Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12034 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 06/05/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 06/05/2021), n.12034

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano P. – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4048-2016 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI l PALAZZINA G, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

RIZZO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMPAGNIA AEREA ITALIANA S.P.A., (già ALITALIA COMPAGNIA AEREA

ITALIANA S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

degli avvocati ROBERTO PESSI, e MAURIZIO SANTORI, che la

rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 510/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/08/2015 R.G.N. 415/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CLAUDIO RIZZO;

udito l’Avvocato MAURIZIO SANTORI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 3.8.2015, la Corte d’appello di Torino respingeva l’appello incidentale proposto da P.A., già dipendente dell’Alitalia dal 1.1.2000 quale assistente di volo, ed accoglieva il gravame principale proposto dalla società avverso la decisione del Tribunale della stessa sede che, in accoglimento del ricorso proposto dalla lavoratrice, aveva disposto la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti a decorrere dal 13.1.2009, con inquadramento della P. nella qualifica di assistente di volo del CCNL per il personale CAI, riconoscimento di anzianità dal 1.1.2000 e sede di lavoro Torino, condannando la parte convenuta al pagamento della retribuzione per la indicata qualifica, a partire dal 24.12.2012, data della messa in mora.

2. La Corte distrettuale rigettava la domanda di cui al ricorso introduttivo disattendendo la ricostruzione del Tribunale, che aveva ritenuto che, per effetto dell’accordo quadro e dell’accordo sui criteri di assunzione a tempo indeterminato stipulato tra Governo, OO.SS. maggiormente rappresentative, Alitalia in amministrazione straordinaria e CAI sui criteri che avrebbero dovuto guidare la selezione delle risorse umane poste in CIGS, e di successivo accordo, doveva ritenersi configurabile un contratto a favore di terzo – fonte del diritto della P. – con il quale la nuova Alitalia si era impegnata ad assumere specifici lavoratori, selezionati attraverso i previsti criteri di selezione, e che era utilizzabile l’art. 2932 c.c., essendo determinati e determinabili tutti gli elementi essenziali del contratto.

3. La Corte distrettuale, respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla lavoratrice, riteneva che quest’ultima non potesse far valere un diritto soggettivo perfetto all’assunzione a tempo indeterminato sulla base degli impegni assunti in via negoziale dalla società con i sindacati ed, in particolare, degli accordi intervenuti in data 14 settembre, 30 ottobre, 14 novembre 2008 e successivi. Osservava che la società Alitalia era stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria a norma del D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, art. 2 e che il Tribunale di Roma ne aveva dichiarato lo stato di insolvenza. Aggiungeva che l’accordo sui criteri di selezione dei lavoratori in cassa integrazione per l’assunzione presso CAI s.p.a., oltre a prevedere che dal processo di selezione poteva essere escluso il personale che nel periodo di fruizione degli ammortizzatori sociali avesse maturato il diritto al trattamento previdenziale, aveva previsto due serie di criteri per la selezione delle risorse umane da assumersi a tempo indeterminato da parte di CAI, dei quali i primi, rientranti nella lett. A, valorizzanti l’Area organizzativa di appartenenza, profilo professionale, località, ed i secondi, sub B, relativi al possesso di abilitazioni/certificazioni per l’utilizzo nella relative posizioni professionali, localizzazione, intesa come vicinanza della residenza posseduta dal personale alla base di destinazione, anzianità aziendale, carichi familiari, limitazioni all’impiego.

4. la Corte chiariva che, con l’accordo del 19.2.2009, le parti avevano dato atto della conclusione della fase di selezione, prevedendo che le risorse da assumere sarebbero state individuate dalla società sulla base delle proprie esigenze organizzative, produttive e professionali, anche in considerazione dell’anzianità maturata presso le aziende del Gruppo Alitalia in amministrazione straordinaria.

5. Riteneva erroneo quanto sostenuto dalla lavoratrice in ordine all’utilizzo dei criteri legali di cui alla L. n. 223 del 1991, artt. 4,5 e 24 validi in tema di procedure di mobilità, essendo ciò escluso dallo stesso Accordo Quadro del 30.10.2008, e rilevava che era, invece, attribuita prevalenza, nell’ottica di realizzazione del nuovo piano industriale, alle esigenze organizzative rispetto ai criteri selettivi di natura individuale, dovendo conferirsi alle previsioni il valore di disposizioni programmatiche che non potevano legittimare la pretesa della lavoratrice all’assunzione, potendo solo le OO.SS. lamentare il mancato adempimento o una violazione degli accordi stessi.

6. La Corte procedeva, quindi, all’esame delle ulteriori domande svolte dalla ricorrente nel ricorso introduttivo respinte o ritenute assorbite dal primo giudice e rilevava che la dichiarazione di insolvenza della società aveva interrotto il rapporto di continuità presupposto dall’art. 2112 c.c., non essendovi stata nella specie cessione di azienda, ma mero acquisto, da parte di CAI, di alcuni beni materiali ed immateriali di Alitalia spa. Gli accordi di cui sopra avevano previsto che le nuove assunzioni sarebbero avvenute con piena soluzione di continuità ed avevano espressamente escluso l’applicazione dell’art. 2112 c.c.

7. Doveva, poi, essere respinta la domanda anche sotto il profilo dell’inapplicabilità del richiamato art. 917 c.n., che postulava un cambiamento nel contratto in corso dell’esercente, ciò che non si era verificato nella specie, essendo tra la P. e CAI intercorso un unico rapporto di lavoro a tempo determinato stipulato a distanza di mesi, nel 2012.

8. Quanto alla domanda subordinata di nullità del termine apposto a tale contratto, la Corte riteneva che, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1, il contratto poteva essere acausale e che doveva ritenersi provato il requisito del mancato superamento della percentuale di L. 15% nell’assunzione dei lavoratori a tempo determinato. Riteneva preclusà per tardività ogni altro rilievo relativo al computo del part time in termini capitari, in luogo del criterio proposto dalla lavoratrice.

9. Di tale decisione ha domandato la cassazione la P., affidando l’impugnazione a sette motivi, cui ha resistito, con controricorso, la società CAI.

10. La causa, rinviata a nuovo ruolo per la trattazione pubblica, è stata fissata per l’odierna udienza.

11. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la P. denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., error in procedendo determinato dalla mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello della società, rilevando come l’atto di gravame non fosse conforme alle prescrizioni dei novellati artt. 342 e 434 c.p.c., che prevedono una strutturazione dell’atto secondo cui, accanto alle critiche rivolte alla prima sentenza, debba esservi anche l’articolazione di proposte di modifica della stessa, dovendo l’appello essere costruito come una “sorta di “proposta di sentenza”.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 347 del 2003, art. 5, comma 2 ter, dell’art. 12 disp. Gen., della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5 degli artt. 112 e 113 c.p.c. e dell’art. 1411 c.c. e ss., dell’Accordo Quadro del 14.9.2008, dell’Accordo sui criteri di assunzione del 30/31.10.2008, degli accordi sindacali del 14.11.2008 e del 19.2.2009, dei canoni di ermeneutica contrattuale (art. 1362 c.c., art. 1363 c.c. e ss.) in relazione agli accordi suddetti, osservando che l’accordo sui criteri d’assunzione si innestava in una procedura di amministrazione straordinaria espressamente regolamentata dalla legge, che consente a cedente e cessionario di identificare le modalità di transito dei lavoratori dall’azienda in crisi a quella destinata ad acquisirne gli assets e che dalla legge stessa derivi la vincolatività dell’accordo nei confronti delle parti stipulanti, non rilevando la circostanza che al processo di individuazione dei criteri di selezione del personale in procinto di transitare nella nuova compagnia abbiano preso parte di sindacati. Assume che l’accordo de quo andava qualificato come contratto a favore di terzo e che, in virtù di tanto, doveva essere ritenuta la legittimazione attiva dei lavoratori a far valere il diritto soggettivo all’assunzione ove illegittimamente pretermessi a causa dell’erronea applicazione dei criteri selettivi da parte della società cessionaria. Ritiene che la decisione impugnata sia pure stata adottata in deroga ai criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli richiamati e che siano state violate le norme processuali e sostanziali sulla prova, poichè erano stati tempestivamente allegati al ricorso introduttivo gli accordi in questione.

3. Col terzo motivo, la P. si duole della violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 347 del 2003, art. 5, comma 2 ter, delle stesse norme e degli accordi indicati nel precedente motivo e della violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale in relazione agli medesimi accordi, adducendo nuovamente il carattere cogente dell’impegno assunto in relazione al rispetto dei criteri di assunzioni a tempo indeterminato.

4. il quarto motivo ascrive alla decisione impugnata violazione e/o falsa applicazione delle disposizione di cui agli accordi menzionati, della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5 degli artt. 2697 e 2730 c.c., degli artt. 115,116,230 c.p.c. e dei canoni di ermeneutica contrattuale, del principio di non discriminazione di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 15 del principio di razionalità ed obiettività dei criteri di licenziamento collettivo.

5. Con il quinto motivo, si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., error in procedendo determinato dalla mancata valutazione di documenti decisivi ai fini del giudizio, assumendosi che la Corte distrettuale non abbia correttamente valutato il contenuto dei verbali del 4.12.2014 redatti in cause analoghe e versati in atti, che riportavano la confessione del procuratore della CAI in merito all’applicazione dei criteri individuali di assunzione di cui alla lettera B dell’accordo.

6. Il sesto motivo addebita alla decisione impugnata violazione dell’art. 2932 c.c., degli artt. 1411c.c. e ss. degli artt. 1346 e 1374 c.c. dell’art. 113c.p.c. e dell’art. 41 Cost., adducendo la lavoratrice che gli elementi per la costituzione del rapporto erano, diversamente da quanto ritenuto del giudice del merito, individuabili in quanto le mansioni attribuibili erano determinabili con riferimento a quelle in precedenza svolte.

7. L’ultimo motivo è relativo alla denunziata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 917 e 938 c.n..

8. La critica avanzata con il primo motivo sulla ritenuta inidoneità della formulazione dei motivi di gravame riflette un risalente orientamento, superato dalla decisione a ss. uu. di questa Corte del 16.11.2017 n. 27199, che ha valorizzato diverso orientamento, emerso a partire da Cass. 20124/2015, ribadito dalle successive 10916/2017 e 213336/2017, affermando il principio secondo cui “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”. A ciò consegue che la censura si rivela infondata, essendo la prospettazione dei motivi avvenuta in maniera conforme ai richiamati dettami.

9. Quanto al secondo ed al terzo motivo – da trattare congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto – non risulta indicato, in relazione all’asserito tempestivo deposito degli accordi, in dispregio del principio di specificità, dove e quando gli stessi sono stati prodotti nelle fasi di merito e non se ne indica la precisa allocazione dei fascicoli dei gradi di merito, con ciò contravvenendosi ai principi sanciti dalla giurisprudenza di questa Corte.

9.1. E’ stato affermato che nel giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, come modificato dal D.Lgs. n. 240 del 2006, art. 7 di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3.

9.2. Resta ferma, tuttavia, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi che, nella specie, è rimasta inadempiuta (cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 195 del 2016, 21554 del 2017, 23023 del 2018, 28893 del 2019, 31396 del 2019).

9.3. La riconducibilità degli accordi sui criteri di assunzione nell’alveo del D.L. n. 347 del 2003, art. 5, comma 2 ter, non consente, poi, di sostenere, per la peculiarità della fattispecie prevista, una interpretazione delle pattuizioni in termini di relativa vincolatività per CAI, senza avere riguardo alla previsione della possibilità, prevista dalla norma, di definire in vario modo, previo accordo tra Commissario e cessionario, i termini del passaggio dei lavoratori (anche “previa collocazione in cigs o cessazione del rapporto di lavoro in essere e assunzione dal parte del cessionario”) e, comunque, la critica all’interpretazione degli stessi fornita dalla Corte distrettuale è svolta su un piano diverso da quello del richiamo delle norme codicistiche di ermeneutica negoziale come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione medesima, ciò che avrebbe richiesto l’assolvimento del relativo onere di specificazione dei canoni che in concreto si assumano violati, ed in particolare del punto e del modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (cfr. Cass. 27.6.2018 n. 16987, Cass. 28.11.2017 n. 28319, Cass. 15.11.2013 n. 25728).

9.4. Quanto alla configurabilità di un contratto a favore di terzo, deve osservarsi che, quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità. Tale specificazione è omessa nella prospettazione del motivo che denunzia violazione di legge.

10. In relazione alle questioni prospettate con il quarto motivo, è sufficiente il richiamo a quanto argomentato da Cass. 25804/2020 (punto 12 e ss.). In tale pronuncia ed in relazione a tale problematica è osservato che non è pertinente il riferimento alla procedura sui licenziamenti collettivi, ove l’onere della prova sulla scelta di preferire un lavoratore rispetto ad un altro incombe sul datore di lavoro, in quanto i principi dettati dalla L. n. 223 del 1991, artt. 4 e ss. non si estendono alle fattispecie in cui sia stata disposta l’amministrazione straordinaria ai sensi del D.Lgs. n. 270 del 1999, con l’accordo sindacale di cui alla L. n. 428 del 1990, art. 47 (cfr. Cass. cit., con richiamo a Cass. n. 1383 del 2018; Cass. n. 31946 del 2019; Cass. n. 10414 del 2020).

10.1. In ordine alle censure riguardanti l’interpretazione dell’accordo del 30.31/ottobre 2008, è stato osservato che “la parte, la quale con il ricorso per cassazione intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione della clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., avendo invece l’onere di specificare i canoni che, in concreto, assuma violati, e in particolare il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni sicchè, quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (Cass. n. 28319 del 2017; Cass. n. 27136 del 2017).

10.2. Nel caso in esame, la ricorrente, pur insistendo nel sostenere l’interpretazione disattesa, non ha affatto specificato i canoni ermeneutici che sarebbero stati violati e in che modo il giudice di merito se ne sarebbe discostato ed anzi, le doglianze presuppongono che l’accordo di cui è causa contenga una indicazione di semplici qualità soggettive da considerare globalmente a fronte, invece, della rilevata natura di criteri di precedenza, adottata dalla Corte territoriale, la cui statuizione è stata sufficientemente e adeguatamente motivata. Sotto questo profilo, come nel precedente richiamato (Cass. 25804/2020 cit.), i giudici di seconde cure hanno precisato che i criteri indicati andavano interpretati in relazione al contesto generale sotteso (esigenze del nuovo progetto industriale e dei nuovi assetti organizzativi dell’azienda) e hanno, poi, individuato quelli che rivestivano priorità in senso logico-letterale per assicurare la funzionalità della nuova società, tanto più in presenza della notoriamente difficile situazione commerciale, organizzativa e di immagine ereditata.

10.2. Peraltro, anche ove fosse sostenibile la natura di contratto a favore di terzo, la censura non risulta proposta con richiamo ai requisiti che con riguardo alla specifica posizione sarebbero stati pretermessi nel processo selettivo effettuato e tale carenza si pone come ostativa anche con riguardo alla valutazione in ordine alla dedotta discriminazione, la cui deduzione sconta anche un carattere di novità.

11. Il quinto motivo, articolato come violazione ai sensi dell’art. 112 c.p.c., non è dedotto con riguardo alla fattispecie che integra il relativo vizio, in quanto verte sulla contestazione di documenti. Si tratta, peraltro, nella specie, di prove atipiche, il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo. Tali documenti non assumono pertanto il carattere di decisività, a prescindere dalla sommaria trascrizione dei relativi contenuti, ciò che incide anche in termini di ulteriore inammissibilità della censura.

12. Quanto al sesto motivo, ne va rilevato l’assorbimento, osservandosi che la sentenza impugnata non ha affrontato tale questione avendo escluso a monte la possibilità di costituzione coattiva del rapporto per la natura meramente programmatica delle disposizioni.

13. Non pertinente, infine, è il richiamo alla violazione delle norme del codice della navigazione evocate nel settimo motivo, in quanto le stesse presuppongono una continuità del rapporto che nel caso specifico non sussiste, in base a quanto previsto dal D.L. n. 347 del 2003, art. 5, comma 2 ter, conv. dalla L. n. 39 del 2004, ed essendovi una cesura anche temporale tra il periodo di c.i.g.s. e la costituzione di un rapporto a tempo determinato con CAI, come evidenziato nella sentenza impugnata. Essendo stata esclusa l’operatività dell’art. 2112 c.c., di riflesso correttamente è stata ritenuta non invocabile la normativa di cui all’art. 917 c.n..

14. Il ricorso va, pertanto, complessivamente respinto.

15. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

16. Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5250,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis del citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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