Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12025 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 31/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 31/05/2011), n.12025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ASSO.P.O.A. – ASSOCIAZIONE PRODUTTORI ORTIFRUTTICOLI E AGRUMARI, con

domicilio eletto in Roma, via Cardinal De Luca n. 22, presso l’Avv.

D’Isidoro Vincenzo che la rappresenta e difende come da procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SPAI s.p.a., fallita, in persona del curatore pro tempore, con

domicilio eletto in Roma, via Paulucci dè Calboli n. 44 (Studio

Viglione), rappresentata e difesa dall’Avv. Ferrara Domenico Antonio,

come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Potenza n.

315/2009 depositata il 20 ottobre 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 28 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’ASSO.P.O.A. – ASSOCIAZIONE PRODUTTORI ORTIFRUTTICOLI E AGRUMARI (in seguito: Associazione Produttori) ricorre per cassazione nei confronti della sentenza in epigrafe della Corte d’appello che, pronunciandosi sull’appello proposto dalla curatela dei fallimento SPAI s.p.a. e in riforma della sentenza del Tribunale, ha negato il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 5 bis) al credito della ricorrente ammesso al passivo.

Resiste l’intimata curatela con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

La curatela controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la carenza di motivazione circa “un punto decisivo della controversia”.

Il motivo è inammissibile. Posto che la censura debba essere intesa come volta a contestare il mancato riconoscimento nel rapporto tra produttori e associazione ricorrente della configurabilità di un mandato in ordine alla cura della la cessione dei loro prodotti, deve rilevarsi che l’interpretazione di un contratto è tipico accertamento di fatto riservato al giudice del merito (Cassazione civile, sez. 1, 18 settembre 2009, n. 20140) che in sede di legittimità può essere scrutinato unicamente sotto il profilo della violazione dei canoni ermeneutici mentre nella fattispecie si richiede unicamente alla Corte una diversa valutazione degli elementi in atti.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge per avere la Corte d’appello negato al credito della ricorrente il privilegio di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 5 bis) per essendo l’Associazione Produttori “assimilabile ad una società cooperativa agricola ovvero ad un loro consorzio”.

A parte il profilo di inammissibilità derivante dalla mancata specifica indicazione delle modalità con cui sarebbe avvenuta la produzione dei documenti su cui si fonda il motivo (fatture emesse dall’Associazione e dai soci della stessa e Statuto della prima) in difformità dai principi enunciati dalla Corte (Cassazione civile, sez. un., 25 marzo 2010, n. 7161), la censura è manifestamente infondata perchè lo stesso criterio invocato dalla ricorrente esclude la fondatezza del motivo, posto che “Le norme dei codice civile che stabiliscono privilegi in favore di determinati crediti costituiscono norme eccezionali e non sono suscettibili di interpretazione analogica, ma solo di interpretazione estensiva, (…

omissis …)” (Cassazione civile, sez. 1, 5 marzo 2009, n. 5297) mentre si richiede il riconoscimento del privilegio de quo solo in quanto l’Associazione produttori svolgerebbe “un’attività assimilabile a quella delle cooperative” che peraltro consisterebbe, come ha accertato il giudice a quo, nel mero intervento parziale nella commercializzazione del prodotto.

Il ricorso deve dunque essere rigettato con le conseguenze di legge in ordine alle spese.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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