Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1203 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 18/01/2017, (ud. 29/09/2016, dep.18/01/2017),  n. 1203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2092/2013 proposto da:

Z.P., (OMISSIS), M.V. (OMISSIS), M.E.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PORTUENSE 104,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS, rappresentati e

difesi dall’avvocato MARIACHIARA GIAMPAOLO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI RICCIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO

7, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLETTA FLAMIGNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1343/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 01/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito l’Avvocato Barbantini;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, il quale ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 24 maggio 2002 l’avvocato M.R. conveniva davanti al Tribunale di Rimini il Comune di Riccione per sentirlo condannare al pagamento di quanto ancora dovutogli quale corrispettivo per le prestazioni professionali rese in favore dell’Ente, detratti gli acconti, nei tre gradi di giudizio svolti contro P.C. e R.. Si costituiva in giudizio il Comune di Riccione, che contestava nel merito le pretese dell’avvocato M. ed eccepiva l’intervenuta prescrizione del credito professionale vantato.

Il Tribunale di Rimini con sentenza n. 160/2006 del 24 maggio 2006 rigettava la domanda dell’avvocato M. per intervenuta prescrizione, compensando le spese di lite.

Avverso la suddetta sentenza proponeva appello M.R. chiedendone l’integrale riforma, sull’assunto che il convenuto Comune avesse eccepito solo la prescrizione estintiva e non anche quella presuntiva, e che comunque vi era la prova di aver svolto atti interruttivi della prescrizione stessa.

Si costituiva in giudizio il Comune di Riccione, che chiedeva la conferma della pronuncia di primo grado impugnata.

Con la sentenza n. 1343/2012 del 1 ottobre 2012 la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale, condannando Z.P., M.E. e M.V., eredi di M.R., subentrati nel corso del giudizio a causa del decesso dell’originario attore, al pagamento delle spese processuali del grado. A sostegno di questa decisione, la Corte di Bologna rilevava come il Comune di Riccione sia nella comparsa di costituzione, sia ancora nella memoria conclusionale, avesse fatto riferimento anche alla prescrizione presuntiva, richiamando gli artt. 2956 e 2957 c.c., e ritenendo, comunque, che ciò che importava era la deduzione dell’inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare, spettando, peraltro, anche al giudice rilevare d’ufficio la prescrizione, da intendersi oggetto di eccezione in senso lato.

Quanto ai dedotti atti interruttivi della prescrizione, la Corte d’appello affermava che quelli indicati dal M. (ovvero, in particolare, la lettera spedita il 26 luglio 1994) non fossero idonei, perchè generici e privi di una formale costituzione in mora del debitore, mentre la lettera del giugno 1999 fosse tardiva, in quanto l’ultimo grado di giudizio si era concluso nel febbraio del 1993. Veniva altresì negata efficacia di riconoscimento del debito alla lettera del febbraio 1991.

Avverso la sentenza della Corte di Bologna M.E., M.V. e Z.P. hanno proposto ricorso, formulando un unico motivo, distinto nei punti 1.a, 1.b e 1.c. Resiste il Comune di Riccione con controricorso. Il controricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, suddiviso nei punti 1.a, 1.b e 1.c., i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2934, 2938, 2943, 2945, 2946, 2956, e 2959 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c.. In particolare rilevano che la Corte d’Appello avrebbe confuso l’eccezione di prescrizione con l’eccezione di interruzione della prescrizione, solo quest’ultima rilevabile d’ufficio. Inoltre la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto fungibile l’eccezione di prescrizione estintiva con quella di prescrizione presuntiva, quando invece i due istituti sono ontologicamente incompatibili, rispondendo a due diverse finalità. Il Comune di Riccione, a dispetto di quanto ritenuto nella sentenza impugnata, non avrebbe mai eccepito la prescrizione presuntiva, in quanto esso aveva sempre fatto riferimento solo al mancato esercizio del diritto da parte del creditore, e non anche all’avvenuto pagamento del credito vantato dall’attore. I ricorrenti lamentano pure la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte di Bologna bolognese avrebbe oltrepassato le richieste fatte dal convenuto, il quale si era limitato ad eccepire la prescrizione estintiva, così violando il principio di corrispondenza tra quanto chiesto e quanto pronunciato.

Le censure, che per la loro connessione possono essere trattate congiuntamente, sono infondate, pur dovendosi in parte correggere la motivazione della Corte di merito.

La Corte di Appello ha premesso che l’eccezione di prescrizione sia da assimilare ad un’eccezione in senso lato (e non in senso stretto), e possa, perciò, anche essere rilevata d’ufficio dal giudice; tuttavia, a pagina 4 di sentenza, la medesima Corte di Bologna ha poi ritenuto ritualmente proposta già nella comparsa di risposta del Comune di Riccione l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito azionato, operata mediante l’espresso richiamo degli artt. 2956 e 2657 c.c..

Va allora dapprima osservato che l’eccezione di prescrizione (a differenza dell’eccezione di interruzione della prescrizione) configura, piuttosto, un’eccezione in senso stretto, cioè rilevabile soltanto ad istanza di parte (art. 2938 c.c.).

E poi vero che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato, come nella specie, un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un “error in procedendo”, che attribuisce alla Corte di Cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti.

Inoltre, secondo consolidato orientamento di questa Corte, l’eccezione di prescrizione presuntiva e l’eccezione di prescrizione estintiva non sono reciprocamente fungibili, nè rappresentano espressioni di un’attività difensiva sostanzialmente unitaria, costituendo, invece, rispettivamente, una difesa fondata su una mera presunzione legale di avvenuta estinzione del diritto azionato dalla controparte e una difesa volta a determinare l’estinzione dell’avverso diritto; sicchè l’espressa invocazione dell’una non è implicitamente estensibile all’altra, ma è necessaria una formulazione distinta per ciascuna di esse (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19545 del 26/08/2013; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22649 del 31/10/2011). Fermo, allora, l’onere, per la parte che eccepisce in giudizio la prescrizione, di specificare se intenda avvalersi di quella presuntiva o di quella estintiva, nell’ambito di quest’ultima non è, invece, necessario che il debitore ne identifichi il tipo legale e ne indichi la durata, spettando al giudice, in base al principio “iura novit curia”, identificare quale sia il termine di prescrizione applicabile secondo le varie ipotesi previste dalla legge (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10955 del 25/07/2002).

Si è peraltro sostenuto altresì che se la parte abbia formulato genericamente un’eccezione di prescrizione, e il tempo per quella estintiva non sia decorso, il giudice del merito può esaminare la sussistenza di quella presuntiva – malgrado ontologicamente incompatibile con l’altra – desumendo un’implicita istanza in tal senso dalla difesa espletata in mancanza di maturazione della prescrizione estintiva e dalla comparsa conclusionale, in cui la stessa parte invochi le norme sulla prescrizione presuntiva (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5220 del 26/05/1998).

La sentenza impugnata, allora, ha, come visto, ritenuto proposta nella comparsa di risposta del Comune di Riccione l’eccezione di prescrizione presuntiva triennale in base all’elemento dell’invocazione fatta degli artt. 2956 e 2957 c.c.. Il giudice del merito ha così indicato gli elementi da cui ha desunto l’accertamento in ordine alla ritualità della proposizione dell’eccezione di prescrizione presuntiva, alla luce di un’indagine sulla volontà manifestata della parte convenuta di avvalersi della stessa. I ricorrenti, pur assumendo che tale interpretazione dell’intenzione del Comune abbia determinato una violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, non hanno specificamente indicato in ricorso, come impone l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 5, un diverso contenuto degli atti processuali difensivi della parte convenuta, in maniera da orientare l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo” e che, però, non implica la facoltà di compiere generali verifiche degli stessi.

Parimenti, i ricorrenti allegano, agli effetti dell’art. 2959 c.c., l’ammissione in giudizio da parte del Comune di Riccione che l’obbligazione non era stata estinta, ma non indicano specificamente in quale atto processuale ciò sarebbe verificabile. L’incompatibilità ex art. 2959 c.c., della eccezione di prescrizione presuntiva con il comportamento difensivo del debitore prospetta, peraltro, nel ricorso per cassazione questione di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, sicchè era onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente avesse a tanto provveduto.

Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente Comune di Riccione le spese sostenute in questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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