservare che questa Corte ha già avuto modo di affermare che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, statuizioni e questioni che abbiano formato oggetto del giudizio di merito, restando escluso che in sede di legittimità possano essere prospettate questioni nuove o nuovi temi di contestazione involgenti accertamenti di fatto non compiuti, perchè non richiesti, in sede di merito (Cass. n. 7579/00). Con particolare riferimento alle controversie in materia di invalidità pensionabile, la Corte ha già precisato che è inammissibile in sede di legittimità, in quanto concernente temi di contestazione non trattati davanti al giudice di merito, la censura di omesso esame di infermità rilevanti da parte del consulente nominato in grado di appello, ove tale carenza di indagine non sia stata prospettata al giudice del merito successivamente al deposito della relazione del consulente (Cass. n. 12177 del 25/11/95). Questo principio è applicabile in tutte le ipotesi, comprese quelle di aggravamento di malattia verificatosi successivamente alla sentenza impugnata che non possono essere dedotte nel giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 149 disp. att. c.p.c. in quanto neanche la necessità di concentrazione processuale può comportare una deroga al principio che nel giudizio di Cassazione non è consentito proporre temi di contestazione diversi da quelli dedotti nelle fasi di merito (Cass. n. 7550/01).

Nella specie, dagli atti risulta che nessuna contestazione alla consulenza è stata mossa in sede di merito dopo il deposito della consulenza d’ufficio e quindi le censure avanzate, con le quali si evidenzia che il Ctu nei due gradi di giudizio, e per essi la Corte di appello, non hanno valutato attentamente le certificazioni neurologiche del 17.7.2008, 28.5.2009 e 26.4.2011 (dalle quali asseritamente si evinceva la necessità di assistenza continua) non possono essere sollevate per la prima volta in sede di legittimità.

La L. n. 18 del 1980, art. 1, prevede la concessione dell’indennità di accompagnamento ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche e psichiche di cui alla L. n. 118 del 1971, artt. 2 e 12, dei quali sia accertata la impossibilità di deambulazione senza l’ausilio permanente di un accompagnatore o la necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Ne consegue che l’accertamento sanitario volto a stabilire la sussistenza o meno dell’incapacità a compiere gli atti quotidiani della vita, sia in sede amministrativa che giudiziaria, riguarda esclusivamente le comuni attività del vivere quotidiano, che costituiscono anche il presupposto naturale per una vita di relazione e sociale; tale relazione però non è suscettibile di autonoma considerazione e non entra nella valutazione che il giudice deve compiere ai fini del riconoscimento di una prestazione, che ha natura assistenziale e viene concessa solo nei casi tassativamente indicati, senza alcuna possibilità di interpretazione estensiva” (Cass. n. 1003 del 23/1/03). Nessun ampliamento dell’ambito di applicazione della legge è quindi consentito, neanche sotto il profilo del rischio generico di cadute, pure se questo risulti accentuato in relazione alla mera possibilità di attacchi di epilessia, ove, come nella specie, tale patologia risulti, nei termini precisati dai giudici di merito, farmacologicamente controllata e non determini di per sè impossibilità di deambulazione autonoma.

Della tesi sostenuta dalla ricorrente in alcuna maniera è evidenziata e documentata la fondatezza e la stessa contrasta con la nota esistenza di molteplici forme e gradi di epilessia e la disponibilità di significativi trattamenti farmacologici di tale tipo di affezioni.

Alla stregua delle svolte considerazioni si propone il rigetto del ricorso, del quale sussistono il presupposto per la trattazione in sede camerale”. Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sul rigetto dello stesso.

Sussistono i presupposti per disporre l’esonero dal pagamento delle spese del presente giudizio, limitate a quella della presente discussione, da parte della ricorrente, che ha sottoscritto la dichiarazione richiesta ai fini dell’esonero previsto dall’art. 152 dosp. att. c.p.c..

Poichè il ricorso è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 si impone di dare atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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